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QT n. 6, giugno 2015 Trentagiorni

Vitalizi: la Regione rinuncia a costituirsi Parte Civile

Quando la giustizia penale si occupa di politica significa che la politica in qualche cosa ha sbagliato. Tangentopoli non è nata per merito di Di Pietro, ma per i demeriti di una classe politica che o partecipava al ladrocinio o sapeva e taceva. Se a Trento la Magistratura si occupa dei vitalizi “gonfiati” non è per merito di chi ha sporto denuncia, ma per demerito di una classe politica che sapeva o che, pur sapendo, taceva sperando (chi prima chi dopo) di ottenere i benefici di un vitalizio gonfiato oltre la decenza.

Tutti sapevano: chi per aver proposto la legge (l’Ufficio di Presidenza), chi per averla votata (i consiglieri in carica) e chi (consiglieri ed ex consiglieri) per aver accettato e sottoscritto la singola anticipazione del vitalizio gonfiato, salvo poi - alcuni - restituirlo ed altri resistere, resistere, resistere...!

Il processo si è aperto nei giorni scorsi. La giustizia penale farà il suo corso e al verdetto ci inchineremo, qualunque esso sia, come è giusto che accada nei regimi democratici. Ciò su cui ci si deve interrogare oggi è se ha fatto bene o male la Regione a non costituirsi parte civile nel procedimento aperto a carico dei politici e dei consulenti che hanno determinato quell’incredibile risultato di buonuscite milionarie in favore di ha rivestito il ruolo di consigliere regionale per una decina, chi più chi meno, di anni.

Fossi stato presidente della Regione avrei optato, pur restando convinto che non si fa politica nelle aule di Tribunale, per la costituzione quale parte civile, e non per chiedere un risarcimento del danno in termini monetari (su questo ha ragione Rossi: ci penserà, speriamo, la Corte dei Conti), ma per ottenere almeno altri tre importanti risultati.

Anzitutto per poter essere presente al processo e poter così partecipare alla ricostruzione dei fatti, coadiuvando le altri parti processuali (accusa e difesa) nel raggiungimento della verità processuale: assoluzione o condanna che sia.

In secondo luogo per raccogliere, anche sul piano simbolico, la giusta indignazione della cittadinanza, che certamente si sarebbe riconosciuta nella Regione quale parte civile nel processo con lo scopo, se non di accusare Tizio o Caio, almeno di capire se e quali siano state le responsabilità di chi ha proposto la legge.

In terzo luogo per non lasciare alla speculazione politica di questo o quel partito una indignazione che non può essere solo di una fazione partitica, dovendo invece essere trasversale a tutti i partiti e a tutte le forze politiche.

Ancora una volta la classe politica si è dimostrata inadeguata al proprio ruolo e la Magistratura, impropriamente ma non per suo demerito, dovrà colmare un vuoto di legalità che dai tempi di Tangentopoli nessun partito è riuscito a colmare.