Omosessualità e “normalità”
In riferimento alle parole pronunciate dal consigliere comunale di Alleanza Nazionale Emilio Giuliana in commissione pari opportunità, durante un dibattito sul registro delle coppie di fatto, e nei giorni seguenti, non possiamo far altro che mettere dei punti fermi di chiarificazione (è ancora una questione nel 2005?) in breve sintesi.
Le omosessualità, cioé le diverse espressioni di affettività, di relazione, di amore e di comportamenti di una persona nei confronti di un’altra dello stesso sesso, quindi ciò che viene chiamato orientamento sessuale, non sono una malattia, né mentale né di altro tipo: l’omosessualità è stata cancellata dalla Lista delle malattie mentali (qualunque cosa siano) dall’Associazione degli psichiatri nonché da quella dei medici americani nel 1974, e da quella dell’Organizzazione della Sanità Mondiale pochi anni dopo.
L’omosessualità non è "contro natura", primo perché nel cosiddetto mondo "naturale", cioè nel regno animale, si nota che tantissimi di tali esseri hanno avuto e hanno relazioni omosessuali (vedi le ultime conoscenze sui pinguini…); e poi, il concetto di natura ha delle premesse filosofiche che sono cambiate nel corso della Storia, non riconducibili pertanto principalmente alle regole e ai dogmi religiosi.
Se invece il termine intendeva rimandare a una concezione reazionaria sull’essere "anormale", ribadiamo allora il fatto che "normale" non significa automaticamente essere "giusto", e l’essere diverso essere "sbagliato", perché la normalità è solo un concetto statistico (per cui ciò che fa la maggioranza delle persone viene considerato normale, mentre ciò che fa la minoranza non lo è!). La diversità appare dunque "sinistra", eppure la vita umana è fatta di diversità: l’omosessualità di un individuo può essere dunque (non solo per chi lo è) una fonte di arricchimento e maturazione, di confronto e dialogo.
In una società cosiddetta civile, infatti, la completa accettazione del proprio orientamento sessuale e una identità non dimezzata, piena e consapevole, ciò che rende possibile la propria autorealizzazione di essere umano, insegna a rispettare il diritto alla diversità altrui, cioè la tolleranza e il rispetto, riuscendo a costruire un essere umano migliore e più maturo, divenendo dono prezioso per la vita individuale e collettiva (di gay e etero, bisex, trans, insieme).
Se prevalgono invece i pregiudizi e l’odio verso chi è diverso, si può arrivare a pensare che nella vita esistono esseri umani di serie A e altri di serie B.
E’ qui che casca l’asino e si arriva a una forma di omofobia che è davvero patologica: uno può anche dichiarare di non avere paura, ma le sue affermazioni lo smentiscono: il rifiuto così netto delle diversità e delle differenze (altrui) può essere un chiaro indice di non accettazione delle possibilità e delle maturazioni umane…
Il negare diritti e addirittura visibilità a noi omosessuali è proprio negarci l’esistenza, possibilità che l’omosessualità sia un desiderio globale di legame personale irripetibile, che, come tutti i desideri amorosi, quando diviene maturo incorpora anche il sistema del piacere sessuale. Prima di essere un desiderio fisico, l’omosessualità è infatti un ‘sogno’ mentale e affettivo, intessuto di immagini e di rappresentazioni di sé in rapporto all’altro, nell’attesa di una gratificazione desiderata su tutti i piani dell’essere: allora, omosessualità è un altro nome dell’amore, un’altra possibilità di desiderio emotivo di essere con l’altro (non solo il sesso, forse è proprio questo che spaventa!).
Negare per di più che l’articolo 3 della Costituzione, quando dice che tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali "senza distinzione di sesso" e "di condizioni personali e sociali", riguardi anche noi, è una presunzione di interpretazione socio-filosofica, in quanto non è richiamata esplicitamente nessuna norma eterosessuale obbligata, obbligatoria e "naturale" (e infatti molti/e giuristi/e, sociologi/he e filosofi/e preferirebbero aggiungere anche l’orientamento sessuale e di genere adeguato alle trasformazioni e cognizioni storiche).
C’è invece una gamma di possibilità nei processi di costituzione di sé, tra cui l’affetto omosessuale, per cui il radicarsi di tale affetto dentro la persona corrisponde a una possibilità "normale" dello sviluppo umano (perché è proprio della specie umana, e non solo di un genere sessuale, il poter costruire le relazioni affettive in molteplici direzioni).
Per quanto riguarda la "tragica possibilità" (che potrebbe derivare) delle adozioni, c’è da rimarcare come già moltissimi gay e lesbiche siano madri e padri di natura e di fatto, mentre le ultime ricerche di sociologi/he e psicologi/he francesi, americani/e e italiani/e sui risultati della "omogenitorialità" – indipendentemente dal modo in cui si è arrivati a tale situazione – non solo escludono "la presenza di un qualsiasi danno che possa essere causato ai figli dall’orientamento sessuale dei genitori", ma al contrario rivelano in loro alti livelli di adattamento, tolleranza nei confronti degli altri invece di discriminazione, autostima e socializzazione, disponibilità a liberarsi dalle "scatole concettuali" prefissate, attitudine a "negoziare" le differenze (vedi Margherita Bottino e Daniela Danna, La gaia famiglia - Omogenitorialità: il dibattito e la realtà, Asterios Ed., Trieste, 2005).
La vera minaccia sembra essere quella dell’ingiustizia, più che il fantasma della distruzione della famiglia, la famiglia tradizionalmente intesa, perché invece, al contrario, essa sta semplicemente diventando umana: Meno sacra, ma molto più umana.
Infine, sulla pedofilia: come già detto, è davvero un’altra storia, e continuare a confondere gli omosessuali con i pedofili (ripetiamo, in quanto repetita juvant, che essi sono per la maggior parte eterosessuali!) è indice di quell’omofobia che rivela negazione, chiusura, sopraffazione. Speriamo basti (per intanto?).
Il Direttivo Arcigay Trentino - Circolo 8 Luglio