Scrivere agli idoli
La scrittura popolare negli anni ‘60 e dintorni a partire dalle 150.000 lettere a Gigliola Cinquetti.
Scrivere agli idoli è il titolo di un volume pubblicato dal Museo Storico di Trento nel 2007 che raccoglie gli atti del seminario internazionale della scrittura popolare del 2005. Protagonista del lavoro è il consistente fondo di lettere (circa 150.000) indirizzate dai fans a Gigliola Cinquetti tra il 1964 e la fine degli anni Settanta, depositato ora presso il Museo.
L’idea guida della ricerca è stata quella di analizzare le prime manifestazioni dei fans come una lente attraverso cui mettere a fuoco i radicali mutamenti che la società italiana ha subito proprio in quegli anni.
La corposità del fondo testimonia una sorta di pratica collettiva di scrittura che si è rivelata al contempo una scrittura autobiografica degli anni Sessanta. La complessità della tesi di partenza – considerare la scrittura dei fans come scrittura popolare e collettiva di un’epoca - porta inevitabilmente con sé una serie di quesiti che solo un’analisi interdisciplinare fra antropologia, linguistica, archivistica e cultural studies poteva affrontare.
Nella sua composizione, il volume propone dunque una preziosissima parte introduttiva dedicata alla metodologia adottata dagli autori e descrive i criteri di archiviazione elaborati per questo corpus ingente di fonti.
L’archivio è tuttora in fase di riordino e necessiterà di un periodo di tempo non indifferente per la conclusione dei lavori, ma è straordinaria la consapevolezza che la famiglia Cinquetti aveva già del valore della corrispondenza ai tempi della ricezione, avendola conservata e organizzata secondo un primo sistema archivistico rudimentale tutto interno al nucleo familiare.
La prima parte del volume è stata intitolata appropriatamente di "prime letture" poiché riporta i risultati di alcune analisi di avvicinamento alle lettere; la seconda parte è riservata a esperimenti interpretativi proposti dagli studenti universitari che hanno partecipato nell’ottobre 2006 a un laboratorio universitario sull’epistolografia popolare; la terza parte, di carattere più generale tenta di delineare la cultura di massa degli anni Sessanta, con i suoi protagonisti e le sue innovazioni tecnologiche che hanno avuto ricadute sulla cultura musicale, mentre l’ultima parte offre spunti comparativi con altre esperienze archivistiche di cantanti come Claudio Villa, Fabrizio de André e la straordinaria esperienza francese di intimità culturale, sviluppata a partire dalla trasmissione radiofonica di Ménie Grégoire.
IS numeri delle lettere in questione (dai 140.000 ai 150.000), con picchi di 2.500 lettere al giorno nel periodo di maggior successo (1964-1966), la vastità delle aree geografiche di provenienza (tutte le regione d’Italia e un numero ancora imprecisato dall’estero) lasciano presupporre che ci troviamo di fronte a un vasto pubblico, che presenta caratteristiche comuni ancora tutte da verificare, poiché il campionamento è stato realizzato solo sul 10% della corrispondenza proveniente dall’Italia. Tuttavia, dai primi risultati emerge distintamente una estrazione socio-culturale bassa e spesso con grossi problemi di alfabetizzazione - un processo culturale in corso negli anni Sessanta e che si riflette ampiamente anche nelle lettere.
Un risultato molto promettente per i futuri studi di genere è stato quello di riscontrare come a Gigliola Cinquetti scrivessero soprattutto donne (il 73% del campione preso in esame), quasi una conferma di quelle tesi degli studi culturali che considerano la scrittura epistolare, soprattutto per quello che riguarda il bisogno di confidenza, come una pratica prevalentemente femminile. A questo bisogno di sfogo si coniuga, soprattutto per le lettere provenienti dal Sud, un’aspirazione sopita all’autonomia e all’autorealizzazione in un ambiente patriarcale e maschilista.
La parte del volume dedicata alle prime letture dell’archivio Cinquetti è forse quella più originale e senz’altro la più ricca di stimoli per i prossimi lavori che verranno intrapresi a partire da queste fonti.
I primi contributi di questa sezione passano dall’analisi storico-linguistica delle lettere ad una storico-antropologica.
