Quel sabato a Gardolo
Immigrazione: le risposte facili della Lega, la reazione della società civile, il nuovo ruolo dei cattolici.
Ci sono risposte che si possono intendere subito e altre che per essere comprese hanno bisogno di più tempo. Ci sono argomenti che colpiscono gli istinti più superficiali, e idee che riusciamo a fare nostre solo dopo aver ragionato a lungo. Strappare un velo è più facile che cercare di capire il perché lo si indossi.
Non è una notizia riferire di come la Lega Nord abbia da tempo scelto di stimolare gli umori più viscerali delle persone. Lo fa quotidianamente, fornendo risposte facili, gratificanti e apparentemente risolutive ai disagi veri della nostra società, contando sul fatto che la paura fa dell’agire un impeto, lascia poco tempo alla riflessione, al pensiero. E’ una strategia ben precisa, questa, che abbraccia tutti i livelli della politica: dalla circoscrizione al Parlamento europeo, il Trentino non fa certo eccezione.
Così, già da qualche tempo, i gazebo dei militanti col fazzoletto verde erano stati allestiti con regolarità per sensibilizzare la cittadinanza contro l’inquietante presenza di un gruppo di pakistani che si ritrovavano in un garage di Gardolo, per pregare. Perdendo l’ennesima occasione per riconquistare un po’ di autorevolezza, la politica istituzionale ha faticato a prendere una posizione netta, limitandosi ad esternare una generica disapprovazione. La reazione è allora arrivata dalla società civile. Prendendo le mosse dall’invito di un gruppetto di giovani del sobborgo, numerose persone non organizzate si sono date appuntamento davanti alla chiesa di Gardolo un sabato pomeriggio di due settimane fa.
Che la società civile (ma potremmo anche dire le persone) si sappia muovere in modo autonomo, non è una novità. Negli ultimi anni molte piazze si sono riempite e tante mani si sono strette in girotondi. Anche le firme raccolte da Beppe Grillo sono solo le ultime di una lunga serie. Ma c’è una cosa che in qualche misura differenzia e amplifica il significato del falò di Gardolo, il fatto che si sia scelto di imboccare una via difficile e lunga. Il "vaffanculo" di Grillo, piaccia o non piaccia, è fatto della stessa pasta comunicativa delle rivendicazioni leghiste: "Le cose non vanno per colpa dei politici? Mandiamoli affanculo". Mi rendo conto del problema e capisco la risposta, non m’impegna, è facile. Sabato 26 gennaio, invece, si sono incontrate persone consapevoli del fatto che non vi sono scorciatoie, convinte che le questioni in ballo sono complesse e articolate, e che complesse ed articolate devono essere le risposte.
Intervenendo alla manifestazione, Dario Fortin, coordinatore di Villa S. Ignazio, ha messo in guardia riguardo alle facili equazioni leghiste attraverso le quali "musulmano" viene fatto coincidere con "terrorista", "povero" con "criminale". Fortin ha poi puntato il dito contro i mezzi di comunicazione che, per sbrigatività o brama di tiratura, spesso amplificano unavisione distorta e pressappochista dei problemi che stiamo vivendo. Il discorso di Fortin ha centrato una delle componenti profonde dell’appeal leghista: le soluzioni che questi celtici verdecrociatici propongono sono accattivanti perché fanno leva su problemi reali. E tanto più i timori sono reali, tanto più attraenti ci appaiono i rimedi intuitivi.
Che in questo meccanismo i partiti tradizionali siano in difficoltà è per certi versi comprensibile. Un tempo, forti della loro ideologia, essi riuscivano in qualche modo a tutelare le persone, offrendo alla vita di ognuno quelle "cornici di senso", un po’ prefabbricate ma pronte, onnicomprensive: "dalla culla alla tomba". Tutti potevano così avere una linea, una posizione in merito alle brutture o alle conquiste cui assistevano. Oggi che le ideologie non ci sono più, si è certo più liberi, ma senza la sicurezza di quei valori viene spontaneo aggrapparsi a chi propone parole d’ordine e soluzioni immediate. E’ comodo.
