Le due Bolzano
C’è la città ordinata, verde e silenziosa; e quella caotica, pericolosa e inquinata.
A Bolzano ci sono due Bolzano. Si tratta di un argomento che taluno ritiene scontato, ma che assume un qualche rilievo, se si tiene conto che i contribuenti maggiori delle casse comunali (che nel sistema fiscale italiano sono di gran lunga i lavoratori e le lavoratrici dipendenti) abitano in quella parte della città su cui si risparmia in investimenti ed impegno.
Alla vecchia separazione di carattere linguistico, con il Talvera a far da confine, contraddetta solo parzialmente dai nuovi quartieri della seconda autonomia in cui la divisione passa per i giroscala delle case IPES, si è sostituita una differenziazione meno lineare. I servizi sociali e sanitari, carenti in modo allarmante in alcuni distretti molto densamente abitati; il verde, le piazze e piazzette, il rumore e il traffico sono gli elementi che determinano l’appartenenza all’una o all’altra città. Che in qualche caso assume forme a macchia di leopardo, ma a grandi linee si vede chiaramente dalle pendici. Si guarda giù e si vedono queste Bolzano tanto diverse.
Dalla passeggiata di Sant’Osvaldo le case appaiono nascoste nel verde. Ci si commuove, di fronte a tanta bellezza, al pensiero che questa giunta comunale permetta di sfregiare l’antica entrata della storica "Promenade", trasformandola in una strada di accesso dei veicoli a motore per nuove case, che avevano avuto, nel momento della concessione edilizia, un preciso vincolo in senso opposto.
Si va poi, a piedi sotto le volute di cemento della gola del Rio Fago, verso il Guncina da cui la sottostante Gries appare ancora ordinata e dotata di spazi verdi fra una casa e l’altra, nonostante che dalla pioggia di cemento della densificazione non sia salvata nessuna parte di città.
Chi invece guardi giù dal Virgolo vede ai lati dell’autostrada solo cemento: da un lato stabilimenti artigianali e industriali, dall’altra quartieri residenziali, al di là dell’area golenale.
Dal lato di Aslago le costruzioni stanno risalendo le pendici, con brutte realizzazioni, e sulla stessa collina del Virgolo, per anni difesa con successo dai tentativi di speculazione, ormai varie case circondate da alti muraglioni hanno sostituito i boschetti. Le pendici verdi, cuore del progetto del piano urbanistico di Marcello Vittorini negli anni Ottanta sono state usate come alibi di una politica di speculazione edilizia che ha segnato la città. E al danno seguono le beffe. Oltre al già costruito, la collina delicata, dove l’acqua è poca e l’accesso stretto, è minacciata oggi da un progetto di cementificazione totale. Perfino il presidente della giunta provinciale si è scomodato per sostenere lo scempio di una delle ultime zone naturali.
Ma è dal belvedere di Castel Firmiano, verso il tappeto verde della Kaiserau, la piana coltivata di Ponte Adige, che si vede avanzare, punteggiato di altissime gru gialle, un fronte di nuovi alti palazzi stretti gli uni agli altri, tanto da sembrare un unico casermone compatto. Dal quartiere di Firmian le varianti al piano di attuazione hanno espulso gli spazi verdi: bambini e bambine, ragazzi e ragazze giocheranno – quando e sarà fatto - nel giardino esterno all’abitato, pericolosamente fuori dalla vista dei genitori. Dovevano essere i quartieri che miglioravano la qualità della vita, ed è una visione sconfortante.
