I diritti degli abitanti o dei proprietari?
Collina di Trento, il "marcio in Comune" non finisce: si cercano di far sparire i vincoli sulla viabilità.
Dobbiamo scusarci con i lettori: abbiamo sbagliato. Il marcio in Comune: si corre ai ripari avevamo scritto (QT del 19 aprile) illustrando una nuova variante con cui il Comune di Trento accoglieva la sostanza delle nostre denunce sull’edificazione dei "mostri" in collina.
Eravamo stati ingenui. I responsabili del marcio (l’assessore all’urbanistica Andreatta e i responsabili degli Uffici tecnici, con il sindaco Pacher che fa finta di non capire niente) hanno lavorato con astuzia. Avevano appunto presentato in aprile una proposta di variante molto stringente, che finalmente recepiva in pieno i limiti già previsti dal famoso Allegato 5 (una parte fondamentale del Piano Regolatore mai applicata prima, per poter dare il via libera ai "mostri") ne metteva di altri alle cubature, e affrontava di petto il nodo della viabilità, stabilendo che per le nuove costruzioni, la viabilità di accesso deve essere larga almeno 4,5 metri.
Tutto bene, apparentemente.
Perché poi questa proposta veniva passata alle circoscrizioni, per sentirne il parere. E qui accadeva il pasticcio: la norma, non spiegata, non difesa dalla amministrazione, veniva attaccata dai cittadini che ne venivano svantaggiati. Cioè da coloro che, da una possibilità edificatoria, possono ricavare milioni; e tanti più ne ricaveranno quanto più si potrà edificare, cioè – in una realtà come quella collinare – quanto più si violenterà l’interesse generale.
Si verificava il solito cortocircuito: l’interesse di alcuni che strepitano (e delle immobiliari che stanno dietro) viene ritenuto preminente su quello generale.
Perché i cittadini si dividono in due categorie: i proprietari di terreni, che protestano quando vengono varati strumenti urbanistici che ne limitano vagheggiati arricchimenti; e gli abitanti, che protestano quando vedono costruirsi mostri edilizi che gli compromettono la vivibilità. A conciliare gli interessi dovrebbe esserci la politica, ma questa è contigua – si sa – con il terzo incomodo, le immobiliari.
Dunque, una serie di circoscrizioni subivano le pressioni dei proprietari e votavano contro le norme o esprimevano riserve; e gli Uffici comunali e l’assessore prontamente coglievano la palla al balzo; e presentavano una nuova norma che costituisce un formidabile passo indietro.
Il nodo è la viabilità, su cui il Comune è già stato ripetutamente bastonato dal Tar, e ha dovuto subire le proteste e le azioni legali dei cittadini (intesi come abitanti) organizzati in vari e agguerriti comitati. Il fatto è che in collina la viabilità è quella che è, con stradine rurali, in molti casi ampliabili solo a prezzo di costosissimi interventi. E quindi edificare condomini, serviti da stradine, significa andare contro il buon senso. Per questo il limite minimo di 4,5 metri (che permette a due vetture di incrociarsi) è assolutamente sensato.
Invece il Comune fa dietrofront. Ed elabora una norma complicatissima, confusa, a larghissima discrezionalità, che sembra fatta apposta per poi far fare agli Uffici ciò che vogliono, e dare lavoro agli avvocati; in cui comunque si finisce con l’approvare edifici insistenti su strade molto più strette, fino a 3,5 o addirittura 3 metri. E qui non ci siamo proprio.
Questo vuol dire infatti attentare alla qualità della vita, anzi alla sicurezza degli abitanti. Un mezzo pesante come un automezzo dei vigili del fuoco (e si vuole sperare che il passaggio non costituisca un’eventualità imprevista) abbisogna di almeno 2,75 metri, un marciapiede stretto, protetto da un corrimano, è largo 1,2 metri: è chiaro che le due cose, in tre metri e mezzo non ci stanno. E quindi marciapiedi non se ne potranno fare. Insomma, le nuove norme, non solo autorizzano la congestione delle stradine (sotto i 4,5 metri si deve ricorrere ai sensi unici alternati), ma impediscono la mobilità pedonale, che è quella degli anziani, dei ragazzini, di chi vuol lasciare a casa la macchina. E che era indicata come privilegiata nel programma elettorale di Pacher.
Ma d’altronde, nello stesso programma, si poneva come vincolante lo stop all’edificazione in collina, e si è visto come è andata a finire, e come si continua a perseverare...