LaVis: un rilancio ambiguo e incerto
Si è svolta il 16 aprile l’assemblea della Cantina LaVis. All’insegna del rilancio: il commissario Andrea Girardi proclama “missione compiuta” e se ne va all’A22, gli subentra l’ex dirigente del Comune di Trento Pietro Patton. Appena proclamato il nuovo cda da dietro le quinte, dove evidentemente erano acquattati, sbucano il presidente della Giunta Ugo Rossi con nella borsa dieci milioni di munifico regalo, e l’assessore Michele Dallapiccola, a celebrare il fausto evento, che diventa subito “rilancio”, in un’atmosfera da “volemose bene”, anzi da “scurdammoce ‘o passato”.
Girardi, dopo aver come commissario portato avanti la causa contro gli antichi amministratori (la Triade Peratoner-Giacomoni-Andermarcher), soprattutto in quanto già aperta dagli ex-soci, dopo aver fatto melina su eventuali azioni di responsabilità contro l’ultimo Ad Zanoni, chiude a questa possibilità e passa la palla a Patton. Il quale promette, teorizza che ora “bisogna andare avanti”, lasciar perdere le responsabilità dei clamorosi buchi, tenere ben chiusi gli scheletri nell’armadio. Infine Rossi ci mette sopra il carico da novanta: pubblicamente elogia gli anni di gestione di Zanoni.
E qui c’è da trasecolare. Ma come, Zanoni lo hai cacciato via sostituendolo con Girardi, hai appena dovuto stanziare 10 milioni per dare ossigeno a un’azienda ormai morta, e ne elogi l’amministrazione? Che senso ha?
Pur confessando di non capire su tante cose il pensiero di Rossi, azzardiamo due risposte. La prima: Zanoni ha compiuto il suo lavoro di tutelare gli interessi dei poteri forti (leggi Isa, che difatti lo ha ricompensato mettendolo a capo della tenuta/cantina Basilica Cafaggio, ricevuta a prezzo di favore dallo stesso Zanoni quando era amministratore delegato di LaVis; come si vede un bell’intreccio) e Rossi, attentissimo come tutti i nostri politicanti a tali poteri (vedi il caso della biblioteca universitaria), non ha voluto far loro uno sgarbo cacciando via senza complimenti il loro uomo.
Seconda ipotesi, complementare alla prima: Zanoni, con una spregiudicata politica clientelare, si è fatto nella Cantina una propria base sociale, che in parte è ancora a lui devota. Questi contadini, estromesso Zanoni, erano pronti a lasciare LaVis per seguire il suo braccio destro Ercolino, che sta varando una nuova cantina: si favoleggiava di 300 soci in uscita, dato che, aggiunto agli altri che se ne erano andati in contrasto con la Triade prima e con Zanoni poi (oltre 50 soci usciti nel corso del solo ultimo anno), avrebbe lasciato LaVis con una base sociale e un prodotto conferito assolutamente insufficienti.
Girardi era molto preoccupato, non voleva certo, come Bush, dichiarare vinta la guerra per poi vedere, dalla sede dell’Autobrennero, che tutto franava. Di qui i contentini a Zanoni: parole mielate più un posto in Toscana.
Sta di fatto che Ercolino, nella nuova cantina, ha ora solo 4 soci, e che LaVis non ha subito ulteriori emorragie.
Però c’è da stare poco allegri. La base sociale è irrequieta (e ci mancherebbe!) Il nuovo presidente Patton è una brava persona, però non ha certo brillato né come dirigente al Comune di Trento, né come amministratore nel cda di Zanoni, nel quale sembra si sia distinto per essere riuscito a non profferire verbo alcuno. Ora si trova di fronte a una situazione finanziaria sempre difficile, resa gestibile nell’immediato solo dai soldi regalati da Rossi, comunque senza più patrimonio alcuno, e con un’azienda da sempre gestita con criteri politico-clientelari, cioè ampiamente sovradimensionata negli organici, con impianti vetusti (Casa Girelli), con le uve conferite calanti.
È in questo contesto che si capisce come nelle votazioni per il cda, all’oppositore outsider Nicola Salvati, che non è un contadino ma un hobbista del vino, non abita né a Lavis né a Cembra ma a Villazzano, siano stati dati 82 voti. Indice di un malessere decisamente diffuso.
Venerdì 29 aprile andava in scena un’altra storia, parallela. In Tribunale venivano come testimoni dal Giudice dott. Borrelli, Enrico Cozzio della Vigilanza in Cooperazione e Paolo Nicoletti, all’epoca dei fatti, direttore in Provincia della Vigilanza sulle cooperative.
I due dirigenti dichiaravano di aver saputo dal giugno del 2010 della mancata iscrizione in bilancio della fideiussione di 12 milioni di euro rilasciata dalla Cantina La Vis a ISA. Di quella fideiussione il Commissario Zanoni è stato informato nel settembre del 2010 all’atto del suo insediamento, tanto che, tra le prime sue decisioni, va registrata quella di “onorare”, con ISA, quel debito contratto dai dirigenti della Cantina e mai messo a bilancio, così nascondendolo alla Vigilanza della PAT e della Federazione.
Nessuno, tra Provincia e Commissario, si è mai sognato, o almeno così pare, di segnalare il mancato inserimento in bilancio di quella fideiussione alla Autorità Giudiziaria e se non lo avesse fatto un gruppo di contadini ex soci della Cantina probabilmente, anzi certamente, non sarebbero stati condannati i tre amministratori (Giacomoni, Peratoner e Andermarcher) per aver ostacolato i controlli e la vigilanza.
Il gruppo di contadini che con il primo esposto ha portato alla condanna i tre ex amministratori non si è però dato per vinto e, sempre appoggiato da questo giornale, aveva presentato un secondo esposto per capire la ragione per cui il Commissario Zanoni, avendo contezza della mancata iscrizione a bilancio della fideiussione, non avesse informato l’Autorità Giudiziaria di una evidente ipotesi di reato (ostacolo alla vigilanza), premurandosi al contrario di onorare quel debito che gli ex amministratori avevano contratto senza informarne i soci e senza registrarlo nella scritture contabili.
Per questa ipotesi di “omissioni di atti d’ufficio” la Procura della Repubblica ha emesso un decreto penale di condanna nei confronti di Zanoni che, avendolo opposto, cercherà di dimostrare la sua innocenza nel pubblico dibattimento iniziato il 29 aprile e che si concluderà con una sentenza il 24 giugno prossimo.
Insomma, è stato il coraggio di un gruppo di contadini a scoperchiare uno scandalo.
Dalla politica e dalla sua burocrazia sono venute solo omissioni, e poi soldi per cercare di turare una falla che finora si è dimostrata senza fondo. A fare chiarezza non ci pensano proprio, come si è subito premurato di far sapere Rossi e il nuovo presidente. Non sappiamo se hanno anche in animo di mettere ancora mano al pubblico portafoglio.