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Disagio nella Chiesa?

Giorgio Grigolli

Mi riferisco aCattolici a disagio? Serrare i ranghi!”, un’analisi documentata, anche impietosa, sulle sfide della Chiesa trentina (QT di aprile). Non riesco a condividere la connessione dei grandi tormenti d’epoca, esplorata nell’articolo, con una episodica particolare della parrocchia di S.Antonio a Trento, citata come esempio del disagio cattolico. Certo, anche una piccola storia, è indicativa. Lasciamola “piccola”, tuttavia.

Inquadrerei così, impropria nella modalità, non sconsiderata nell’identità, la citata proposta di Silvano Bert; che dall’ambone della messa si introduca, di iniziativa personale, una proposta di innovazioni liturgiche: che a messa possano parlare anche i laici, ognuno a dire (e ascoltare) una preghiera spontanea, dare un avviso, raccontare un’esperienza, esprimere anche una critica all’omelia del sacerdote. Proposta giudicata eversiva, avete scritto, rivoluzionaria. E per questo cassata. La replica del parroco, don Renzo Caserotti, a quell’iniziativa, ripetitiva di un’altra (la richiesta citazione pubblica, ancora dall’ambone, di una lettera a Bert da parte dell’imam Breigheche), anche se momentaneamente impetuosa, l’avrei inquadrata negli elementari doveri del celebrante, di gestire la celebrazione eucaristica. Il richiamo a Silvano Bert, quindi, prendiamolo come avvertimento, non indicativo di precoce martirio. Il bollettino della parrocchia, con buon senso, ha accantonato lettere sdegnate, seguite all’episodio. Costruttivo, semmai, l’intento di qualche dialogante momento assembleare.

Nella Chiesa grande è comunque aperta una questione del parlare “quando”. Che è anche la dimensione riflessa del ruolo dei laici, celebrato nelle ufficialità discorsive, non sempre rispettato. Ricordo una replica di Avvenire ad alcuni partecipanti al convegno ecclesiale di 4 anni fa, a Verona. La richiesta era di dare corso, su qualche tema rilevante, a qualche mozione affermativa di principi e prospettive.

Il presidente della Cei, card. Ruini, fece presente che il convegno non era una assemblea parlamentare. Le conclusioni le tirò tutte lui. Altro quesito analogo, alla recente settimana sociale dei cattolici italiani, a Reggio Calabria: perché non un laico a presiedere le Settimane?

Dialogo e confronto, quindi, necessario. Anche a deplorare le esorbitanze. Ultimamente a Riva, nell’assemblea di Rete Italia, riepilogativa dei “cattolici” del Pdl, una introduzione del card. Ruini, quindi l’emerito e cattolicissimo Formigoni, presidente della Lombardia. Lui a dire pubblicamente consensi all’esigenza di coerenze nei valori da parte dei cristiani in politica, pretesa e sottolineata dall’eminenza. Il presidentissimo, fuori nota ufficiale: “Un ministro dei Trasporti deve fare andare i treni in orario, non gli si chiede quante fidanzate ha. E questo vale anche per un premier”. Sufficiente all’aureola, per Angelino Alfano, ministro della Giustizia. “Chi governa bene la Lombardia, è capace di governare bene l’Italia”. Eccolo, il cattolico Formigoni, da Riva al “predellino”. Staremo a vedere.

Esistono, in contemporanea, anche inquietudini di vescovi, ad Ancona, recente Consiglio permanente della Cei: “Un conto è pazientare, tutt’altro sostenere”.

Quanto alla Chiesa che è in Trento, appena uno sguardo all’indietro, mettiamo in conto per ora due decennali dalla scomparsa: Alessandro Maria Gottardi, venuto da Venezia a Trento con l’ispirazione del “doge” illuminato, quindi convertito a padre umile e ispirato; e don Silvio Franch, grande ecumenico dell’intesa, “l’allegria del divino affabulatore”, ha scritto Paolo Ghezzi. Qualcuno gli riscriva la vita, adesso. Anche per intendere il via vai dei momenti di Chiesa, storture e splendori.

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