Gli autori sottolineano come pur trovandoci di fronte a un tipo di comunicazione asimmetrica tra fan e idolo musicale, si manifestano spesso formule e modelli consolidati come quelli delle lettere della Grande Guerra o degli emigranti, a casi di difficile padronanza tra comunicazione ordinata e sfogo, di argomentazione e flusso mentale. Emergono inoltre quelle confessioni del grande sogno celato di diventare cantante come l’idolo adorato o almeno immedesimarsi in esso anche solo attraverso un contatto, un segno tangibile come una fotografia. Un sogno amplificato dai primi radicali effetti della televisione e dai rotocalchi come Grand Hotel. Resta da chiedersi quanto questi fans siano afflitti da quel complesso di superiorità tipico degli ammiratori che un Papini vecchio, ma ancora vigile, nel 1956 definiva come il "sottinteso degli ammiratori": "Chi ammira dice, senza dirlo, così: io sento la tua grandezza dunque son grande anch’io (…) Se non avessi una anima capace di sentire quel che hai espresso non potrei ammirarti, dunque il mio spirito è uguale al tuo e, s’è uguale, potrà domani, fare altrettanto e forse più".
Se queste prime analisi ci forniscono una contestualizzazione storico-sociologica delle pratiche di scrittura e degli scriventi degli anni Sessanta, i testi di Casellato, Gazzetta e Ficco ci propongono le specificità del fenomeno Cinquetti.
A partire dalla sua vittoria a Sanremo con la canzone "Non ho l’età" nasce un fenomeno mediatico di identificazione in un modello femminile di naturalezza e modestia (soprattutto per le ragazze e le giovani donne) e un modello politico di ritorno alla tradizione e ai valori sentiti come cristiani (la castità, la morigeratezza, la purezza prima del matrimonio), interpretati spesso, implicitamente, come una sorta di resistenza interna allo star-system. Un’immagine che ha seguito la Cinquetti come un’ombra o meglio un alter-ego, anche negli anni in cui la cantante ha chiaramente manifestato l’intenzione di emanciparsi dai facili cliché, come quando, nella seconda metà degli anni Settanta, incise l’album "Pensieri di donna", con percepibili accenni femministi.
Altra parte del volume tenta di allargare le maglie del discorso al contesto mediale degli anni Sessanta.
Anna Iuso ci offre una sintesi storica della pratica comunicativa della lettera spedita agli idoli che sembra nascere nell’Ottocento con la lettera agli scrittori, per giungere ai nuovi idoli popolari e ai "nuovi sincretismi" tra ammirato e ammiratore, come sono appunto le pratiche di scrittura semireligiosa dei fans con la loro devozione all’idolo-star.
L’ultima parte del volume è riservata alla testimonianza di esperienze di archivi personali di cantanti simili a quello della Cinquetti. Paolo De Simonis riporta la vicenda dell’archivio Claudio Villa, nato quasi inconsapevolmente alla fine degli anni Quaranta, ma inscritto all’anagrafe dei beni culturali solo nel 1990; Stefano Moscadelli parla dell’archivio Fabrizio De André, arricchito in più tranches a partire dall’aprile 2003 e depositato presso la biblioteca della Facoltà di Lettere e Filosofia di Siena.
Mentre Dominique Cardon e Smain Laacher riportano la straordinaria esperienza radiofonica (e archivistica) della trasmissione lussemburghese di Ménie Grégoire, durata quasi quindici anni (1967-1981).
Se partiamo da quest’ultima esperienza comprendiamo come la radio possa trasformarsi in un volano di fonti orali e diventare al tempo stesso un archivio eccezionale di aneddoti familiari, personali e professionali della società, in questo caso di area francese, grazie all’intimità che la conduttrice, definita l’"amica delle onde" è riuscita a creare con tre o quattro interlocutori per volta.
Se passiamo agli altri saggi di questa sezione notiamo come la specificità di ogni cantante riemerge prepotentemente se approfondiamo l’analisi storica. Sebbene De Simonis definisca Claudio Villa come il primo grande organizzatore dei fans club in Italia, è forse un confronto con l’archivio De André quello che potrebbe offrire spunti comparativi più interessanti con l’archivio Cinquetti: diversissima la formazione culturale dei fans (medio-alta per De André) e le loro posizioni politiche, diverso il periodo storico, così come le tematiche e l’esposizione dell’artista ai mass media. E’ un’analisi comparatistica del genere che potrebbe fornire ulteriori risultati alla ricerca delle trasformazioni e delle permanenze culturali vissute dalla società italiana a partire dagli anni Sessanta.
Un volume dunque riuscito quello di Iuso e Antonelli se accettiamo le intenzioni, espresse fin dall’introduzione, di presentare un lavoro d’impulso e stimolo per future ricerche, in cui il racconto soggettivo e collettivo dei fans possa riproporre un racconto corposo e ricco di soggettività degli anni Sessanta, con le sue ambizioni, frustrazioni e necessità: un’epoca che non ho l’età per amarti, non ho l’età per uscire sola con te ("Non ho l’età", 1964), ma che sentiva il bisogno di vederti, di sentire la tua voce, di abbracciarti e di averti sempre vicino a me ("Ho bisogno di vederti", testo di Piero Ciampi per Gigliola Cinquetti del 1965).