Protonterapia: a che punto siamo?
Alcuni traguardi sono stati raggiunti, ma i problemi non mancano
Nel panorama della salute trentina sembrano essersi spenti i riflettori sul nuovo centro per la protonterapia di Trento, dopo la messa in funzione nell’autunno dell’anno scorso. Il centro di Trento è all’avanguardia nel panorama mondiale per il trattamento radiante effettuato con particelle pesanti (protoni) rivolto a pazienti affetti da diverse patologie tumorali. La terapia richiede un’apparecchiatura di produzione delle particelle (ciclotrone) e un sistema di trasporto del fascio e di rilascio sul paziente (gantry) complesso, costoso e tecnologicamente avanzato. L’apertura di un centro di questa portata sul territorio trentino è stato visto da alcuni come un’opportunità, sia per la ricerca sia in campo clinico, e da altri come un’opera sproporzionata in termini di costi e di gestione.
Nell’articolo “Protonterapia, una difficile scommessa”, pubblicato su Questotrentino nell’aprile 2014, avevamo messo in evidenza alcuni punti critici del Centro, giunto alla fine degli ultimi lavori di collaudo. Ad un anno di distanza, vediamo a che punto siamo arrivati.
L’informazione difficile
Da una rapida ricerca ci si rende conto che ottenere informazioni sulla cura e sul Centro di protonterapia di Trento non è cosa semplice. A tutt’oggi, infatti, non esiste nessun sito dedicato, ma solo una pagina web sul portale dell’Azienda Sanitaria con le informazioni strettamente necessarie. Chiunque volesse farsi un’idea di cosa si tratti, per curiosità o per motivi professionali, è costretto a rivolgersi direttamente alla segreteria o al direttore, il dott. Maurizio Amichetti, con tempi decisamente biblici in confronto a tutti gli altri centri di protonterapia, compresa la vicina struttura di Pavia. Il discorso si complica ulteriormente se si vogliono conoscere alcuni dati più tecnici, quali ad esempio le tipologie tumorali specifiche finora curate o una breve presentazione del corso della terapia. Inoltre, le informazioni che si trovano sulla pagina web, ad esclusione di una breve introduzione, sono esclusivamente in italiano, annullando i benefici che il trattato di Schengen rende possibili in campo sanitario e precludendo così a cittadini che non parlano la nostra lingua di usufruire della terapia.
Questo forse è sintomo di quello che temeva Renzo Leonardi, docente di Fisica a Trento e “padre” della protonterapia trentina, riguardo al fatto che il centro venga considerato un semplice reparto dell’ospedale e non un centro all’avanguardia. Ciò nonostante, sarebbe auspicabile avere un sito adeguato alla tecnologia avanzata del centro, se non altro per una corretta informazione dei cittadini.
Chi ci lavora
Dalla stessa pagina web è possibile ricavare la lista del personale che lavora al Centro di protonterapia. Dall’aprile del 2014, l’organico è cresciuto di 15 unità e ad oggi operano 26 persone tra staff medico, fisici-medici e segreteria. Secondo il documento del 2013 redatto da Atrep (Agenzia provinciale per la protonterapia, organo costituito appositamente per sovraintendere ai lavori di realizzazione del Centro e smantellato alla conclusione dei lavori stessi), le persone che avrebbero dovuto operare all’inizio del 2015 sarebbero dovute essere 47 per la piena efficienza.
Questo, che era il punto più problematico un anno fa, rimane ancora critico nella prospettiva di avere un centro funzionale e al massimo delle sue potenzialità. Infatti c’è da tener presente che è l’équipe che pone un centro all’avanguardia e non i macchinari di ultima generazione.
È giusto riconoscere che il centro di Trento è relativamente giovane e questo implica una spesa in termini di tempo per trovare il giusto assetto gestionale. Tuttavia, all’enorme sforzo proteso a concludere i lavori entro i termini preventivati per inizio 2014, non si è accompagnato un altrettanto rapido lavoro nell’erogare le cure. Infatti da ottobre ad oggi (circa sette mesi) sono stati curati 30 pazienti, ben lontani dai 150 previsti per il primo anno di attività. Considerando un organico sottostimato e la debole pubblicizzazione del Centro, appare ancora più complicato raggiungere la soglia di 700 pazienti all’anno previsti nel 2016, numero questo calcolato per permettere di raggiungere un equilibrio tra entrate ed uscite. È bene ricordare infatti che la struttura, sia che essa funzioni appieno o in parte, costa oltre 13 milioni all’anno tra spese di manutenzione e gestione, cifra che è obbligatorio recuperare (considerato anche il fatto che per i macchinari e la costruzione sono già stati spesi 100 milioni); e recuperarli si può, ma solo se il centro riesce ad operare al massimo delle potenzialità.
I pazienti
Nonostante questo, la politica adottata dall’Azienda Provinciale non sembra mirata a rendere pienamente efficiente il Centro; difatti delle due camere isocentriche per curare i pazienti, solo una è in funzione. Ciò è dovuto principalmente al numero limitato di pazienti. “I pazienti in attesa non sono molti. È però improprio parlare di lista d’attesa, in quanto i casi vengono valutati mese per mese secondo rigidi accertamenti clinici. Per il prossimo periodo sono previsti circa 15 pazienti, ma non è detto che tutti risultino idonei per sottoporsi al trattamento” precisa il direttore del Centro di Protonterapia Maurizio Amichetti. L’esiguo numero di richieste è dato dal fatto che la terapia non è ancora presente all’interno dei LEA, i livelli essenziali di assistenza garantiti dal Servizio sanitario nazionale, che sono in fase di aggiornamento. Considerata per ora la completa assenza di un’azione di marketing e la vaga promozione del Centro, risulta chiaro quindi che la strategia dell’Azienda Sanitaria è quella di attendere il provvedimento nazionale, con i tempi biblici legati alla sua approvazione. Peccato che i canoni che ogni mese vengono pagati non aspettino anche loro i tempi di Roma.
