La città e l’Ordine (degli architetti)
Gentile Direttore, leggo su QT del 19 aprile scorso il suo intervento relativo alla vicenda Càvit (Rendering: sotto accusa chi ha denunciato l’imbroglio) e a una supposta "deriva delle professioni e degli Ordini professionali", tema rispetto al quale molti esprimono opinioni ma pochi paiono avere informazioni corrette. Così pure la ricostruzione da lei operata contiene inesattezze sufficienti a restituire un quadro sensibilmente diverso da quello reale.
Il rispetto verso i colleghi coinvolti e – prima ancora – verso le funzioni dell’Ordine che ho l’onore di presiedere, mi impone di non entrare in questa sede nel merito degli aspetti connessi alle azioni istituzionali. Mi preme tuttavia operare una puntualizzazione a titolo personale. Ho trascorso i primi cinque anni della mia attività professionale lavorando dapprima presso lo studio di Denys Lasdun a Londra e, successivamente, presso quello di Vittorio Gregotti a Milano. Contrariamente a quanto da lei affermato, né in tale periodo né nei successivi anni di libera professione ho mai collaborato ad alcun titolo con l’arch. Andrea Tomasi. Invero, l’unico atto professionale che ci ha in qualche modo rapportati, in quasi 20 anni di mia attività, è stato l’affidamento all’arch Tomasi della prosecuzione di un lavoro di progettazione inizialmente affidato al sottoscritto.
Leggo e apprezzo QT perché, in un’epoca in cui troppe valutazioni seguono il metro del consenso, sa essere una voce non allineata. Ritengo che svolga una funzione preziosa per stile e per contenuti. La sensazione che ho avuto leggendo il suo pezzo - relativo a vicende che mi sono evidentemente ben note - è tuttavia quella che ad una ricostruzione rigorosa dei fatti sia stata anteposta una ricerca di consenso. Il fatto che possa trattarsi del "consenso dei dissenzienti" non rende ai miei occhi la cosa più apprezzabile.
Parafrasando Max Hastings: esistono due tipi di giornalismo, quello che cerca di dire la verità e quello che tratta le notizie come se fossero merce.
Nel mio immaginario QT deve appartenere al primo gruppo.
Cordialmente.
Risposta
Prendiamo atto della precisazione dell’arch. Agostini sugli inizi della sua attività professionale; peraltro, sul rapporto tra lui e lo studio Tomasi, è indicativa anche la staffetta progettuale che lui stesso qui ci ricorda.
In quanto al "consenso dei dissenzienti" che noi nei nostri articoli anteporremmo alla verità, ci sembra un artificio retorico forse brillante, ma vuoto. Ci piacerebbe piuttosto, che il Presidente dell’Ordine degli Architetti spiegasse come mai, invece di sanzionare chi (Tomasi) presenta elaborati fasulli (la vicenda è quella del rendering ingannevole sul muro Cavit), avvia procedimenti disciplinari a carico di chi solleva il problema.
Ettore Paris