Se questa è una cooperativa...
Gli errori e le assurdità dietro i guai della cantina LaVis
A Lavis è stato messo a nudo il triangolo autoreferenziale del potere trentino Dellai-Schelfi-Bressan. Scordandosi ancora che cooperazione vorrebbe dire democrazia economica e trasparenza. Le decisioni non vengono dalla base, ma si concentrano all’interno del triangolo.
Un consigliere d’amministrazione della cooperativa LaVis ricordava che le riunioni si svolgevano in questo modo: la direzione comunicava e i consiglieri alzavano la manina. Non sono gradite voci di dissenso e teste pensanti. La filosofia democratica della cooperazione trentina è riassunta in quella breve frasetta “proposto dal cda” che si vede accanto ai nomi prescelti sulle schede di votazione.
Direttore, l’enologo Fausto Peratoner, 30 anni in azienda. Con lui la LaVis-Sorni-Salorno si è elevata in qualità, con la Zonazione (classificazione delle aree in base alla vocazione vitivinicola), la Linea Ritratti (i vini di alta gamma della cantina), un complessivo posizionamento dei prodotti nella fascia medio-alta, un ottimo rapporto qualità-prezzo. Poi però nel nuovo millennio Peratoner si è fatto prendere la mano e da capace winemaker si è inventato amministratore unico, a capo di ben 5 società del gruppo.
Anche il corpo si era ribellato alla mente: due anni fa in assemblea l’amministratore originario di Cembra era stato colpito da un malore da stress. Nella mente c’era un numero, un obiettivo di crescita: +10% annuo. E ora ci si chiede: come mai una cooperativa che fa ottimi prodotti e ha soci e tecnici fedeli e competenti, si ritrova con oltre 100 milioni di debiti?
Il giornalista Rai (e del Gambero Rosso) Nereo Pederzolli divide il Trentino in cantine rosse e cantine bianche. Ammesso che ci siano cantine politicamente rosse, LaVis è sicuramente una cantina bianca, non solo perchè per il 90% ha a che fare con Chardonnay e Müller Thurgau, ma anche perché è legata a doppio filo con il pandemocristianismo della nostra terra. Il presidente della cooperativa, el cugnà del Fausto, Roberto Giacomoni, doveva candidarsi alle provinciali 2008 per l’Upt ed in sede ha ospitato anche incontri elettorali di Giorgio Casagranda, del PD ma di solida ascendenza DC.
Ma questa politica provinciale così contigua, ha mai aperto gli occhi a Peratoner-Giacomoni sui rischi della strada su cui si erano incamminati? Sembra proprio di no. A ottobre 2006 LaVis aprì il “gourmet et relais” Maso Franch (sembrava brutto o forse da popolino chiamarlo “agriturismo”, ed in effetti puntava a una clientela alta, troppo alta), investimento finanziato dalla Provincia con quasi 3 milioni di euro. L’economista Giorgio Daidola, di fronte a questo che considerava un non-senso economico, si era dimesso dal comitato per la valutazione del progetto, indicando come gli investimenti sarebbero (forse) rientrati nel 2481. Invece per i tecnici provinciali (o per i politici?) si doveva andare avanti. Ma aveva ragione Daidola, Maso Franch si risolse in un brutto buco.
Vino e mele
E i controlli? Spettano alla Federazione Trentina della Cooperazione. E qui si sono visti tutti i limiti di una tale situazione. Perché la Federazione, se può vigilare - amichevolmente ma oculatamente - sulle piccole cooperative, si trova in grandi difficoltà con le grosse, che sono in realtà le proprietarie della stessa Federazione e ne determinano gli organi dirigenti. Insomma, la classica situazione del controllato che controlla se stesso. Solo nell’ultima relazione del collegio sindacale ci sono state due righe di timida criticità sui bilanci della LaVis; ma, come ha affermato lo stesso Dellai, “cento milioni di debiti non si fanno in un anno”, ossia per anni i controllori sono stati ciechi.
