La Cassa del Risparmio tradito
Bolzano: la crisi della Sparkasse, le commistioni con la politica, gli affarismi trentini e italioti, gli undici milioni di Ugo Rossi.
SparKasse. Un nome che subito evoca solidità. Serietà tedesca, rigore sudtirolese; i tedeschi forse non ti sono simpatici, ma alla Cassa di Risparmio di Bolzano basta il nome per evocare fiducia. E invece il 31 dicembre ha chiuso il bilancio 2013 con 38 milioni di perdita. E nonostante sia proprietaria, nel capoluogo e in provincia, di un notevole patrimonio immobiliare, dalla perfida Moody’s è stata bollata con il rating Ba1, “titolo speculativo con significativo rischio d’insolvenza”, per intenderci due gradini sotto i titoli di Stato italiani: per la finanza mondiale la virtuosa Bolzano è decisamente peggio di Roma cialtrona e terrona. Cosa è successo?
Questa storia è a nostro avviso indicativa del sistema chiuso sudtirolese, tanto bene illustrato in queste pagine da Alessandra Zendron nelle sue Lettere dal Sudtirolo: una minoranza etnica compatta nell’autodifesa, riconoscente verso un ceto politico che in oltre mezzo secolo di storia ha saputo ottimamente tutelarla. E quindi, come conseguenza, una classe dirigente autoreferenziale, diventata sempre più supponente e disinvolta, come dimostrano gli scandali che hanno cupamente illuminato gli ultimi anni dell’era Durnwalder.
Così la Cassa di Risparmio di Bolzano: che analogamente a tanti istituti italiani - in cui la politica cacciata dalla porta, cioè dai consigli di amministrazione con la legge Amato del ‘92, è rientrata dalla finestra, cioè dalle Fondazioni proprietarie delle Casse, con i ben noti risultati, vedi Monte dei Paschi - la Cassa, dicevamo, è un feudo politico, in cui il presidente della Fondazione Gerhard Brandstatter della Svp e il vice Carlo Costa, del Pd, sono da pochi giorni transitati direttamente alla presidenza e alla vicepresidenza della banca. Ohibò, i politici servono a vigilare che la banca ottemperi alla sua funzione sociale, stimolare l’economia e tutelare il risparmio ci diranno impettiti. Vediamo invece i risultati.
La Sparkasse è andata caratterizzandosi per una duplice linea di comportamento: prudente a casa, in Sudtirolo, aggressiva fuori provincia.
Molto aggressiva: ha dato il via a una politica di espansione forsennata, sicché oggi non solo è il maggior istituto di credito in Sudtirolo, consta anche di ben 140 filiali in 12 province del nord Italia. Nel 2013 ha rilevato da Banca Sella-Calderari 26 filiali nel Trentino e nel Bellunese.
Man mano che ci si allontana dal territorio di riferimento, si è tuffata in operazioni immobiliari sempre più arrischiate
[p]A Trento è entrata in Castello sgr, la finanziaria proprietaria del mega invenduto quartiere alle Albere; ha finanziato con 10,5 milioni il nuovo (e fantomatico) albergo a 4 stelle sempre alle Albere; attraverso Raetia sgr ha acquistato vari immobili (tra cui spicca la fatiscente area ex-Frizzera al Tridente) valutati 32 milioni nel 2007, ridotti ora a 13,3; ha finanziato con 29 milioni il progetto residenziale Corti Fiorite a Trento Sud, finito in concordato preventivo e salvato all’ultimo momento da un intervento della Provincia, su cui torneremo.
Nel resto d’Italia ancora peggio. Sempre attraverso Raetia sgr entra in un megacomplesso (1.200 appartamenti) a Pomezia Terme, denominato Parco della Minerva (e ribattezzato Parco della Vergogna dagli sfortunati acquirenti), dell’immobiliarista Raffaele Di Mario, indagato per una nutrita serie di reati: il crack, di cui si è occupata anche la trasmissione “Report”, comporta perdite difficilmente quantificabili, ma dell’ordine almeno di un centinaio di milioni.
Insomma una autentica débacle imprenditoriale che, sia pur a denti stretti, viene ammessa dallo stesso direttore generale della banca, Peter Schedl, in un’ampia intervista a L’Adige del 25 ottobre 2012. “Siamo stati sfortunati ad espanderci in un periodo che è risultato sbagliato... gli sportelli andranno ripensati... negli anni scorsi c’è stata troppa euforia, troppo boom immobiliare... sull’avventura Retia, che ci costerà, dico che è una lezione: ci siamo lanciati in iniziative interessanti che però non funzionano se non si hanno le capacità manageriali specifiche”.