Ad incrociare i fili in questa fitta maglia fatta di populismo, politica e deboli ideologie, si trova anche la Chiesa. Non è tuttavia solo la cristiana propensione all’accoglienza e alla tolleranza che ne legittima la presenza, e neppure la preghiera, "il dialogo col Trascendente", come lo ha chiamato Fortin, inteso come momento comune a tutte le religioni e per questo da tutelare ("Non mi sarei mai aspettato di manifestare per difendere il diritto della gente a pregare" commentava in piazza don Giuseppe Grosselli).Ci pare richiedano o accettinola presenza della Chiesa le persone arrivate a Gardolo sabato pomeriggio, gli Scout cattolici dell’Agesci impegnati fin dall’inizio nell’organizzazione del falò, le persone vicine a Villa S. Ignazio, vicine al Punto d’incontro, i consiglieri cattolici di Trento Democratica, i preti e i religiosi presenti, ma anche i sindacalisti o i "disubbidienti". Il punto, naturalmente, non è stabilire se quella del 26 gennaio sia stata una manifestazione laica o religiosa, il punto è riconoscere che una certa parte della società e del mondo cattolico ha risposto alla chiamata, si è messa in cammino.
In questo contesto il mondo cattolico si è così dimostrato, una volta di più, per quello che è: una pluralità. Una pluralità molte volte contraddittoria, che contempla e in qualche modo tiene insieme ambienti cattolici d’ispirazione conciliare che interpretano la fede in modo aperto, e vertici ecclesiastici che si chiudono nella messa in latino, dando le spalle ai fedeli.
"C’è una frattura trasversale", ci dice il teologo Alberto Conci. "E’ in atto una svolta che complessivamente mi sentirei di giudicare come conservatrice. E questa svolta si dipana tanto sul piano prettamente teologico, quanto su quello più diffusamente considerato politico. Da un punto di vista teologico una componente delle gerarchie ecclesiastiche, attualmente dominante, preme perché i confini della Chiesa vengano stabiliti dall’interno, siano meno flessibili. Questi guardano quindi con preoccupazione alla ragione critica dei fedeli e alla loro libertà di vivere secondo coscienza".
Conci legge con amarezza il momento che sta attraversando la Chiesa cattolica, vede allontanarsi le conquiste e le aperture ispirate dal Concilio Vaticano II, ed assiste alla ribalta dei restauratori, anche riguardo alla questione del ruolo dei cattolici in politica: "La Chiesa di oggi ritiene di dover intervenire in modo diretto nella vita delle persone. Non si limita a voler ragionare riguardo i valori di fondo e gli insegnamenti del Vangelo. Non vuole lasciare libere le persone di agire secondo coscienza, la Chiesa ritiene che oggi l’uomo abbia bisogno di una guida, di un magistero decretante. Si vorrebbero dei fedeli ubbidienti, dimenticando però che senza la coscienza e la libertà non ci può essere nemmeno l’ubbidienza".
Conci ha ragione: la Chiesa sta intervenendo in modo duro e puntuale su tutte le questioni che innervano il dibattito quotidiano, dalle scuole private all’aborto, dalle coppie conviventi ai crocifissi nelle aule scolastiche. Eppure, nonostante tanto attivismo, la voce della Chiesa quando si parla di moschee e libertà delculto di altre religioni si fa meno decisa, è più flebile, quasi generica. Forse, come sostiene Fortin, dietro questo silenzio si cela la paura della forte e partecipata religiosità islamica e musulmana, la paura di perdere centralità nelle dinamiche spirituali delle persone in questocontesto occidentale di secolarizzazione avanzata.
Forse, è probabile. Noi crediamo che un cambiamento possa nascere solo se le persone si rimettono in cammino, se riusciranno nuovamente e diventare"movimento", tanto nella fede, quanto nella politica. Senza questo dinamismo delle persone la Chiesa e i partiti non riusciranno a rigenerarsi eariconquistare l’attenzione ela fiducia di chi l’ha persa o di chi non l’ha mai avuta.
Per questo il falò di Gardolo è stato importante. E per questo è stata importante la presenza del presidente della Provincia Lorenzo Dellai.
"E’ venuto per prendere voti" - hanno sibilato i maligni. E’ venuto a cercarli nel posto giusto - pensiamo noi.