Terzo lato della figura geometrica, l’Isa, finanziaria della Curia trentina. LaVis è passata anche da lì per arrivare a comperare congiuntamente Casa Girelli, società di imbottigliamento di vino in gran parte non trentino, ottima solo per cercare la plusvalenza immobiliare in viale Verona a Trento, dove la Girelli ha lo stabilimento.
I soci? Pecorelle ben ammaestrate, oggi smarrite. Il sistema Peratoner-Giacomoni riusciva a “comprare” facilmente le loro coscienze. Con prezzi fino a 200 euro al quintale, chi volete che si interessi se è solo “Lavis da bere” e la propria produzione ha un valore sproporzionato rispetto alla realtà? Facile quindi che il socio da “partecipe delle decisioni” passi ad essere “spettatore delle decisioni”. E l’assemblea diventa “aspettando il rinfresco”.
E non c’è solo vino, ma anche i pomi del vecchio Consorzio 5Comuni. Una fusione obbligata, forse anche per allargare la massa aziendale e poter così chiedere più soldini alle banche per il “Monòpoli del Fausto”. I melicoltori non avevano mai pensato a plusvalenze immobiliari, alle gite al Guggenheim di Venezia per presentare il Müller Thurgau, ad acquistare delle proprietà in Toscana. Si erano “limitati” a mettersi assieme alle altre valli trentine e vendere col marchio “La Trentina”, cercando di ammodernare le celle frigo e puntando sulle alleanze per rinforzarsi. Essere in LaVis per loro voleva dire nuovo stabilimento alla ex Sor di Mezzolombardo. Promesso, anche a giugno da Peratoner, ma mai mantenuto finora, e meno che mai da ora in avanti.
Sulla promozione congiunta - è parere comune di chi fa agricoltura - le mele sono dieci anni avanti rispetto al vino; Trentino e Alto Adige, per esempio, promuovono congiuntamente le mele in Cina ed India. Il Consorzio 5Comuni aveva una gestione semplice e sostenibile, pensava entrando in LaVis di poter agevolmente sostenere l’investimento del nuovo magazzino; invece ora si ritrova sempre con il magazzino obsoleto e all’interno di un calderone pericoloso.
Ora doveva essere il momento delle scelte. Abbracciare (cioè farsi assorbire) da Cavit o da Mezzacorona? Ma mettersi nelle braccia di Rizzoli-Conci (Mezzacorona) è veramente così diverso che in quelle di Giacomoni-Peratoner (LaVis)?
I due colossi in realtà nicchiavano. E allora, a risolvere la situazione, arriva la nomina dellaiana a commissario di Marco Zanoni, per il prossimo anno e mezzo, prorogabile. Nomina che bypassa i soci, i quali peraltro, oltre a non saper scegliere uno dei due pretendenti, non erano neanche sicuri sulle loro reali intenzioni. Ma Zanoni, pur con l’appoggio di Dellai, cosa potrà fare?
Gli scenari non sono buoni, e al solito (perdonate la trita retorica) saranno i più deboli a rimetterci. Per i 60 lavoratori di Casa Girelli potrebbe essere il fischio finale, ma anche per una ventina di quelli che si guadagnano il pane fra Lavis e Cembra. I soci potranno recuperare i crediti presso la LaVis (che ha ancora da liquidare l’uva dello scorso anno), ma poi?
Considerando che la proprietà media si aggira attorno ad un ettaro a testa, il veder scendere la resa ad ettaro attorno ai 7.000 euro annui quali ripercussioni porterà alla viticoltura tra Adige e Avisio? E come finirà il patrimonio di conoscenze di quella che fino a un paio d’anni fa era considerata la più avanzata cantina sociale del Trentino?
L’espressione stereotipata “fare quadrato” questa volta viene utile. Sarebbe ora infatti che accanto al triangolo Provincia-Cooperazione-Chiesa si rafforzasse nella propria coscienza anche la società civile. Noi, liberi e plurali, senza paure, da popolo-suddito a popolo-che-partecipa consapevolmente alle scelte.