Mercatino di Natale: non esageriamo
La grande soddisfazione per l’affluenza ai mercatini di Natale non può che essere condivisa da quanti hanno operato per far vivere il periodo natalizio in modo da evidenziare la collaborazione fra diversi mondi economici, culturali e dell’impegno sociale.
Credo che possa essere opportuno prestare attenzione alle preoccupazioni avanzate da Melchiorre Redolfi , là dove avverte di non correre il rischio di trasformare la proposta dei mercatini di Natale in una fiera, cosicché nella logica del "di tutto e di più" si vada a smarrire il senso di un’operazione di promozione della città di Trento basata sull’originalità delle sue risorse storiche, monumentali, culturali ed economiche per annegare invece nella logica della massa dei visitatori, privilegiando i numeri rispetto alla qualità.
Ciò che si deve evitare è la tentazione di espandere a dismisura la proposta, invadendo piazze su piazze, viste le richieste di altri espositori ingolositi dalle tante presenze di visitatori, poiché si finirebbe per omologare l’esperienza di Trento a quella di qualsiasi altro centro. . Ne risulterebbe snaturata la caratteristica peculiare della realtà altoatesina e trentina.
Il successo dei mercatini di Natale e il forte tam tam pubblicitario stanno diffondendo la moda e ad imitazione nascono mercatini natalizi in ogni dove. Claudio Facchinelli, preso da entusiasmo per i buoni risultati, sottolinea che "i mercatini sono un fenomeno economico", cogliendone un aspetto che potrebbe andare in rapida riduzione qualora venisse estrapolato dal contesto, dall’aura che concorre a spiegarne l’effettivo successo. Esso è collegato con la natura della città, con la sua offerta paesaggistica e culturale; ed i nessi con una forte presenza culturale devono essere rinforzati, non depressi. Pena il progressivo declino della capacità di attrattiva: infatti perché mai, in futuro, col proliferare di mercatini di Natale, una persona già venuta a Trento dovrebbe tornarci? Potrebbe scegliere, magari solo per il gusto di cambiare, di andare a conoscere un altro contesto, un’altra proposta merceologica, ma anche, e soprattutto, sociale ed ambientale.
Non credo poi che i luoghi di Trento debbano essere considerati ed utilizzati come contenitori. Vanno riscoperti nella loro natura storica, nella loro bellezza artistica. Piazza Duomo, cuore di questa nostra città, non può essere occupata per cinque settimane da casette e bancarelle: pena la derubricazione del suo valore monumentale e l’impossibilità per l’occhio del visitatore di apprezzarne la bellezza. Semmai si devono studiare collegamenti con iniziative di valorizzazione del bene culturale in essa conservato – dalla basilica paleocristiana, al Duomo, ai palazzi rinascimentali, alla chiesa dell’Annunziata, alla splendida fontana settecentesca del Nettuno – in modo che musica, teatro, letteratura, arte possano offrire al visitatore dei mercatini quel di più di attrattiva incentrato sulla conoscenza di una cultura, che faccia la differenza fra una visita ai mercatini di Trento e a quelli di un’altra città.
Da anni si è cercato di introdurre una mentalità di promozione urbana non meramente commerciale, ma aperta ad un’idea di promozione in senso largo: promozione umana, degli aspetti della persona che vanno dal sociale al culturale. Anche le categorie economiche, gli operatori del centro storico hanno bisogno di entrare in un ordine di idee che colleghi il loro lavoro ad una funzione di piena collaborazione sociale. E’ per questo che non credo si possa slegare il discorso sull’evoluzione futura della proposta per il Natale da un ragionamento più ampio.
In questo senso appare assai miope la scelta dell’Apt di Trento/ Monte Bondone di escludere dall’esecutivo la rappresentanza del Comune di Trento, fatto che risulta ancora più assurdo quando si nota l’esclusione anche degli operatori del Bondone; e ciò a fronte di un fortissimo impegno dell’Amministrazione comunale sia per finanziare le iniziative di promozione urbana, sia per il Patto territoriale del Bondone. A questo punto i cittadini possono davvero chiedersi se abbia senso continuare ad investire in un settore che considera solo parte degli iscritti a alcune categorie economiche, sottovaluta l’ascolto delle altre voci o ignora le proposte provenienti dal dibattito cittadino.
Il piano culturale di Trento ed il Piano strategico della città sono stati elaborati con esponenti dei vari ambienti sociali ed economici, molti documenti sono stati sottoscritti con il dichiarato intento di mettere in rete esigenze di natura diversa ma fra loro non solo compatibili, ma passibili di reciproco rafforzamento.
Mi auguro che i "segnali" non troppo positivi emersi in questi ultimi tempi, a partire dal cambio di direzione dell’Apt stessa, possano dar luogo ad un dibattito franco e preludere ad una rinnovata volontà di positive interazioni.