Il fatto però è che Schedl non è un alieno piombato a Bolzano da un’astronave: nel 2012 era alla guida di Sparkasse già da tre anni; e dopo l’intervista la proliferazione di sportelli e filiali, presuntuosamente aperti, per esempio, anche a Brescia e Cremona, prosegue, appunto con l’acquisto di Banca Sella e con una politica molto generosa nella concessione dei crediti.
Una sanzione dopo l’altra
Il fatto è che l’avventurismo dell’espansione territoriale, e quello ancor più improbabile delle speculazioni immobiliari in lidi lontani è affiancato da altrettanto spericolate scorrettezze commerciali e fiscali. Nell’agosto 2012 SparKasse viene condannata dall’Antitrust a una sanzione di 40.000 € per pratica commerciale scorretta nella gestione del prestito Easy Dream; nel maggio dello stesso anno sanzione di 372.000 € da Bankitalia per omesse comunicazioni e carenze nei controlli; in agosto, sempre da Bankitalia, sanzione di 166.000 € per analoghe infrazioni, questa volta a Raetia; nel maggio 2013 è l’Agenzia delle Entrate di Trento che reclama da Raetia sgr la bellezza di 57,7 milioni per un’indebita detrazione dell’Iva; contemporaneamente alcuni quotisti di Raetia e fondi collegati hanno promosso una causa contro Raetia e Sparkasse reclamando altri 30 milioni di danni.
Insomma alla débacle imprenditoriale si somma quella etica. Cui può aggiungersi la mina sommersa della finanza altoatesina, lo scandalo Sel, la società elettrica della Provincia autonoma, feudo della Svp, finita nelle aule del Tribunale per un intreccio perverso di gare truccate e politici compiacenti: un esito giudiziario che imponesse nuove gare per le concessioni delle centrali idroelettriche, travolgerebbe Sel, e a cascata le banche che l’hanno finanziata, in prima fila proprio Sparkasse, creditrice di un centinaio di milioni.
E paga Pantalone
La banca rimedia ai rovesci penalizzando i risparmiatori. Nel 2005, a seguito di una pressante campagna pubblicitaria, era riuscita a piazzare cento milioni di euro di un fondo immobiliare, il Dolomit, il cui valore è crollato di quasi il 40%; nell’autunno dello scorso anno SparKasse offre ai risparmiatori di convertire le quote Dolomit in proprie obbligazioni, con scadenza però al lontanissimo 2022, e garantendo un valore che risulterebbe (dopo 17 anni!) il 98% del capitale inizialmente versato.
Se aggiungiamo, come denuncia il Centro Tutela Consumatori di Bolzano, le difficoltà e le vessatorie restrizioni che incontrano i risparmiatori nella vendita delle azioni (non se ne possono vendere più di 50 alla volta!), vediamo come nella realtà venga perseguita la mission dell’Istituto - la tutela del risparmio. E, come dicevamo in apertura, è proprio per tutelare l’economia e il risparmio - dicono - che alla testa della Fondazione vengono nominati fior di politici.
Accade invece l’esatto contrario. E a nostro avviso non a caso. Perché la vicenda è spiegabile proprio alla luce delle fallaci euforie che prendono le realtà economiche commiste con la politica. L’abitudine ai facili successi, ai paracaduti comunque sempre garantiti, fa male, molto male all’imprenditorialità.
Di paracaduti, di soldi pubblici, SparKasse beneficia anche a Trento. La Giunta Rossi ha recentemente salvato dal crack una delle società dell’imprenditore Dalle Nogare, in rosso profondo per il complesso residenziale Corti Fiorite, comperandole un lotto per 11,5 milioni. Un pessimo affare per le casse pubbliche (vi si dovrebbero realizzare 76 alloggi per il Fondo housing sociale, ad affitto calmierato, con una spesa complessiva di 23 milioni, oltre 300.000 ad alloggio!) motivato da Rossi come aiuto ai piccoli artigiani creditori (per 5 milioni), quando il vero creditore è proprio Sparkasse (29,3 milioni assieme a Hypo Tyrol). Sparkasse di cui, per inciso, proprio Ugo Rossi è personalmente cliente, con un mutuo di 200.000 euro acceso per finanziare la scorsa campagna elettorale.
Sono queste commistioni, dicevamo, e il senso di impunità, a far perdere il senso della realtà. A lanciarsi in espansioni avventate, in imprese con avventurieri; sei così abituato a giocarti la politica, che ti fiondi in speculazioni edilizie lontane, dove non conosci neanche il nome dell’assessore all’urbanistica.
È un tipo di economia pasticciona, ulteriormente degenerata proprio quando, con le ristrettezze dei bilanci pubblici, la politica non può più aiutare come prima. Anche se sembra che, fino all’ultimo, il politico che ti rifila una decina di milioni, poi lo trovi.