A proposito di “rendering”
Nel precedente numero di Questotrentino, alla rubrica "Quindici giorni" (L’imbroglio del rendering), sono riportate alcune mie affermazioni sul tema del rendering ingannevole del progetto Cavit di Ravina che, per come espresse, potrebbero aver urtato qualche suscettibilità. Intendo pertanto precisare che il materiale dell’articolo è il frutto di una breve conversazione telefonica con l’autore riproposta dal giornalista in forma d’intervista, e le frasi attribuitemi, pur interpretando correttamente il mio pensiero, non costituiscono la trascrizione fedele delle mie parole. Quanto alle immagini prese a riferimento, altro non sono che le fotografie apparse sul quotidiano l’Adige tra loro collimate e comparate. Esplicito inoltre, a scanso di equivoci, i concetti da me espressi al giornalista:
1. la tecnica del foto-inserimento di modelli tridimensionali è oggi comunemente utilizzata negli studi di progettazione e presenta margini di errore proporzionale ormai trascurabili, mentre il rendering del progetto Cavit di Ravina, nella visione da monte, raffigura il fabbricato di progetto ridimensionato di circa un terzo rispetto al reale: una difformità di rilevanza tale da non poter essere semplicemente attribuita ad errori accidentali o involontari.
2. Il foto-inserimento non svolge alcun ruolo significativo nell’ambito della procedura di concessione, dove l’esame del progetto edilizio si basa su criteri prevalentemente tecnico-geometrici, ma assume un peso ben diverso nell’ambito della procedura di deroga, dove il consiglio comunale (organo non tecnico) decide in via speciale se spostare i limiti urbanistici sulla base di valutazioni di opportunità (costi/benefici per la comunità) riferite, nel caso in questione, prevalentemente all’impatto volumetrico/paesaggistico dell’intervento che il rendering esplicita al meglio: non credo sia un caso se la quasi totalità dei consiglieri comunali, sindaco in testa, hanno in seguito affermato di non aver compreso gli effetti del provvedimento che andavano assumendo.
3. L’utilizzo ingannevole della tecnica del rendering, soprattutto nell’ambito di procedure con rilievo pubblico che ne dilatano gli effetti, trasmette un’immagine di scarsa attendibilità e serietà professionale che impone, a mio modo di vedere, una seria riflessione di ordine deontologico.
Distinti saluti