A Trento: Gelsomina Bassetti
Gelsomina Bassetti si presenta con una mostra molta ampia a Trento, città in cui è nata (Hotel Trento, fino al 30 novembre, a cura di Hansjörg Gruber, testo in catalogo di Giovanna Nicoletti) dove l’ultima sua personale risale a una dozzina d’anni fa. Più recentemente, circa tre anni fa, un ciclo di dipinti esposto alla galleria Buonanno di Mezzolombardo ci fece conoscere la direzione della sua ricerca, di cui vediamo oggi il fecondo sviluppo.
Lo spazio e il tempo della sua figurazione non sono il "qui e ora", sono dimensioni meditative. Ma non c’è nulla di evasivo in quei suoi personaggi che riconosciamo, nella maggior parte dei casi, come femminili, nonostante l’esiguità di caratteri sessuali evidenti. E’ femminile il loro rapportarsi allo spazio e alle energie del mondo, il loro cercare una sintonia arcana col suo mistero, non un dominio. Infatti, la figura è senz’altro protagonista dell’immagine e del racconto, ma non lo è meno lo spazio in cui è immersa: si può dire che il vero soggetto è il loro legame. Un personaggio tiene in seno una piccola pianta, in un contesto che prende i verdi dorati di un’oasi. Una donna dorme sul fondo chiaro del mare, avvolta da pesci, o forse lo sta sognando. Un’altra sente se stessa, il proprio corpo, come una pianta, nella visione notturna di un argenteo fronte di tronchi di betulla.
Diversi sono gli esempi, nell’apparente semplicità delle invenzioni visive e dei rimandi simbolici, che parlano non solo e non tanto di un’armonia cercata, ma spesso di una nostalgia di quel legame. E anche della sua perdita, laddove Gelsomina Bassetti estende la meditazione, nei suoi modi squisitamente pittorici, alle inquietudini che ci attraversano ("Spanisch Bild", 2004: forse una metafora della conquista della propria identità, quadro vibrante, cromaticamente prezioso e impregnato di una simbologia vagamente religiosa), fino al trauma della guerra ("Una guerra da niente", 2004, quadro affidato in pari misura allo strazio cromatico, allo sconvolgimento dei piani, all’evocazione di certi precedenti pittorici del ‘900; oppure "Pioggia rossa", 2004, "Dentro la terra il canto" forse la più dolorosa delle immagini proposte, in un contesto che comunque, come è stato notato, evita sempre l’ostentazione del dolore).
Queste intenzioni poetiche, Gelsomina Bassetti le persegue usando l’olio non nelle sue potenzilità mimetiche ma con effetti simili alle terre, e in altri suoi modi stilistici raffinati: quell’esaltazione, nei corpi, di volto mani e piedi, lasciando il resto a una semplificazione quasi arcaica; quella lavorazione del fondo così da farne spazio indiviso, indefinito, nel quale la figura, più che poggiare, levita.