E’ andata bene: che guaio!
Il successone del Festival dell’Economia è andato di traverso a qualcuno.
Dalle cronache dei quotidiani e dalle lettere ai giornali si ricava una netta impressione: chi, poco o tanto, ha seguito le iniziative del Festival dell’Economia, ne è rimasto soddisfatto, quando non entusiasta. Qua e là qualche critica all’organizzazione (pochi posti per il pubblico, insufficienti le cuffie per le traduzioni...), ma roba da poco. Come mai?
"La grande partecipazione di pubblico - scrive Angelo Conte sull’Adige - non sarebbe stata possibile se non si fosse intercettato il bisogno di una parte del Paese... Certo, il richiamo di personaggi mediatici ha avuto il suo ritorno…, ma il festival ha registrato centinaia di persone a seguire le presentazioni di libri non certo famosi, con autori conosciuti da una minoranza". Insomma, come scrive un lettore, si è manifestata "una grande voglia di capire e di esserci in questo momento storico e anche la voglia di tornare all’agorà lasciando la Tv e le nostre case. La piazza, l’incontro, l’esserci, il parlarne…".
In certi casi l’entusiamo tocca vertici di ingenua esagerazione: "Una bella soddisfazione. Il Trentino può diventare, o forse per certi versi è già una piccola Svizzera".
Tutti d’accordo? Non proprio. Per cominciare esiste - per quanto flebile - un dissenso "di sinistra", rappresentato ad esempio da Francesco Piscioli, che un po’ snobisticamente parla di un "festival delle ovvietà… Nuove conoscenze, saperi, acquisizioni non sono emersi. Tutto quel che è stato detto è risaputo. I partecipanti sono spettatori, commentatori dell’economia mondiale. Non contano nulla sugli accadimenti economici che cambiano la vita del mondo".
Certo, la rivoluzione si farà un’altra volta: ma non conta niente il fatto che migliaia persone si siano accostate ad una vasta serie di grandi tematiche sotto la guida di illustri esperti internazionali?
Altro rilievo critico, ancor meno plausibile, quello rivolto a Dellai, che con questa iniziativa si sarebbe fatto bello: "Lo si deve riconoscere: ha iniziato la campagna elettorale per le Provinciali del 2008 in modo splendido" .
Meno banale, meno gratuita, e non priva di qualche suggestione, l’argomentazione di Ruben Frizzera, che vede nel successo del festival un segno dei tempi: "Non è stato solo un festival dell’economia, è stato molto di più: una sorta di celebrazione religiosa, di pellegrinaggio votivo, di omaggio collettivo alla dea economia. Ormai siamo tutti fedeli, tutti devoti di questa onnipotente divinità e non potevamo dunque che accorrere numerosi ed entusiasti alla sua grande festa... La nuova religione ha colonizzato tutte le anime, tutti i cuori".
Ma per divertirsi davvero bisogna leggere i commenti di alcuni (pochi per fortuna) esponenti del centrodestra. Ad esempio di Walter Viola, consigliere provinciale di Forza Italia, che dimenticando per l’occasione l’ispirazione mercantil-modernista del suo partito, fa l’indignato: "Mi è sembrata un’esagerazione totale. Si è organizzato un festival fuori misura, come se fossimo Roma o Milano e non Trento…. Il festival è costato più di mille euro per ogni trentino e questo mentre la giunta Dellai si appresta ad aumentare i canoni agli inquilini Itea e a mettere una tassa per il fondo sulla non autosufficienza… E’ stato uno schiaffo al Trentino e temo che il riscontro mediatico sia servito solo alla giunta Dellai, perché mi chiedo cosa resterà sul territorio". E’ tanto indignato, il Viola, che sbaglia clamorosamente i conti: se avesse ragione, il festival sarebbe costato 100 milioni di euro (se per "trentino" s’intende un abitante del capoluogo, altrimenti si sfiora il mezzo miliardo!), mentre è noto - e il cronista dell’Adige ce lo ricorda - che la spesa è stata di 600.000 euro.
Più prevedibile, gli fa eco il leghista Divina: "Le famiglie chiedono risposte sulle rette degli asili nido: questi investimenti che risposte danno?".
A queste ed altre stucchevoli demagogie (le stesse cose le sentimmo anni fa da parte di chi non voleva il Mart) replica, con santa indignazione, Franco De Battaglia, che sul Trentino del 13 giugno deplora certo finto buonsenso, e denuncia "quell’aria ormai falsa e stantia di troppe nostre valli, dove gente ricca fa finta di essere povera, dove tanti si compiacciono, nelle càneve profanate, di un qualunquismo appagato, crogiolato nel berlusconismo sprezzante, egoista e bugiardo, proprio dei servitori, di chi ama sedersi alla tavola imbandita dei padroni. Io da trentino... mi vergogno ormai di questo Trentino che sta diventando servo di chi se lo compera...
Sono soldi ben spesi, quelli del festival, perché ci hanno rotto le palle tutti i discorsi ‘trentini’ dei trentini, che tradiscono il Trentino svendendolo".
Quanto a quei 600.000 euro, sono bene spesi, perché hanno consentito ai cittadini di sentire qualcosa di diverso dagli "insulti grevi di una certa compagnia di giro in Consiglio provinciale, quella sì troppo ben pagata".