Bacino d’utenza
A differenza dei problemi di gestione che permangono, si sono invece raggiunti importanti sviluppi relativi alla sostenibilità economica e alle collaborazioni con le Regioni. Alla fine del 2014 infatti è stato stipulato l’accordo con la Regione Veneto per quanto concerne l’erogazione delle prestazioni di protonterapia nei confronti dei cittadini residenti in Veneto. Prima di questa intesa, la protonterapia era nell’elenco delle prestazioni di assistenza specialistica del sistema sanitario provinciale trentino riservata ai residenti in Trentino da almeno tre anni.
“L’accordo col Veneto, che avrà durata biennale, con decorrenza dal 1° gennaio 2015, è un’importante opportunità per ingrandire il bacino di utenza potenziale” - ha chiarito l’assessora Donata Borgonovo Re - L’accordo, che definisce le modalità per la remunerazione nonché i criteri clinici e le condizioni di accesso alle prestazioni di protonterapia, è infatti strategico per coprire le terapie che il Centro è potenzialmente in grado di offrire. “Ad oggi infatti circa un quarto dei pazienti sottoposti alla terapia proviene dal Veneto” precisa il direttore del Centro di Trento.
I costi
Un altro punto spinoso che sembra doversi risolvere nei prossimi mesi riguarda la sostenibilità economica del Centro. È di questo inverno la notizia dell’incontro a Roma fra gli assessori regionali e Beatrice Lorenzin, ministro della Salute, durante il quale è stato presentato il lavoro di aggiornamento dei LEA, i livelli essenziali di assistenza garantiti dal Servizio sanitario nazionale.
L’entrata della protonterapia nei LEA significherebbe che i costosi trattamenti (dai 20 ai 24 mila euro a persona) verrebbero coperti dal Sistema Sanitario Nazionale, facendo tirare un sospiro di sollievo alle casse dell’Azienda sanitaria provinciale. “È un bel risultato - ha detto il presidente Ugo Rossi- che premia un lavoro portato avanti con grande determinazione e di cui dobbiamo ringraziare tutti quelli che vi hanno contribuito, in particolare l’Azienda provinciale”.
Sono 15 anni che i parametri dei LEA in Italia non vengono aggiornati e nonostante la cifra appaia ragionevole (418 milioni di euro in più rispetto al precedente provvedimento), non mancano le critiche, come quelle del coordinatore degli assessori alla Sanità delle Regioni italiane Luca Coletto, secondo il quale i LEA sono “economicamente insostenibili” e che rappresentano “l’ennesima manovra di immagine nella quale il Governo fa bella figura, ma scarica sulle Regioni il relativo peso economico e l’onere di imporre nuove tasse”. Insomma, non dire gatto finché non l’hai nel sacco. Ad ogni modo è stato fatto un passo in avanti e la risposta si saprà nei prossimi mesi.
Preso atto degli sviluppi, delle criticità e dell’importanza di una buona gestione per evitare sperperi, non bisogna perdere di vista la complessità del lavoro che viene svolto all’interno della struttura e dei risultati finora ottenuti. “Seppur su un ridotto numero di pazienti, finora abbiamo ottenuto ottimi riscontri in termini di tolleranza della terapia. Restano tuttavia da valutare gli effetti sul medio e lungo termine” afferma il dott Maurizio Amichetti. Anche per questo motivo quella del Centro di Protonterapia rimane pur sempre una scommessa che Trento non può permettersi di perdere.
Lettera a Donata, assessora blindata
[a]Lettera a Donata, assessora blindata[/a]Cara Donata (Borgonovo Re), ci permettiamo di darti del tu, dal momento che molti di noi ti hanno votata, come pure molti nostri lettori, e alcune volte ci siamo pure incontrati nella nostra sede, prima e durante la tua campagna elettorale. Dunque ci sarebbe piaciuto riferire, oggi che sei assessora alla sanità, il tuo pensiero sul Centro di Protonterapia; ma per quanto abbiamo tempestato di telefonate la tua segreteria, per una decina di giorni, con assicurazioni dal tuo segretario, per quanto ti abbiamo cercata in Consiglio Provinciale, non abbiamo avuto risposta. Abbiamo chiesto in giro e a stretto giro di mail ci è risultato che: appena eletta, hai liquidato con un “grazie, ma ora si apre una nuova fase, non ho più bisogno di voi” il folto gruppo di volontari che ti aveva supportato in campagna elettorale; ai Laici Trentini non dici niente sul Testamento Biologico; non hai risposto a un tuo sostenitore che ti segnalava allarmanti disfunzioni a Ostetricia epidurale; hai zero rapporti coi volontari e operatori del carcere, che invece avevi incontrato due anni fa; né più disponibile sei stata con chi, da studente, confidava di poter avere da te, assessora ed ex docente, elementi per la tesi di laurea.
Insomma, Donata, pare proprio che ti sia blindata nella tua torre d’avorio assessorile. Ci dispiace. Perché molti ti avevano creduto, quando in campagna elettorale, e anche prima, con passione discutevi di “trasparenza”, “rapporto con i cittadini”, “nuovo modo di fare politica”...