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QT n. 11, novembre 2015 L’editoriale

Dellai forever?

Anche i dellaiologi più incalliti faticano a seguire le ultime evoluzioni dell’onorevole Lorenzo Dellai. Eppure basterebbe ritornare alla fine del 1997, quando il Nostro, ancora sindaco di Trento, aveva in animo di spiccare il grande volo che lo avrebbe portato, nel giro di un anno, a diventare presidente della Provincia. Dellai aveva un progetto, quello di “voltare pagina” con una lista civica che poi si sarebbe chiamata Margherita. I sindaci pronti a “riaccendere i motori del Trentino” c’erano già: Gilmozzi, Molinari, Magnani, e il fido Grisenti con il suo serbatoio di voti. Occorreva però, per fare la Margherita, avere alle spalle un partito, o meglio non avere concorrenti dentro la stessa area politica. A quel tempo Dellai era iscritto formalmente al Partito Popolare (quello di Martinazzoli per intenderci) che in Consiglio provinciale era capitanato da Guglielmo Valduga, certamente ostile al sindaco di Trento eletto dentro una lista dalla forte connotazione personalistica, denominata Democratici popolari, un progetto politico che “andava oltre” il PPI.

A marzo 1998 si sarebbe celebrato il congresso del partito e l’area di Valduga pensava di vincere facilmente proponendo per la segreteria il mite Antonio Scaglia. Alla fine, sparigliando tutti, si candidò in alternativa lo stesso Dellai, che vinse con l’appoggio di Tarcisio Grandi che all’ultimo aveva “tradito” i consiglieri provinciali. Dellai divenne segretario/liquidatore del partito, mentre Valduga e gli altri lavorarono per una lista centrista, che poi non ebbe grande fortuna alle elezioni del novembre successivo.

Perché abbiamo fatto questo lungo amarcord? Perché sembra che la storia si ripeta in maniera del tutto identica. Dellai che alle elezioni comunali di Trento promuove una lista chiamata “Cantiere” in alternativa all’UPT di cui è autorevole esponente e fondatore. Dellai che vuole “andare oltre” il partito. Dellai che si candida alla segreteria contro il gruppo consiliare... Dellai in continua polemica con un autonomista presidente della Provincia (18 anni fa Carlo Andreotti, oggi Ugo Rossi).

Dellai, Dellai: qualcuno potrebbe essere stufo, dentro e fuori dal Palazzo. A livello di “casta” tutti sono in subbuglio. Olivi si precipita a fare interviste su tutti i giornali in favore, ovviamente, della nuova discesa in campo del “nostro leader”, cioè Dellai. Il senatore Fravezzi corre in soccorso del collega onorevole a cui deve tutto: c’era anche lui nel 1998, sempre in veste di scudiero. Nel PD sono interdetti, confusi, attendisti, comunque al traino delle decisioni altrui.

Dellai, come al solito, lancia un “nuovo” progetto per rilanciare se stesso. I suoi avversari, a cominciare proprio dall’assessore Mellarini, non sembrano avere una progettualità alternativa se non a livello partitocratico, con quella “equidistanza” di democristianissima memoria.

Nulla di nuovo sotto il sole, l’eterno ritorno dell’identico. Il predellino di Dellai assomiglia proprio a quello di Berlusconi: un tentativo di rilancio che potrebbe funzionare (anche se ne dubitiamo), ma che sa di stantio, di triste forse. Si guarda indietro come se non fossero passati 18 anni, 13 dei quali passati al governo della Provincia. Tutto però sembra fermo per davvero. Gli amici di Dellai si stracciano le vesti perché Ugo Rossi ha osato dire che il suo predecessore ha commesso qualche errore, ma lo stesso Rossi non ha la forza (e soprattutto la volontà) di invertire la rotta. Il suo è un governo in continuità con quello di Dellai, benché - o forse proprio per quello - i due continuino a punzecchiarsi.

Dellai forever dunque? Pensiamo di no, che questo sia solo un tentativo di tornare alla ribalta. Tutto resta però possibile. Fuori dal Palazzo, a pochi appassionati interessano queste diatribe. Quando invece stanno venendo al pettine i nodi proprio del “quindicennio perduto”, gli anni del grande scialo dellaiano dei soldi dell’Autonomia: con la ricerca ridotta al ruolo di ancella del malaffare (vedi caso Trento Rise - Deloitte); con i progetti faraonici gestiti con dilettantismo, perché quello che contava era far girare tanti soldi (vedi NOT, o i continui spostamenti di scuole, uffici provinciali, in un gioco dell’oca fatto per perdere tempo e per foraggiare i soliti); con i comparti floridi che stentano ad attrezzarsi di fronte alla nuova realtà globale (vedi melicoltura) o che invece sono miseramente affondati (porfido): tutti esempi, questi, di cui parliamo nelle pagine di questo numero, ma altri se ne potrebbero fare, e a iosa.

Dellai rappresenta un sostanziale fallimento. Il fatto che possa riproporsi, dimostra l’inconsistenza dell’attuale classe dirigente, che tenta - disperatamente e con esiti alterni - di perpetuare se stessa, e che riesce solamente a riproporre uomini e ricette vecchie a problemi nuovi.