“Fascismo vaccinale” o arretratezza culturale?
Il dibattito sulla vaccinazioni obbligatorie in Sudtirolo
Diecimila sono i bambini e le bambine che in Sudtirolo non sono state vaccinati per gravi malattie infettive. Nella popolazione le percentuali di vaccinati raggiungono appena poco più dell’80%; un dato considerato del tutto insufficiente ad impedire un’eventuale diffusione di malattie devastanti, che in passato hanno causato milioni di vittime fra decedute e sopravvissute con gravissime menomazioni.
In tutta Italia i dati delle vaccinazioni sono sotto la soglie di sicurezza. Così il governo italiano ha deciso di prendere misure drastiche, introducendo la vaccinazione obbligatoria per 12 specie di malattie infettive e legandola, parzialmente, al diritto di accesso alle scuole.
Come è noto, in molti paesi europei le vaccinazioni non sono obbligatorie, ma la percentuale di vaccinati non ha a che fare con l’obbligatorietà o meno. Uno dei pochi paesi con un dato che sfiora il 100% di vaccinati è il Portogallo, dove non c’è obbligo.
L’Italia dove vaccinarsi nelle malattie più gravi era sempre obbligatorio, è uno dei due paesi in cui secondo i dati dell’Organizzazione mondiale della sanità, si è più lontani da quel 96% che per l’OMS garantisce che non vi siano epidemie.
In Germania non vi è obbligo. Vi sono però due prestigiosi istituti di ricerca medica (Robert Koch-Institut e Paul Ehrlich-Institut) che sviluppano rispettivamente misure mediche per evitare le malattie infettive, fanno statistiche, sono responsabili delle nuove sostanze usate per vaccinare e sorvegliano anche le complicanze delle vaccinazioni. I medici che fanno le vaccinazioni sono obbligati a dare informazioni accurate sull’utilità delle stesse, sulle complicanze, sulle scadenze successive. I genitori fanno vaccinare i bambini in quantità adeguata e le casse malati sostengono la spesa.
La recente decisione del governo italiano ha suscitato ovunque discussioni accese.
In Sudtirolo, come spesso avviene, il dibattito si è trasformato in disputa politico-partitica. “Non accetto che lo Stato mi dica se e quando devo vaccinare le mie figlie”, dichiara più d’un genitore. L’obbligatorietà seguita al lassismo, la mancanza di un sistema di informazione generale affidabile e la scarsa stima di cui i governanti godono in tutta Italia (causa non ultima la corruzione e gli scandali sanitari che scoppiano ogni giorno) assume qui aspetti nazionalisti. È soprattutto la destra tedesca che si è incaricata di rappresentare voci tradizionalmente scettiche verso queste cure preventive. Una volta la diffidenza era causata dalla mancanza d’istruzione, ma oggi l’ignoranza si mescola con motivi dettati dall’egoismo e disinteresse per la collettività. Solo in parte infatti la resistenza può essere attribuita alla disinformazione, riguardando coloro che invece di rivolgersi a fonti di informazione scientifiche si accontentano di qualsiasi cosa trovino navigando nel web. I partiti di Klotz e Pöder hanno gridato all’Impf-Faschismus (fascismo vaccinale), alla “dittatura”, hanno denunciato il “chiaro cedimento del governo italiano alla lobby farmaceutica” e la “massiccia forzatura sull’autonomia delle famiglie”, rivendicando la libertà di ogni medico di consigliare la vaccinazione o meno, e l’autonomia di cura dei pazienti.
Negli accesi dibattiti nei blog si leggono anche secche risposte a queste opinioni, come chi ha scritto: “Chi non vuole lavare e vaccinare i suoi figli, si nasconda con loro nei boschi. Essi non hanno nulla a vedere con la civiltà”.
C’è in Sudtirolo un’antica diffidenza verso le vaccinazioni. Il fatto storico più noto e clamoroso è l’accanita resistenza contro la vaccinazione antivaiolosa, praticata dalle truppe napoleoniche e dal governo bavarese instaurato in Tirolo nel 1810. I rivoltosi accusavano il nuovo governo di avvelenare i loro figli e cercavano di sottrarsi in ogni modo, come si evince anche da documenti storici conservati nell’archivio storico della biblioteca di Revò, in Val di Non.
