LaVis: un altro commissario?
Eravamo stati facili profeti nel prevedere come le convulsioni di un colosso in agonia come la Cantina LaVis, per di più gestita con rude spregiudicatezza, avrebbero contagiato l’economia circostante.
La cosa è emersa in un’assemblea della Cantina della zona di Cembra. A dare fuoco alle polveri sono stati alcuni soci viticoltori, al contempo melicoltori della Cooperativa 5 Comuni. Come avevamo riferito nei numeri scorsi, l’ineffabile amministratore delegato di LaVis, Marco Zanoni, aveva confezionato un bel trucchetto: ai melicoltori della 5 Comuni, alcuni anni fa confluiti nella LaVis e poi, vista la mala parata, tornati indipendenti, aveva appioppato un’ipoteca di 6,8 milioni sul loro magazzino (più, apprendiamo, un altro 1,1 milione di ulteriore garanzia). I melicoltori, sicuramente grulli e troppo ansiosi di lasciare la barcaccia della LaVis, avevano ingenuamente sottoscritto tutto.
A dire il vero, il sistema cooperativo prevede qualche rete di protezione: nell’atto di scissione era scritto a chiare lettere che le parti avrebbero chiesto dalla Revisione cooperativa una certificazione dei saldi di scissione. Solo che Zanoni, prevedendo che i revisori avrebbero scoperto l’inghippo, si è ben guardato dal chiedere la certificazione, e la 5 Comuni, presieduta allora da una creatura dello stesso Zanoni, fece altrettanto.
Ora i melicoltori hanno rimosso lo sventurato presidente, ma ormai il danno è fatto, e sono nelle peste: il loro magazzino non è a norma, necessita di urgente ristrutturazione, ma con l’ipoteca addosso (contratta, ripetiamolo, dalla Cantina, per i debiti suoi) non sono in grado di sostenere alcun investimento, né le banche si fidano a rilasciare ulteriori prestiti.
Ma all’inganno si è aggiunta la beffa: LaVis vanta nei confronti di 5 Comuni un credito di 1,5 milioni, e Zanoni non si è fatto scrupolo di avviare un’ingiunzione giudiziaria per il recupero del credito. Il che ha ovviamente scatenato l’ira dei melicoltori; così, quando a Verla c’è stata un’assemblea della Cantina, i soci che sono contemporaneamente viticoltori e melicoltori hanno dato vita a un’accesissima contestazione di Zanoni (che si è ben guardato dall’aprire bocca) e del presidente Paolazzi, ricoperto di contumelie. Insomma, la tensione ormai è ai livelli di guardia.
Anche perché LaVis ha raschiato il fondo del barile, Zanoni ricorre a tutti gli espedienti per rimandare pagamenti che dovrebbero essere indifferibili. A marzo deve pagare un acconto sull’uva conferita nel 2013; e deve inoltre procedere alla restituzione dell’autofinanziamento dei soci.
Qui si è inventato una gabola burocratica: una richiesta di restituzione che il socio dovrebbe presentare per riavere i propri soldi. Già questa è grossa, ma il nostro ha completato il giochino imponendo un limite temporale alle richieste di restituzione, e spedendo con congruo ritardo le lettere che avvisavano dell’inghippo. E così chi non ha inviato la richiesta in tempo non ha ricevuto i soldi prestati; come peraltro tutti gli ex-soci.
La situazione non poteva non arrivare all’attenzione e della Federazione e della Giunta Provinciale. Fed Coop e l’ineffabile presidente Schelfi si sono resi conto di come nessuna soluzione sia possibile finché Zanoni rimane a capo della Cantina. E la politica traccheggia: un giorno un assessore promette soldi, il giorno dopo un altro pone condizioni, in sostanza si lascia passare il tempo: i 20 milioni richiesti sarebbero un’enormità per un’azienda comunque dissestata e gravata da pesantissime irregolarità. Intanto, al contrario, sfumano anche i 13 milioni che Zanoni ha messo a bilancio per la vendita del terreno di Casa Girelli: doveva acquistarlo proprio la Provincia per erigervi uno studentato universitario di cui invero non si sente l’urgenza; in tempi di spending review l’opera è stata di fatto già cassata e i 13 milioni sono solo virtuali.
All’ordine del giorno è quindi la chiusura della Cantina.
Di fatto l’esperienza della LaVis ormai non ha più senso: doveva essere il “terzo polo” della vitienologia trentina, dopo Cavit e Mezzacorona. Ma è tutto da discutere se - a fianco dei tanti privati, piccoli, piccolissimi e medi - sia il caso di avere due grossi “poli” cooperativi per una produzione tutto sommato limitata. Due è quindi da discutere, tre ha poco senso. Sostenere poi con la flebo dei milioni pubblici il “terzo polo” ormai fantomatico, sarebbe demenziale.
Per questo la soluzione più logica sarebbe un ridimensionamento brutale di LaVis, con l’eliminazione della promozione e vendita in proprio, e la riduzione a Cantina sociale che fa un buon vino e ne affida a Cavit la commercializzazione. Soluzione ovvia, ma tutt’altro che indolore, giacché comporterebbe una drastica riduzione del personale e un futuro foschissimo per la controllata Casa Girelli. Cavit, che non ha alcuna intenzione di gestirsi queste grane, risponde di no.
Probabilmente per gestire questa opzione occorrerebbe una nuova direzione della Cantina, allontanando Zanoni, e facendo arrivare un nuovo commissario. Sarebbe una sconfessione plateale dell’operato di Dellai, spesosi senza risparmio per sostenere Zanoni, ma tant’è: all’emergere delle magagne del dellaismo si inizia ad essere abituati.
Però ricommissariare non è semplice, soprattutto se la volontà politica non è ferma. È in arrivo, entro il 2014, una ulteriore revisione cooperativa, quella biennale. Se questa registrasse ulteriori irregolarità, potrebbe fornire il destro per il nuovo commissariamento. Purché si arrivi in tempo, e ci sia ancora qualcosa da salvare.