PD: partito politico o associazione culturale?
Le primarie in quello che è (ma forse non lo sa) il maggior partito del Trentino.
È il primo partito del Trentino il PD. Ma non è il partito del Presidente della Provincia. Un’anomalia, anche perché il Presidente Dellai non è stato certo pescato tra la società civile, è un politico a tutto tondo, uso a frequentare le segreterie da quando aveva i pantaloni corti, determinato, potente e popolare. Di qui le gambe corte dell’anomalia: visto che Dellai non è rieleggibile, il prossimo presidente sarà del PD, oppure il PD non sarà il primo partito.
Possiamo interpretare in questa chiave le prossime primarie per la segreteria provinciale del Partito Democratico. Ma ci sembra un’interpretazione troppo scontata, in realtà riduttiva, tutta interna alle logiche partitocratiche. Il punto ci sembra un altro: il primo partito non ha alcuna egemonia culturale; anzi, ha scarsa incidenza, al punto da far dubitare che sia portatore di una qualche cultura politica.
Il caso più clamoroso è quello della grancassa hoferiana, suonata in tutte le salse in questi giorni dall’assessore alla cultura del Patt Franco Panizza, di cui parliamo nell’editoriale a pag. 4 di Fabrizio Rasera. Sui giornali si sono susseguiti gli interventi e le polemiche. E il PD? Zitto, silente, timoroso di irritare il partito autonomista. E questo è solo il caso più eclatante.
Un corpo amorfo, quindi? Un insieme di persone ansiose di far carriera nella politica, e quindi attente a non prendere posizioni che potrebbero risultare scomode?
Una tale lettura sarebbe ingenerosa. In realtà il Partito Democratico ha registrato in questi mesi una vivacissima attività di base, nuovi circoli, tanti nuovi iscritti, dibattiti partecipati e intensi. Insomma, se si trattasse di un’associazione culturale, sarebbe un grande successo; trattandosi di un partito, è un ottimo presupposto, poi però dai dibattiti interni bisognerebbe passare alle prese di posizione esterne, alle attività pubbliche, agli atti di governo.
Questa timidezza, che si traduce in vistosa assenza dalla politica, è dovuta probabilmente a un’ancora non perfettamente definita caratterizzazione identitaria. Ma soprattutto è dovuta a una soggezione rispetto agli alleati, a iniziare da Dellai, ma anche al Patt, di cui si paventa l’abbandono per altri lidi. Chiaramente questo è un punto cruciale: se il maggior partito è ostaggio del timore di essere scaricato, non è destinato ad avere un grande futuro. Questo ci sembra il tema attorno a cui giudicare le primarie per il nuovo segretario provinciale.
I candidati sono quattro, e ci riserviamo di presentarli nel prossimo numero, attraverso una serie di domande incrociate. Qui invece vediamo come è stata recepita la loro presentazione.
Giorgio Tonini, senatore, tra i più ascoltati consiglieri di Veltroni, è stato il primo a scendere in campo. A suo favore gioca la forte personalità, l’indubbia preparazione, l’appoggio romano; contro, il fatto di essere trentino d’adozione e poi di essersi fatto eleggere in Toscana e nelle Marche, e l’imputazione di tornare a Trento dopo la discussa esperienza nazionale con Veltroni (vedi intervista a pag. 20). È convinto sostenitore di un partito che, in linea con la ricandidatura nazionale di Franceschini, sia compiutamente di centrosinistra, fusione - come da sua biografia di cristiano-sociale (o catto-comunista secondo Berlusconi) - tra sinistra e popolarismo cattolico; opzione questa che lo mette in conflitto con Dellai, che vorrebbe il PD tutto a sinistra, per lasciare lui a gestire il centro.
Roberto Pinter, già vicepresidente della Giunta provinciale e assessore all’Urbanistica, gode di una certa popolarità nell’area roveretana da cui proviene, oltre che tra gli ex di Solidarietà di cui era l’esponente di spicco. Tecnicamente molto preparato, nel suo programma riserva qualche appunto critico all’attuale conduzione dellaiana del governo provinciale. Si rifiuta di schierarsi per questo o quel candidato segretario nazionale.
Anche Michele Nicoletti, docente universitario, argomenta con passione contro gli accasamenti correntizi con un candidato nazionale su problemi (alleanze, rapporti con l’Udc) che in Trentino sono inesistenti o totalmente diversi. Candidato del PD alle recenti europee, ha ottenuto buoni risultati in termini sia di voti che di conduzione della campagna elettorale. Giudichiamo il suo programma molto convincente, con accenni robusti alla necessità di rimediare agli squilibri sociali degli ultimi anni, e una (coraggiosa?) critica serrata alla concentrazione dei poteri in Provincia. Gli nuoce l’essere finora sostenuto quasi esclusivamente dall’ala kessleriana del partito.
Invece ci lascia sinceramente sconcertati la candidatura, all’ultimo momento, del sindaco di Arco Renato Veronesi, che si pone anzitutto come portavoce del Basso Sarca nel Pd (che il segretario provinciale debba essere l’espressione di un certo territorio ci sembra un’abiezione); e poi come rappresentante “del desiderio del gruppo Bersani di proporre un proprio candidato”; così interpretando in pieno la visione correntizia del partito, nefasta per il Pd, anche se per tanti non sarebbe una novità.