“La Francia e i Paesi suoi alleati introdussero la vaccinazione di massa contro il vaiolo. In alcune località la popolazione fu particolarmente restìa, per ignoranza o superstizione, a far vaccinare i figli. Finita al rivolta, la vaccinazione di massa riprende. In un documento del 4 maggio 1811 [Arch. Com. Revò busta 1811] il Prefetto dà disposizioni per la vaccinazione di massa. Ma il 15 aprile del 1813 in una circolare rivolta ai Podestà e ai Sindaci si afferma che ‘L’esito della vaccinazione nell’anno p.p. in questo Dipartimento è stato poco soddisfacente. Nemmeno due terzi dei nati in detto anno sono stati assoggettati a quest’operazione’. Addirittura ‘I Comuni di Tarlago, Meano, Vezzano, S.Michele, Scenico, Campo. Bono, Condino, Creto, Roncone, e Magasa hanno totalmente trascurata questa pratica…’. E si conclude: ‘Quasi tutti i comuni hanno contratto un debito verso l’umanità, che di sanarlo sono obbligati nel corrente anno’. Nel dicembre del 1813, quando Trento era già occupata dall’esercito austriaco, la campagna di vaccinazioni proseguì. Il Consiglio di Prefettura in un documento del 10 dicembre usa parole non equivoche in questo senso: ‘Anche in mezzo ai fragori di guerra, ed a vicende, che sembrano per qualche momento sospendere l’ordine civile, e politico de’ governi, chi è preposto all’amministrazione de’ pubblici affari, dee con animo fermo, e con zelo esemplare prestarsi, affinché questi no sieno, o abbandonati del tutto, o trascurati per modo, che cadano nella confusione, e nel disordine. Uno de’ più interessanti ed utili provvedimento pel bene dell’umanità, e che richiama la particolare attenzione della superiorità, si è al certo quello della vaccinazione: provvedimento oggimai universalizzato in tutti i governi d’Europa, ed esperimentato con tanto vantaggio anche in questo nostro Dipartimento, segnatamente in quest’anno’“ (tratto da: “Revò dopo l’insurrezione del 1809”, di A. Zendron e Ch. H. von Hartungen, pp. 33-39. In: “Vergòt da Rvòu, bollettino del Comune di Revò”, Cles, 2009).
Tornando ai giorni nostri, le obiezioni sono varie. Le prime vengono da coloro che ritengono che dovrebbero essere i genitori a decidere quando i figli debbano essere vaccinati e si indignano soprattutto per il “ricatto” del divieto di frequentare la scuola per i non vaccinati. I più combattivi fanno appello ai contrari, dichiarando di essere disposti a pagare qualsiasi multa. Altri genitori sostengono che i loro figli sono sani e quindi non hanno bisogno di essere vaccinati. Non tengono conto che i bambini non vivranno eternamente soli nel maso, che incontreranno persone, viaggeranno vicino o lontano e saranno dunque essi stessi a rischio. C’è naturalmente anche chi richiama alla responsabilità verso coloro che per varie ragioni non possono vaccinarsi: “Io vedo un errore di logica quando dici: …per mio figlio alla fin fine decido io - scrive una mamma - In realtà infatti tu non prendi un decisione isolata per tuo figlio, ma una decisione che ha conseguenze per altri bambini”.
Si potrebbe chiedersi anche se un padre e o una madre hanno diritto di mettere a rischio la vita e la salute del proprio figlio. Alcuni chiedono: perché non si diffondono i dati sui danni permanenti che colpiscono alcuni bambini come effetto collaterale della vaccinazione? I dati dell’OMS sono rassicuranti, i danni ci sono, ma con numeri piccoli. Certo, si può onestamente dubitare della precisione dei dati della Sanità in Italia, di recente gestita male e vittima di tagli pesanti. Non si prevedono inoltre sostegni nei casi di danni permanenti causati dal vaccino.
Scrive una blogger di Sarentino: “Si sta attenti nove mesi che il bambino abbia un buon inizio nella vita; lo si nutre in modo sano, si cerca di proteggerlo e di evitare ogni medicina... e 2,5 mesi dopo la nascita gli si fa una puntura con un cocktail di veleni, a cui non si sa neppure come il piccolo reagirà?! Non sono una eco-talibana, ma mi sono informata parecchio su questa questione, più di tanti altri. Provate a chiedere nel vostro giro di conoscenti, chi, fra coloro che sono favorevoli alla vaccinazione, sa contro che cosa si fa il vaccino?! Rimarresti sbalordito su quanto pochi sono in grado di rispondere. A me non verrebbe mai in mente di dire che chi fa vaccinare il suo bambino è anormale. Tu lo vaccini, perché non si ammali. Io non lo vaccino, affinché rimanga sano. Entrambi vogliamo il bene per i nostri bambini e questo è ciò che conta”! Secondo questa signora, la salute è una questione di opinioni personali, dove la scienza non ha nulla da dire.
L’assessora alla Sanità mantiene la linea dura a favore dell’obbligo, ma chissà per quanto tempo i suoi colleghi di giunta terranno la barra istituzionale ferma su una linea che oppone il bene collettivo (concetto vago) a una mescolanza di libertà e autonomia (parola magica) di decisione.
Siamo una provincia in cui si sta sfaldando la solidarietà sociale, come forse dappertutto. Rimane la retorica della famiglia, ma dietro la facciata c’è poco. E ognuno pensa per sé. Anche questo entra in gioco in una questione che di per sé non dovrebbe avere tanto seguito. Le vaccinazioni hanno cancellato – per ora, dice l’ultimo rapporto dell’OMS preoccupato delle evoluzioni negative – malattie terribili che pochi anziani ricordano: difterite, poliomelite, vaiolo, tubercolosi, tetano, eccetera. Alcune stanno riapparendo con gli spostamenti di popoli. Nessun bambino dovrebbe essere esposto a rischi che si possono evitare.