Dellai insiste: il portaborse dirigerà la ricerca
E’ ufficiale: Alessandro Dalla Torre, da segretario di Dellai a dirigente dell’Itc. Le luci e ombre del mestiere di portaborse, le motivazioni del presidente dell’Istituto, Zanotti, le valutazioni di Zampiccoli (Forza Italia) e Bondi (Ds).
Un mestiere difficile, quello del portaborse. Sicuramente indispensabile, per alcuni anzi di un’importanza straordinaria per il buon funzionamento dell’amministrazione pubblica, per molti invece emblema di un modo di fare politica clientelare e paternalistico, la figura del portaborse (per usare un linguaggio più forbito: segretario particolare, capo di gabinetto o altro) assume caratteristiche proprie: il rapporto personale che giocoforza si instaura tra il politico e il suo stretto collaboratore, custode di molti segreti, frequentazioni, amicizie, decisioni, talvolta affari, rende davvero inconsueta questa professione. Legato a doppio filo con il proprio datore di lavoro, che potrebbe "licenziarlo" di punto in bianco per motivi prettamente politici o addirittura personali, il collaboratore-segretario, specie se nella sua vita non ha svolto se non quel mestiere, è costretto spesso ad obbedire controvoglia, quasi sempre ad applaudire il capo, raramente a contrastarne le scelte. Non a caso, secondo il dizionario De Mauro, è definito come "collaboratore, assistente o segretario di un personaggio importante, spec. nell’ambiente politico o accademico, nei confronti del quale ha un atteggiamento di ossequiosa subordinazione".
Se il portaborse è bravo, può fare un salto di qualità. Può essere il consigliere del politico, può esserne il "ghost writer" (l’autore vero ma sconosciuto di articoli e interventi); può esserne il braccio destro in termini operativi: incontrare consulenti, docenti universitari, sottosegretari; può arrivare a sottoporre al politico le problematiche già inquadrate, proporre lui le soluzioni. Ma non deve essere troppo bravo. Può lavorare molto nell’ombra; ma mai uscirne; e soprattutto mai, mai fare ombra.
Per questo è un lavoro svolto da giovani di belle speranze e spesso di buone capacità. Ma è anche un lavoro da abbandonare: ad un certo punto non offre più prospettive, rimane aleatorio e legato alle fortune e alle scelte altrui.
Ed è proprio questo il passaggio più delicato: in quale settore l’ex portaborse potrà trovare l’agognato posto fisso in cui esprimere le proprie potenzialità? Ovviamente in qualche ente parapubblico, meglio se per chiamata, meglio su nomina politica. Qui casca l’asino: il titolo di portaborse non è sufficiente, anzi non serve a nulla nel normale mercato del lavoro. Il politico di riferimento deve fare l’ultima concessione al fido scudiero: trovargli un posto.
E’ stata l’ultima intervista di Dellai (per Capodanno su TCA) a fornirci lo spunto per questo approfondimento.
Con faccia tosta berlusconiana (ma con maggior professionalità: Dellai le racconta che sembrano vere; ad esempio, sembrava accoratamente sincero quando lamentava che in Trentino non c’è sufficiente dibattito, e che si dovrebbero istituire sedi opportune per avere un confronto con chi non la pensa come lui. E poi sono dieci anni che rifiuta qualsiasi intervista a QT...), il Presidente si è lanciato in veementi difese del proprio operato. In particolare sulla nomina del suo portaborse Alessandro Dalla Torre a dirigente dell’Istituto Trentino di Cultura: "E’ ora di finirla di chiamarlo ‘portaborse del Presidente’, il suo titolo è ‘capo di gabinetto della presidenza della Giunta della Provincia autonoma di Trento’". Un ruolo da far tremare i polsi sembrerebbe, dove si matura una straordinaria esperienza spendibile per una radiosa carriera lavorativa.
In realtà, come abbiamo visto, l’esperienza del "segretario particolare" è indubbiamente significativa; ma altrettanto indubbiamente nulla ha a che vedere con mansioni amministrative, o di direzione della ricerca. Poi sulla persona Dalla Torre abbiamo riserve specifiche: come scrittore è un disastro (su di lui abbiamo più volte satireggiato, vedi Barocco politichese o Perseverare diabolicum), si esprime appunto in un barocco politichese che sembra già una parodia; e quando parla è lo stesso. Potrà quindi essere bravo, avveduto e anche saggio (come alcuni testimoniano) nei rapporti interni al mondo politico; dubitiamo però che il suo orizzonte, ma anche il suo linguaggio, gli permetta di avere rapporti fattivi, per esempio, con il mondo delle imprese.
Insomma, la sua nomina all’Itc continua a sembrarci uno scandalo. Ne abbiamo voluto parlare con chi lo ha materialmente nominato, il Presidente dell’Istituto, prof. Andrea Zanotti.
"Alessandro Dalla Torre è una bella risorsa. L’ho conosciuto nel ’95, quando ho collaborato con il Comune di Trento per ‘Civitatum Concilium’ e lui era nel gabinetto del sindaco (Dellai) e ne ho apprezzato la capacità di visione organizzativa. Ora qui all’Itc abbiamo il passaggio da Ente funzionale a Fondazione, con molti fronti aperti: ho pensato che fosse una situazione in cui metterlo alla prova. Di qui un contratto a termine, fino a che durerà questa fase di transizione, al massimo 18 mesi; e poi andremo tutti a casa, Dalla Torre compreso, e ci saranno nuove nomine".
Quali sono le competenze amministrative di Dalla Torre? Io non ne vedo.
"Non sono competenze tipicamente amministrative: l’attività dell’ente è articolata in quattro plessi: amministrativa, contabilità e bilancio, personale, supporto tecnico alla ricerca (manutenzione delle officine ecc)...".
