Ingratitudine
Caduto Prodi, la Svp guarda a destra. E si apre il caso di una consigliera mistilingue, che manda in tilt la politica della separazione etnica.
La senatrice Svp Helga Thaler Ausserhofer, il cui cuore politico batte a destra, ha dichiarato di "non piangere né ridere" per la caduta del governo di centro sinistra, di cui il suo partito è stato alleato in quest’ultima legislatura. Decine di volte gli organi dirigenti sono dovuti intervenire per convincere lei e il collega della Venosta Pinzger a non far cadere il governo sui più svariati temi. Commercialista, non ha gradito il giro di vite che il governo Prodi ha cercato di dare all’evasione fiscale, e ha preteso meno controlli.
Ma anche il partito etnico si è affrettato a dichiararsi "libero dagli schieramenti" per le prossime elezioni. Perché in verità anche il cuore della Svp batte a destra. L’accordo con il centrosinistra era dettato da puri interessi di bottega, non certo da orientamento politico. Dopo avere incassato il senatore della Bassa Atesina, che a suo tempo era stato istituito per permettere anche agli italiani del Sudtirolo di avere un proprio rappresentante in parlamento, la Svp aveva cominciato a considerare questa conquista come un merito e non come un patto politico. E il deputato "di centrosinistra", peraltro unico locale di uno schieramento che se li cerca sempre fuori dai confini, ha cominciato appoggiando l’incredibile iniziativa del segretario del partito di far firmare a 115 sindaci la petizione degli Schützen per l’autodeterminazione. Gli altri si sono distinti per il continuo pressing a Prodi nei corridoi del parlamento pochi momenti prima di ogni incerta votazione.
I deputati e senatori Svp, moltissimi dei quali sono separati e/o conviventi, hanno fatto il diavolo a quattro contro il riconoscimento dei diritti civili alle persone non sposate e battaglia campale hanno fatto anche a favore dell’alcool, chiedendo l’innalzamento del tasso alcolico degli automobilisti e della cilindrata dell’auto guidabile dai giovani neopatentati, nonostante le numerose proteste delle associazioni, dei genitori e dei parenti delle vittime degli incidenti provocati dal bere in provincia, una delle più colpite d’Italia da questa piaga.
Ora, dimostrata la "specialità" che sfuma sempre più spesso nella protervia, si proclama il "finalmente liberi". La più coerente, Thaler appunto, rivendica la terziarietà del partito etnico rispetto agli schieramenti politici. "A me non interessano i partiti italiani. - dichiara -Noi dobbiamo fare politica sulle cose concrete nell’interesse dei sudtirolesi". E segnala il rischio di un atteggiamento vendicativo della destra nei confronti di una forza politica che fa parte dello schieramento opposto nel caso probabile che Berlusconi e camerati vincano le prossime elezioni.
E il senatore della Bassa Atesina? Qui si potrebbe fare un patto, suggerisce Thaler. Proposta ripresa anche dal deputato ed ex segretario Brugger. Che riconosce come il governo Prodi abbia fatto grandissime concessioni all’autonomia, senza negare che anche nel tempo del precedente governo di destra si siano "incassate" alcune cose. Dunque noi andiamo per i fatti nostri, pronti a stare con il vincitore di turno, ma nella Bassa Atesina ci piacerebbe tenerci il senatore "strappato" e quindi lì siamo pronti a fare un accordo locale. Come si dice, la botte piena e il marito ubriaco?
La prima reazione dei segretari dei partitini italiani è di rifiuto. Come rappresentanti di partiti romani devono. Poi chissà. In fondo le elezioni con l’attuale legge elettorale sono un giochetto delle tre carte ai tavoli e tavolini delle segreterie e non riguardano elettrici ed elettori, chiamati solo a confermare i listini. Dunque probabilmente un paio di posti per compagni, amici e parenti nei consigli d’amministrazione e il rifiuto si ammorbidirà. Intanto i giornali faranno passare la cosa come un’idea del senatore stesso, in contrasto con il suo partito. Chi si ricorda che la prima idea era proprio della Svp?
