La grancassa
Il vizio residuo dei quotidiani locali: creare notizie roboanti per piccoli avvenimenti.
Riempire la pagina di questa rubrica è divenuto via via più difficile durante questi ultimi anni: buon segno, d’altronde, vuol dire che la qualità dei nostri quotidiani locali, da cui traiamo spunto per le nostre osservazioni, è migliorata. E in effetti sono lontani i tempi in cui pullulavano le pubblicità mascherate e in cui sbattere il mostro in prima pagina era una pratica quotidiana. A tener duro rimangono le enfatizzazioni, i grandi titoli sul poco o nulla; i quali, quando sono accompagnati da superficialità, sciatteria e magari scarsa dimestichezza con l’italiano, fanno ancora un certo effetto (fra l’ilarità e l’indignazione, dipende) e ci inducono a citare e a commentare.
Un esempio di questo genere – innocuo, peraltro - lo troviamo sul Trentino del 13 febbraio, ad opera per di più di due giornalisti ricchi di esperienza quali Concetto Vecchio e Sandra Mattei. "Scoperta a Povo la biblioteca di Renato Curcio" – dice il titolo a piena pagina, e già qui ci sarebbe da ridire, visto che in realtà si tratta semplicemente (come detto più sotto) di "una fila di libri". Ma come stanno le cose?
Intorno al 1967 il futuro capo delle Brigate Rosse prese affittò un appartamento presso Mattarello insieme all’amico, Ettore Camuffo. I due, un paio d’anni più tardi scompaiono dalla circolazione senza avvertire nessuno, senza pagare alcune mensilità dell’affitto e lasciando dei libri, che l’erede del padrone di casa conserva ancora. "Un tesoro mantenuto in perfetto stato" – annotano i cronisti. Che non stanno parlando di antichi codici miniati, ma, appunto, di "una fila di libri che fotografa la biografia di quella generazione che reputava sacro il primato della politica".
Poca cosa, come si vede: non è che sono stati scoperti i depositi sotterranei dell’antica biblioteca di Alessandria distrutta dal fuoco. Ma il tono è quello.
E quasi che i due antichi amici fossero Verlaine e Rimbaud, sembra importante annotare che Curcio "sottolineava i classici del marxismo con penna fine, attento a non sporcare troppo", mentre Camuffo "a differenza di Curcio li sottolineava con penna Bic (e perché non una biro d’altra marca? Del tesoro fa forse parte anche la penna?, n.d.r.) rossa, o calcando con forza la matita, segno di carattere sanguigno".
"E da allora – è la conclusione dell’articolo - la biblioteca (ancora!, n.d.r.) di Renato Curcio fa bella mostra di sé nella villa degli Angelini".
Questo è un esempio divertente e innocuo di grancassa giornalistica; meno simpatica un’altra perla, che troviamo sull’Adige del 17 febbraio. "Cogestione con sbronza. Ragazzino ricoverato per aver bevuto troppo" – suona il titolo, e subito uno s’immagina un’aula scolastica dove dei giovani, col pretesto di svecchiare il tran tran dell’attività scolastica, in realtà si dedicano all’alcol, e magari al sesso. Ma tutto per fortuna si chiarisce quasi subito: "Non è accaduto dopo una serata al bar, bensì durante l’orario scolastico nell’abitazione di un compagno di scuola… I ragazzi, approfittando dell’autogestione, ieri avevano deciso di non andare a scuola, ma di ritrovarsi tutti a casa di uno di loro, in Clarina". Insomma, qui la colpa è tutta di chi ha fatto il titolo. Maldestro o malizioso?
Ma il campo d’azione privilegiato dell’enfasi (oltre alla cronaca nera, dove però prevale piuttosto la logorrea) è lo sport. Anche qui – va detto – le cose sono migliorate, ma se a vincere una gara olimpica è un atleta regionale, l’antico vizio torna a far capolino, con un linguaggio fiorito che sembra aspirare alla poesia, con risultati piuttosto deludenti. Un assaggio:
"Armin Zoeggeler… anche a Torino nuovo Re Mida, è riuscito a trasformare nel metallo più prezioso la sua seconda pelle dalle lame affilate... Quella che Zoeggeler ha compiuto nel freezer a forma di cannolo di Cesana è un’impresa…".
Quanto a Zorzi, il suo arrivo vittorioso al termine della staffetta di fondo è "una farfalla (che spot per il Trentino…) che vola leggera sulla neve, apparentemente senza sforzo e senza fatica, perso in un sogno con il quale solo i generosi e i puri di cuore riescono a sintonizzarsi… Se n’è andato da solo, il cavallo pazzo delle Fiamme Gialle… Zorro ha capito che i suoi nemici li può battere e abbattere anche a colpi di fioretto ed ha deposto la clava dell’impulsivo, ma non ha ancora violentato la sua natura di showman".