I costi dell’autonomia
Si spende male, e il Sudtirolo rischia di ritrovarsi, a crisi finita, più povero, più brutto e più ingiusto
Ancora una volta, chi scrive si è trovata a difendere, di fronte a conoscenti di altra regione, i conti dell’autonomia. Non si può, dicevo, confrontare la cifra che spetta ad un cittadino dell’Alto Adige con quella attribuita al residente in altra regione, senza tener conto delle competenze esercitate dalla Provincia. Alcune di queste sono gestite spesso meglio, cioè con minori costi e migliori servizi, sanità e strade statali in primo luogo. Quindi, pur con sprechi ed errori, l’autonomia è un sistema che funziona. Ultimamente però, mentre da un lato la situazione allarmante della situazione politica in Italia spinge a sottovalutare le problematiche locali, emergono questioni che mettono in dubbio aspetti essenziali dell’autonomia, dal suo assetto istituzionale alla sua funzionalità (e quindi ragione di essere).
In primo luogo, un’aggressiva ondata nazionalista coinvolge anche la Svp, all’interno e al margine della quale si sono levate voci autorevoli che invitano alla ragione e alla moderazione, ma che in maggioranza continua a farsi affascinare dalle sirene della destra. Dopo le marce del corpo paramilitare degli Schützen, nonostante le polemiche durissime degli Schützen del Tirolo contro i “camerati” sudtirolesi, è ri-scoppiato il caso dell’Alpenverein, l’associazione degli alpinisti tedeschi che da qualche anno incassa centinaia di migliaia di euro pubblici per rinnovare la segnaletica sui sentieri, e lo fa, approfittando dello status di associazione privata, cancellando i nomi italiani, perfino le indicazioni essenziali ad orientarsi. Solo la poca segnaletica affidata al Cai è bilingue.
Tre comuni hanno cancellato dalla loro carta intestata il nome “Alto Adige”, (risale al 1810, ma è considerato nome fascista), che è parte della dizione presente in Costituzione e nello Statuto. Il Consorzio dei Comuni ha diffuso in 10.000 copie una pubblicazione in cui non solo “Alto Adige” ha lasciato il posto a “Sudtirolo”, nome di uso comune ma ufficialmente inesistente, ma ha ribattezzato il capoluogo col solo nome “Bozen”. Un penoso errore forse, ma significativo se inserito in una lunga serie a senso unico.
La cancellazione del logo della Repubblica Italiana dai diplomi di maturità decisa dalla giunta provinciale e la sua sostituzione con l’aquilotto nostrano è temporaneamente rientrata, ma Durnwalder continua a ritenerlo legittimo, nonostante i pareri legali che ne sottolineano l’inopportunità. Fa rabbia pensare che i nostri giovani rischino di non vedersi riconosciuto il titolo dalle università straniere e forse da quelle italiane. Ora si vuole imporre il monolinguismo ai diplomi, un problema per chi si rivolge a una università di lingua diversa dalla propria. Autorevoli funzionari, come l’intendente in pensione Walter Stifter, diffidano dal percorrere queste strade, ma i politici han perso la testa o non leggono le delibere prima di votarle, come l’assessore alla scuola italiano (PD), forse distratto dalle liti interne al partito.
A queste provocazioni reagisce con altrettanta foga il nazionalismo italiano, a suon di interrogazioni e di colloqui con i ministri amici. I quali ne approfittano per cercare di tirare il gran partito etnico dalla propria parte (vedi visita urgente del ministro Maroni, di tenore elettorale, a meno che non si creda che l’autonomia sudirolese sia un problema di ordine pubblico).
Le bandiere dei nazionalismi non solo spostano l’attenzione dalla crisi, ma nascondono anche la tendenza irrefrenabile a buttare soldi a piene mani. Non pare infatti che l’annunciata riduzione del bilancio spinga la giunta a selezionare gli obiettivi. Le opere di grande impatto urbanistico e ambientale e di incerto futuro sono ancora in voga: oltre al tunnel del Brennero, il progetto di nuovo megainceneritore di rifiuti va avanti, nonostante sia sovradimensionato e antieconomico. Il Comune di Bolzano ha portato al confronto con la Provincia un nuovo PUC con una quantità di strade, tram, espansioni. Il bisogno è di 3.000 nuovi alloggi, l’amministrazione comunale ne vuole 6.000, nonostante la diminuzione delle nascite, un saldo migratorio in ribassoe le molte centinaia di appartamenti nuovi invenduti. Un masterplan (parola che nasconde l’esclusione della cittadinanza) in cui c’è di tutto, salvo il bene comune. La Provincia gioca al “questo sì e questo no”. I politici comunali ne fanno una questione di autonomia del Comune, ma l’obiettivo non è il bene dei cittadini. Dopo anni di densificazione-speculazione, niente nuove piazze, spazi verdi, servizi per anziani e bambini. Anzi. Le opere sono pagate con il taglio alle scuole per l’infanzia e l’esportazione degli anziani non autonomi. Sulle 78 maestre d’asilo richieste ne sono state concesse solo 25. Le scuole tedesche sono tutte a orario ridotto. Scelte che mettono in crisi donne e giovani famiglie, e hanno l’effetto inoltre di ridurre il numero di bambini italiani che frequentano le scuole dell’altra lingua, una delle poche vie al bilinguismo reale.
La cattiva spesa, messa in luce dalla Corte dei Conti e contestata berlusconianamente da Durnwalder, spinge il Sudtirolo verso il rischio, alla fine della crisi, di ritrovarsi più povero, più ingiusto, imbruttito da strutture megalomani e costose, e anche inutili e dannose, e con un’autonomia che osteggia il bilinguismo e dunque la convivenza, causa di disagio e fattore di conflitto, un’autonomia difficile da difendere all’esterno dei confini provinciali.