Tutti ambiti in cui le competenze di Dalla Torre sono zero.
"E’ stata propalata una bufala: che Dalla Torre viene a sostituire il direttore generale Mario Tonini, al limite della pensione...".
E’ da sei mesi che lo si dice, e puntuale è arrivato il primo passo, la nomina a dirigente.
"Questa storia io nemmeno mi prendo la briga di smentirla, perché non sono matto. Dalla Torre avrà ben altri compiti: collegare l’Itc con il territorio e con la politica. La nostra è una struttura di ricerca territoriale, questo rapporto è inscindibile; e a noi serve una persona che abbia esperienza di rapporti politici territoriali, e la presidenza della Provincia, in cui ha lavorato Dalla Torre, è un osservatorio importantissimo. E inoltre, l’Itc è una macchina complessa, 500 persone...".
Ma allora Dalla Torre è un Turrini in pectore! E quali competenze di gestione del personale avrebbe maturato da segretario di Dellai?
"Se l’Itc è un ente complesso, la Pat lo è ancora di più".
Escludo che Dalla Torre abbia mai avuto alcuna voce in merito al personale della Pat.
"Sono convinto che non tenesse solo l’agenda del Presidente. E credo che una persona intelligente, che ha capitalizzato certe esperienze, possa trasferirle anche in ruoli in cui non è specializzato. Noi puntiamo su delle capacità potenziali. Poi, naturalmente, possiamo anche sbagliare: investire su una persona è sempre una scommessa".
Passiamo a sentire altre voci. L’opposizione in Consiglio Provinciale, su questo come su altri temi, è stata particolarmente inerte. Non vale neanche la pena sentire il capogruppo di Forza Italia, Mario Malossini, che è di fatto, nonostante tutte le continue, indignate smentite, acquisito alla maggioranza. Sentiamo invece il segretario provinciale dello stesso partito, Ettore Zampiccoli.
"Dalla Torre sul piano personale avrà le capacità adeguate, probabilmente. Però, più che del singolo, preferisco parlare del sistema".
Alt. Come mai voi del centro-destra siete così riluttanti a parlare della persona Dalla Torre? Qui parliamo della nomina di un incompetente, ed è una questione innanzitutto di persone.
"Io non voglio dare giudizi sulle persone. Dico che titoli o non titoli, ci sono degli autodidatti che poi conseguono brillanti risultati. Però è chiaro che la sua nomina è dovuta a meriti politici. E, appunto al di là della persona, questo è l’ennesimo episodio di gestione di soldi e incarichi pubblici al di fuori di ogni regola di trasparenza e garanzia di pari opportunità per tutti. E negli ultimi anni questo andazzo si è aggravato, e si sono poste le basi per ulteriori degenerazioni: con le Spa provinciali (sono una ventina, e ora si aggiunge l’Itea) in cui la Pat è dominante come capitale, ma non c’è alcun controllo.
E si arriva a queste nomine. Il paradosso è che mentre i privati fanno assunzioni attraverso una selezione anche dura, l’ente pubblico promuove per meriti politici".
A capo delle Spa provinciali Dellai ha finora nominato persone come Dalmonego, Postal, Duiella, Merler, che sono o dirigenti provinciali, o persone di assoluta fiducia, sue creature. Ma sono tutte persone dalla competenza indiscussa. Con Dalla Torre abbiamo invece la nomina del fedelissimo incompetente. Non è un salto di qualità?
"Sì, qui non c’è neanche il curriculum. Questa nomina è un ulteriore aggravamento dell’uso della discrezionalità: si dividono i cittadini in due categorie, la serie A (legati ai carri politici) e la serie B (quelli che non si legano)".
Mauro Bondi, consigliere provinciale dei Ds, è una voce fuori dal coro. Mentre il suo partito è appiattito sull’operato della Giunta, Bondi rimane una voce critica, anche se un po’ isolata.
"Sul caso Dalla Torre io vedo due problemi. Il primo è la percezione del cittadino, per cui in Provincia è prioritario essere amici degli amici. Di conseguenza, qualsiasi segnale proveniente dal Palazzo che confermi questa impressione, è di per sé un fatto negativo. Se all’amico del presidente si spalancano le porte che per altri, con gli stessi titoli, rimarrebbero chiuse, si dà un pessimo segnale e si aumenta il discredito della politica.
Secondo problema: l’Itc è un ente pubblico, non privato: e deve concedere a tutti coloro che hanno i titoli, di accedere, paritariamente, ad un posto. E’ questa la ratio dei concorsi pubblici. Anche se Dalla Torre fosse bravissimo, perché gli altri trentini, altrettanto bravissimi, non possono accedere a quel posto di dirigente?"
Poi c’è la competenza tutta da discutere.
"Faccio un esempio. Il presidente Dellai, e prima di lui Andreotti o Malossini, ha capacità indiscusse, politiche e relazionali; ma non ha capacità tecniche, e non potrà mai diventare dirigente della Provincia. E a maggior ragione il suo segretario avrà sicuramente acquisito capacità politiche e relazionali, ma non da dirigente, di cui non ha i requisiti tecnici".
Zanotti afferma di averlo assunto proprio per tessere rapporti con il territorio.
"E non ci sarebbe nulla da ridire se lo avesse assunto come proprio segretario; ma invece è assunto con il contratto e le funzioni da dirigente. Il che è oltre tutto un pessimo esempio per i giovani: non conta studiare, contano le amicizie. Dellai predica bene e razzola malissimo: predica la meritocrazia e promuove gli amici.
Il risultato è disastroso dal punto di vista simbolico: il segretario del Presidente che diventa direttore dell’Itc è un messaggio devastante".