C’è la città che viene presentata al turismo, e al mondo, che comprende i quartieri storici della borghesia tedesca e italiana, il centro, le vie dove abitano o dove vanno ad abitare, dopo poco tempo che ne fanno parte, i membri della giunta comunale (quelli della giunta provinciale abitano quasi tutti fuori città. L’altra, in cui abitano la maggioranza dei bolzanini, non viene esibita. E neppure amministrata. Semplicemente trascurata e ignorata. Nella prima Bolzano si piantano a seconda delle stagioni primule e vezzosi tulipani sempre sostituiti di fresco, nelle rotonde verdi si affollano i giardinieri, che da anni non hanno tempo per potare gli alberi arrivati sottili ai quarti piani della seconda Bolzano; nelle vie si mettono dossi per rallentare la corsa delle automobili, o le sbarre per bloccarle. Nella seconda Bolzano le vie di interi quartieri sono occupate di giorno da code fisse, e la sera ci corrono le auto.
Chi scrive ha sentito raccontare da un abitante che nel quartiere don Bosco hanno luogo gare di velocità e in palio c’è l’automobile di chi perde. Basterebbero dei dossi per scoraggiare i folli, ma alla richiesta di metterli, ci si sente rispondere che i dossi sarebbero "pericolosi". Strano: nella prima Bolzano ci sono, nella seconda fanno male. Così di notte si corre: in via Sassari, sul ponte Druso e in tanti altri posti.
I concerti sui prati del Talvera sono vietati o sottoposti a severissime limitazioni, anche se davvero vicino non abita nessuno. Le manifestazioni allo stadio Druso invece, nel cuore di un quartiere intensamente abitato, non sono sottoposte ad alcuna limitazione né di decibel né di traffico. A Capodanno vengono perfino fatti scoppiare fuochi artificiali, che terrorizzano le persone anziane e in qualche caso sono andate a finire sulle case troppo vicine.
La piaga dei bar rumorosi tormenta gli sfortunati che ne hanno uno nei paraggi. In centro ogni tanto se ne minaccia qualcuno di chiusura, ma in via Sassari o in via Milano, gli episodi spiacevoli per le abitanti e agli abitanti si moltiplicano, senza che ci sia alcun provvedimento.
Il sindaco dice di voler chiudere via Cassa di Risparmio al traffico. Ottima scelta. Però nella stessa strada si vuole costruire un enorme parcheggio e per arrivarci le auto vengono convogliate attraverso i quartieri abitati della seconda Bolzano. Nel progetto di nuovo PUT (Piano urbano del traffico), si enuncia ripetutamente l’obiettivo principale di salvaguardare i "quartieri residenziali" annunciando l’intenzione di spostare il traffico verso gli altri.
Come verranno scelti i fortunati? Una città, salvo le zone artigianali e industriali, di che cosa è fatta se non di quartieri residenziali? Che diversi assessori abbiano le idee confuse o purtroppo, malignamente chiare, lo dimostra la proposta di adibire a residenza costruzioni nella zona industriale, sotto i fumi delle acciaierie. Il giornale Alto Adige ha pubblicato un servizio a sostegno dell’idea, intervistando alcuni che già ora ci stanno. Tutti contentoni. C’è un barista che però abita in centro storico e un signore che prima abitava in una baracca di lamiera e ora ha un alloggio "molto meno costoso" che in altre zone della città, e apprezza che sabato e domenica ci sia una gran pace. Immaginate politici e architetti (e giornalisti) felici di vedere la mattina i loro bambini prendere la bicicletta per andare a scuola caracollando fra i Tir della Fercam che partono e i camion che scaricano le merci agli ipermercati, e i figli e le figlie adolescenti aggirarsi la sera nelle strade vuote fra rivendite di automobili illuminate, supermercati chiusi e tipografie al lavoro e lungo i muri dell’Iveco. O tornare a piedi da teatro – il centro è vicinissimo, dicono - lungo l’arginale di via Galilei. Credetemi, non ci pensano proprio.
Le case e i quartieri non li pensano per sé ma per le vittime del loro cattivo lavoro e dell’avidità. E l’ennesimo quartiere "modello" - ma loro preferiscono vecchie case - viene costruito a poche centinaia di metri dagli scarichi di diossina e di nanoparticelle cancerogene dell’inceneritore.