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Dellai come Capitan Nemo

Lorenzo Rigo

A casa mia, ormai sono mesi che si pasteggia a pane e acciaieria e si beve acqua e diossina. A tavola gli argomenti sono sempre gli stessi, queste conversazioni monotematiche scaldano i nostri animi, riusciamo ormai a litigare tutte le sere pur concordando su tutto. A me poi succedono cose strane, la mia concentrazione è drasticamente calata, faccio fatica a rimanere su un testo scritto, un’area del cervello pensa sempre in termini di Pm10, polveri ultrasottili, furani, cromo, diossina e piombo.

Ho una mia teoria che giustifica quello che sta ci sta accadendo: sono convinto infatti che siano i grandi campi magnetici dell’acciaieria che, interagendo con la parte centrale del cervello, scatenano in me e nei miei familiari i più bassi istinti d’ira; nel mio caso, poi, penso che queste onde magnetiche colpiscano i pochi neuroni che l’età mi ha risparmiato, ionizzandoli e condizionandone la funzionalità.

Ma veniamo al fatto che mi ha spinto a scrivere queste righe che il mio analista considera terapeutiche. In questi giorni ho ripreso in mano un libro per ragazzi. “20.000 leghe sotto i mari” di Jules Verne, ma non riuscivo concentrarmi e ad isolare i personaggi. Pensavo continuamente a quanto sta succedendo in Valsugana: i nomi dei protagonisti si trasformavano in cognomi trentini e le cadenze francesi assumevano una cantilena tipicamente nostrana; lo stesso Nautilus diventava l’acciaieria di Borgo. Angustiato, ho lottato per giorni con la mia mente, che non rimaneva nel binario della trama del romanzo, fino a quando il mio analista mi ha consigliato di smettere di fare resistenza, di lasciarmi andare e far correre l’immaginazione.

I tre protagonisti, come i nostri tre eroici, indefessi medici per l’ambiente, vanno alla ricerca di un mostro di grandezza spaventosa che arreca danni in tutti i mari; se ne ammette l’esistenza, ma c’è bisogno di un serio studio scientifico per conoscerne le abitudini e magari, poi, abbatterlo.

Una volta trovatolo, si rendono conto che la lotta è impari: il mostro non è un organismo vivente, è una specie di sottomarino che non ha problemi a navigare anche nelle acque più torbide. All’esterno si presenta con una struttura d’acciaio tutta viti e bulloni che lo rendono inespugnabile, ma è l’interno che riserva ai nostri tre intrepidi amici una serie infinita di sorprese. Il Nautilus può godere di tecnologie sofisticate che lo rendono un gioiello d’efficienza, nasconde ricchezze da nababbi, viene pilotato dal comandante Nemo senza che nessuno possa interferire sulla meta e la rotta da prendere. Al suo interno, reperti biologici e studi scientifici farebbero crepare d’invidia i nostri funzionari dell’Appa e dell’Azienda Sanitaria. Viaggia in tutto il mondo e, a seconda dei paesi dove viene intravisto, viene chiamato in maniera diversa.

È soprattutto la figura del comandante che rende interessante il romanzo. Come il nostro governatore, si fa vedere raramente, parla tranquillamente 4 lingue, ma finge di non comprendere quanto gli dicono. Ha del carisma, affascina, ha doti non comuni e sa parlare. Jules Verne ce lo fa conoscere lentamente ma alla fine lascia che il comandante Nemo si disveli per quello che realmente è: un dittatore che tiene imprigionati nel suo regno il suo equipaggio ed anche i nostri eroi. Un tiranno che si dimostra affabile e gentile fino a che qualcuno non interferisce con i suoi piani. Allora si trasforma, diventa violento nel linguaggio e nell’atteggiamento.

Questa lettura allegorica potrebbe andare molto in profondità, di almeno 20.000 metri, ma il mio analista mi ha detto di non esagerare. Voglio solo ricordare come termina questo romanzo. Le ultime parole di Nemo: “Dio mio, basta!”, ricordano proprio quelle che il nostro governatore ha pronunciato in Consiglio, nella giornata di protesta delle mamme a Trento: “Adesso basta lo dico io!”. E mentre Nemo, con queste parole, scompare in un terribile vortice vicino alla costa della Norvegia, il nostro governatore, come in un quadro di Bosch, deve affrontare un gorgo di analisi, controanalisi, forestali, carabinieri, documenti nascosti e ritrovati, consulenze strapagate, nomine di funzionari, autostrade e caprette siriane, che lo tirano giù.

Anche il motto scelto dal capitano Nemo per il Nautilus, “Mobilis in mobili”, mi fa sorridere e mi fa pensare come la Provincia sta gestendo il caso dell’acciaieria: autonomamente nell’autonomia.

Ultimamente il mio analista ha notato un grande miglioramento nella mia psiche e l’altro giorno mi ha consigliato di prendere subito in mano un altro libro per vedere se sono davvero guarito. Anch’io mi sento meglio e penso che riuscirò ad affrontare un nuovo testo senza tutte queste letture allegoriche che mi sconquassano la mente. Recentemente ne ho visto uno in libreria che deve essere interessante, con questo penso di andare sul sicuro, dev’essere infatti una sorta di epopea biblica, è di un autore che non conosco, un certo Saviano: “Gomorra”... Speriamo di farcela.

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