Le donne in piazza contro Papi
Mentre Berlusconi è asserragliato nel bunker del bunga bunga, inseguito ormai dall’ombra della sua malattia senile (che rischia di sfasciare completamente le istituzioni) e da un nugolo di escort, prostitute, ballerine che rivelano la tragica e grottesca realtà di un personaggio incarnazione della peggiore Italia, le donne normali cominciano a reagire contro l’impensabile situazione in cui è precipitato il paese. Una delle prime manifestazioni in favore della dignità delle donne si è svolta a Trento, in un crudo pomeriggio di fine gennaio, davanti al Commissariato del governo. L’iniziativa, lanciata da Donata Borgonovo Re, ha visto come suo particolare segno distintivo quello del silenzio: più di tante parole ormai ci può salvare soltanto la presenza fisica in piazza, la rivolta ferma e costante contro un abisso di depravazione che ha superato la sfera politica e morale per raggiungere quella antropologica e esistenziale.
“Non vogliamo satiri nei luoghi del potere” era scritto su uno dei cartelli che qualche manifestante portava al collo e che dava l’idea dello spirito comune dei presenti. Il crepuscolo del berlusconismo sta facendo regredire l’Italia a una stagione di maschilismo e di arretratezza culturale mai vista prima, dove il sesso più squallido, la ricchezza più ostentata, il vitalismo più animalesco sono portati alla ribalta come modelli normali di vita. Non sono episodi privati, non sono soltanto comportamenti deplorevoli dal punto di vista etico, ma elementi che descrivono una concezione autoritaria del potere che immagina la donna pronta a vendersi in qualsiasi momento per assecondare i vizi sempre più malinconicamente scurrili di un anziano miliardario, di un satrapo da operetta. Che però ci governa. Da sempre l’autoritarismo passa attraverso il degrado della donna e del suo corpo. Solo il silenzio può narrare l’indignazione
Certamente alla manifestazione c’erano soprattutto donne mature, mentre pochi erano i giovani. Ma probabilmente essi trovano altri canali per esprimere il proprio dissenso, per farsi due risate alle spalle di un barzellettiere divenuto barzelletta. Ci auguriamo che sia così per il bene dell’Italia.