Intanto nella Svp si prova a rinnovare: l’esponente degli Arbeitnehmer Hans Widmann non si ricandida più. La sua corrente vuole che si candidi una donna e punta sull’attuale assessora alla cultura Sabine Kasslatter, che però nicchia e sarebbe onestamente una perdita pesante per la giunta provinciale, di cui è una delle esponenti migliori e più aperte. Oltretutto in un settore delicato come la cultura, storia compresa. L’alternativa potrebbe essere Julia Unterberger, avvocata, affiliata per scelta (come tutti i rappresentanti politici degli Arbeitnehmer) alla corrente dei lavoratori dipendenti, presidente della commissione Parità uomo-donna.
Ma le elezioni anticipate che si profilano all’orizzonte si intrecciano oggi con le questioni che turbano il partito etnico legate alle candidature provinciali del prossimo autunno. La questione più bruciante è la decisione su Elena Artioli, mistilingue consigliera Svp nel Consiglio comunale di Bolzano, che nel 2005 destò scalpore essendosi dichiarata italiana. A suo tempo ebbe un gran successo. 787 preferenze, voti italiani andati alla Svp. Avrebbe avuto diritto a un assessorato. Impossibile, decise il partito, è italiana. Buona per tirar su voti, ma non certo per governare a nome del partito etnico. Le hanno affidato incarichi, come organizzatrice di feste ed eventi.
Lei non se l’è presa e si è data da fare. Ma senza abbandonare la sua posizione di mistilingue. Di fronte alla sua richiesta di candidarsi, nel partito è scoppiato un dibattito inusuale. Il segretario calcola febbrilmente quanti voti porterebbe e quanti ne farebbe perdere sull’ala destra, dove ai tre partiti si pronosticano buoni successi. Un’italiana nella Svp va bene per il Comune, ma non per la Provincia? Lei ha proposto di fare una dichiarazione "ad hoc", resa appositamente per le elezioni provinciali, e di dichiararsi tedesca. Bilingue, padre italiano e madre tedesca, sposata con un tedesco, l’interessata non ha problemi. I problemi li ha il partito che improvvisamente si trova a dover affrontare una questione da sempre ignorata, con i trentamila mistilingue resi trasparenti dalle norme che ammettono solo cittadinanze pure.
Artioli pone una questione difficile. Alcuni esponenti di primo piano della dirigenza Svp vivono in matrimoni misti. Questa è una novità, ma soprattutto nuove sono le condizioni in cui questo tema viene affrontato.
Oggi la minoranza non è più in pericolo, non ci sono più ragioni comprensibili alle nuove generazioni per chiedere alle persone di scegliere di schierarsi in un ambito così privato, di sottomettersi al sacrificio morale di mentire a se stessi. Una volta si diceva che non si può essere mistilingue, che fa parte della "natura" di andare di qua o di là. Ora che le identità sono sempre più complesse, e accompagnate spesso da plurilinguismo, la favoletta non regge. Gli esponenti della Svp con moglie italiana chiederanno ai loro figli di rinunciare per principio a occuparsi della cosa pubblica? Per ora sembra prevalere nel partito la tradizionale chiusura.
Questa vicenda mette a nudo la rigidità del sistema etnico, basato sul tabù della purezza etnica e la negazione dell’esistenza delle famiglie mistilingue. Il timore e la speranza è che chi non sa interpretare le esigenze dei tempi, perda consenso. Come è stato per il governo appena caduto.
Ma forse sarà quest’ultimo a salvare la Svp. Il timore di importare il disastro italiano, unito allo squallore dei partitini italiani importati di destra e sinistra, spinge anche molti elettori critici a preferire il solido partitone etnico, che un minimo di decenza lo garantisce. Fino a prova contraria.