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Candidati a destra: si gioca per perdere?

Nei collegi senatoriali il centro-destra sceglie il candidato più debole. Tranne in Valsugana: ma lì, il sen. Gubert...

C’è addirittura chi parla di "desistenza", di accordi sottobanco (tra Malossini e Dellai) per far perdere il centro-destra. Infatti se a sinistra molto si è pasticciato come da pezzo precedente, a destra sembra quasi si voglia, deliberatamente perdere.

Prima considerazione: fra i candidati non c’è nessun nome non diciamo di spicco, ma nemmeno nuovo. Il che conferma la difficoltà del centro-destra trentino ad accreditarsi nella società civile: cercano sempre un nome forte come candidato sindaco o presidente della Pat, e mai lo trovano. A dire il vero in queste elezioni il nome forte non lo hanno nemmeno cercato, come peraltro gli avversari dell’altra sponda: uno dei frutti perversi del nuovo sistema elettorale, che prescinde dalla credibilità dei candidati. E allora avanti con i soliti noti, la nomenklatura da sistemare.

Giacomo Santini

Solo che il giochetto delle liste bloccate ed elezioni automatiche, funzionante alla Camera, in Trentino non vale al Senato. Da noi vale ancora, a differenza del resto del paese, il testa a testa, in ogni collegio si confrontano i candidati dei due poli. Quindi ridiventa necessario schierare i nomi più forti.

E qui casca l’asino. O meglio, la destra si complica la vita da sola.

Iniziamo da Trento. Dove gli avversari dell’Unione avevano già fatto i loro pasticci, schierando, invece di Giovanni Kessler, candidato naturale e iperfavorito, Giorgio Tonini, residente a Trento ma in realtà qui paracadutato per volere di Roma. A questo punto per il centro-destra la partita si riapriva: con Giacomo Santini, già europarlamentare e consigliere regionale. A dire il vero in quest’ultimo ruolo Santini si era dimostrato del tutto inconsistente, al punto di far dubitare del suo lavoro, poco conosciuto ma abilmente propagandato, nella lontana Bruxelles. Comunque Santini, phisique du role appropriato, ottimo sarto, fama di cattolico moderato, e soprattutto trentino, era un’alternativa credibile a Tonini, romano di origini e di imprimatur politico.

E invece Forza Italia che ti fa? Sposta Santini in Valsugana, e fa correre a Trento il leghista Sergio Divina. Questi alle ultime comunali aveva ottenuto un discreto risultato personale, ma rispetto alla Lega, nota formazione estremista per la quale raggiungere il 5% è un successone: ma per arrivare al Senato al 5 va aggiunto uno zero. Mission impossible: "In Trentino è forte lo spirito solidaristico, con le sparate contro gli immigrati non si va lontano" ci diceva tempo fa un altro esponente della destra, Taverna.

Secondo collegio: Vallagarina. Candidato naturale, Marco Zenatti di An, ex-Dc, niente di speciale ma alcuni anni fa a Rovereto per pochi voti non riusciva a diventare sindaco. E la Casa delle Libertà che fa? Vi sposta Ivo Tarolli, "dead man walking", morto che cammina, dopo la caduta di Fazio di cui era stato strenuo e stolto sostenitore, e soprattutto dopo la pagliacciata dei 5 milioni di contributo alla Curia rapinati alle casse pubbliche e poi a furor di popolo rifiutati. Oltretutto Tarolli a Rovereto è fuori zona, nelle vesti di parlamentare aveva "lavorato" (cioè scovato finanziamenti clientelari) per il suo collegio, quello di Trento; e ora tutto il "lavoro" gli va in fumo. Probabilità contro il sindaco di Riva, il margheritino Claudio Molinari? Zero.

Infine la Valsugana. Dove senatore uscente è Renzo Gubert, della Cdl. La quale silura Gubert e vi sposta Santini. Quindi contro il margheritino (e ladino) De Tomas, deputato uscente, correrà il candidato probabilmente più forte del centro-destra, Santini appunto. Solo che anche qui succede il pateracchio: Gubert non molla la presa e si candida per conto suo, fungendo da terzo incomodo. In pratica speranze non ne ha; però può portare via a Santini una quota di voti consistente, forse decisiva.

Renzo Gubert

Ma che senso ha la candidatura Gubert? Vediamo meglio, perché la cosa è istruttiva.

Renzo Gubert è un cattolico verace, diciamo pure che è un integralista. Peraltro assolutamente coerente, lo ricordiamo nel ’68 a Sociologia (!) portare avanti le sue idee: allora apparivano particolarmente strampalate, e il giovane una bizzarra macchietta; "però lui è così" si diceva, e c’era anche un pizzico di ammirazione.

Un tipo siffatto che ci fa nella Casa della Libertà? In un ambiente in cui la cultura è quella del successo, soldi e sesso? E’ quanto gli avevamo chiesto cinque anni fa, nella scorsa campagna elettorale. "E’ vero – ci aveva risposto – Però d’altra parte c’è la sinistra, con la sua visione su famiglia, aborto, scuola pubblica, che io non posso non combattere. Quindi scelgo il centro-destra".

Questo allora. Cosa è successo intanto?

"Quel discorso è sempre valido. Però sono successe altre cose – ci dice – In Parlamento si è visto che la priorità alla famiglia, nella pratica, quando si arriva ai soldi, non c’è. Tremonti non ha avuto dubbi a cassare una mia legge di sostegno alle famiglie. Non solo: c’è l’aspetto morale. I condoni, i premi per chi truffa lo Stato, le leggi ad personam. Io ho votato contro: chi governa deve dare l’esempio, non può sottrarsi alla legge."

Basta? Non basta.

"Il fatto più grave è stata la guerra. Con la finzione della ‘missione di pace’. Non si può prendere in giro il papa dichiarandosi d’accordo con lui, e poi mandando i soldati in Iraq. Di qui la rottura"

E così le strade di Renzo Gubert e della Casa delle Libertà si sono separate. E Forza Italia rischia di perdere anche la Valsugana.