A proposito della “black box”
Sono sempre più numerose le compagnie che offrono una cosiddetta “black box” per l’autovettura. Questo apparecchio viene installato nel veicolo e registra il modo di guidare dell’assicurato e dovrebbe servire ad arginare il fenomeno delle truffe assicurative, e allo stesso tempo ad abbassare le tariffe. Attualmente il governo sta lavorando ad una legge che dovrebbe introdurre delle riduzioni dei premi assicurativi nel settore RCA, qualora l’assicurato decidesse di installare questo apparecchio.
Ma che cos’è questa “black box” e quali rischi comporta?
Così come è finora trapelato, questa scatola nera non è un apparecchio passivo che registra i movimenti dell’auto e i comandi azionati dal guidatore, bensì una trasmittente radio dotata di GPS e di una propria carta SIM, o in comunicazione attraverso Bluetooth con uno smartphone. Le conseguenze? L’abitacolo della vettura sarà sottoposto a forte inquinamento elettromagnetico causato dallo smartphone e/o dalla scatola nera, con rischi per la salute degli occupanti e ripercussioni sulla capacità di concentrazione e di reazione del guidatore.
L’aumentato numero di SIM in circolazione produrrà inoltre un incremento nella richiesta di servizi di telefonia mobile, con nuova proliferazione di antenne radiomobili un po’ ovunque e aumento dell’inquinamento elettromagnetico.
Ricordiamo che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha classificato come potenzialmente cancerogene le radiazioni emesse da telefonini, bluetooth e wi-fi. Esistono infine studi che dimostrano come il guidatore sottoposto a continue radiazioni elettromagnetiche, abbia un comportamento paragonabile a chi guida in stato di ebbrezza.
E ancora: la black box in Italia funziona in modo diverso rispetto a quelle impegnate in altri paesi.
All’estero, infatti, i dati raccolti vengono conservati per un dato periodo su una scheda di memoria, per essere poi cancellati. In Italia i dati vengono invece trasmessi all’assicurazione o ad una società terza. L’assicurato si trova quindi continuamente sotto controllo, senza sapere la destinazione dei suoi dati ed il loro utilizzo.
Conclusione: il risparmio va bene, perché una riduzione delle tariffe nel settore è necessaria e va fatta, ma non a costo di salute e privacy.