Fine di un’epoca
Come e perché a Bolzano ha vinto un sindaco di centro destra.
Primo. Mai più un sindaco di Bolzano sarà monolingue. Sullo schermo, alla famosa trasmissione del Sender Bozen, che si chiama Pro und Kontra, appare il nuovo sindaco di Bolzano, che risponde per una ventina di minuti alle domande pressanti che un giornalista gli pone. Come farà senza maggioranza (ha 21 consiglieri su 50)? Che farà se la SVP non accetterà di entrare nella sua giunta? Quali sono le sue scelte di governo principali o più urgenti? Come riuscirà a tenere a freno i partiti estremisti che fan parte della sua coalizione, ma anche a evitare la ripetizione di episodi come quello di Tremonti, che ha dichiarato di non voler parlare con chi non sa l’italiano? Benussi è un moderato, così si dichiara lui stesso, è benvoluto nella parrocchie, non andrà a votare al referendum sulla fecondazione assistita, ma cosa dirà Berlusconi domenica sera quando verrà a festeggiare il sindaco in piazza Vittoria, "perché di lì è partita la sconfitta di Salghetti" (Michaela Biancofiore, coordinatrice di Forza Italia)?
Seggi del Consiglio comunale di Bolzano
(Fra parentesi, i voti ottenuti nel 2000)
AN 10 (12), SVP 8 (9), MARGHERITA 6 (7), FI 5 (-), DS 4 (5), VERDI 3 (4), UNITALIA 2 (2), LISTA BENUSSI 2 (-), RC 2 (1), ENROSADIRA 1 (-)
Con i resti: PROJECT BOZEN 1 (1), COMUNISTI ITALIANI 1 (-), LEGA NORD 1 (-), UDC 1 (-), DEMOCRAZIA CRISTIANA 1 (-), ITALIA DEI VALORI 1 (-), SDI 1 (1)
2° turno
Salghetti
25.612, appoggiato da SVP, DS, Project Bozen, SDI, RC, Margherita, Italia dei valori, Verdi, UDC.
Benussi
25.619, appoggiato da AN , Unitalia, FI, Democrazia Cristiana, Lista Benussi, Lega Nord
(Enrosadira e Comunisti italiani hanno fatto dichiarazione di voto per Salghetti, ma non si sono apparentati).
Sono domande che la città di lingua tedesca, e non solo, si fa, di fronte a un cambio epocale che, dopo gli anni rassicuranti della naturale coalizione DC-SVP e quelli meno scontati del centrosinistra, ha portato sulla sedia di sindaco il capo di una coalizione in cui ci stanno anche le ali estreme, Unitalia e Lega Nord. Ed ecco il primo evento inaudito: il sindaco parla il tedesco, bene, senza foglietti scritti, come mai
era avvenuto nella storia di Bolzano da quando il sindaco Perathoner era stato deposto dalle squadracce fasciste, nel 1921, con l’eccezione di Lino Ziller, nel dopoguerra. Era accaduto anche qualche giorno prima, quando i due candidati sindaci al ballottaggio si erano presentati alla tribuna RAI per un confronto. E quei 340 voti in più al secondo turno, negati alla SVP e dati al sindaco di destra, nel centro storico, tradizionale residenza di abitanti di lingua tedesca, bruciano forse più di quelli dei quartieri periferici che hanno buone ragioni di sentirsi trascurati poiché gli viene richiesto come un fatto naturale di "accettare che in una città ci siano delle differenze di qualità fra un quartiere e l’altro". Dunque sia pure in modo ridotto, comincia un voto trasversale, favorito dal sistema elettorale dell’elezione diretta del sindaco.
Secondo. La SVP deve decidere per la prima volta se partecipare a un governo a titolo etnico, usando un dispositivo dello Statuto. Il centrodestra aveva chiesto alla SVP che non desse indicazioni di voto al ballottaggio, come se i 25.000 cittadini di lingua tedesca non fossero dotati del diritto di scegliere i propri amministratori. Nel Consiglio comunale per la SVP sono stati eletti gli esponenti più a destra, quelli che chiedono (e ottengono purtroppo) le case di riposo tedesche separate, e il privilegio dei commercianti del centro.
Mentre i DS si accaniscono a scaricare le conseguenze del loro malgoverno sulla persona del sindaco Salghetti (cui si può imputare la debolezza verso i suoi assessori, ma di cui nessuno può mettere in forse l’onestà e la dignità), e a chiedere nuove elezioni con evidenti infondate aspettative taumaturgiche, e mentre la Margherita si affanna a smentire spostamenti di suoi aderenti verso la coalizione vincitrice (ma l’assessore provinciale Cigolla tace), la SVP si spacca fra chi "mai con la destra" e chi nel partito pensa non si possa ignorare il voto popolare e teme che una seconda votazione darebbe a Benussi una maggioranza anche più grande. La SVP a Brunico ha fatto l’accordo col Polo, a Brennero un esponente di Forza Italia entra in giunta, e a Merano le prime dichiarazioni del sindaco erano a favore di un accordo col partito di Berlusconi. A Bolzano invece Pichler Rolle, vicesindaco uscente e Obmann del partito ne ha fatte di tutte. Vicino alla destra, ha voluto candidarsi sindaco, e dopo il risultato del primo turno (non buono per lui e il suo partito), invece di sostenere Salghetti, come ha fatto Durnwalder, ha traccheggiato per tre o quattro giorni, dicendosi incerto fra i due contendenti. E’ stato un segnale deleterio per l’elettorato SVP di Bolzano, cui ha mandato poi una lettera dai toni apocalittici, evocando un nuovo fascismo se avesse vinto il contendente Benussi. Ora, ennesima giravolta, annuncia di volersi ritirare nel suo lavoro, giornalista dell’Athesia, e però trascina il partito in una posizione che rifiuta ogni trattativa con l’eletto dal popolo, costringendo Durnwalder a lasciargli via libera. In una trasmissione del Sender Bozen, con telefonate del pubblico, è stato fatto a pezzi dai cittadini, che gli hanno rinfacciato protagonismo e miopia politica. Qualcuno, fra cui un mio vecchio amico professore e studioso, obietta che la SVP non può interpretare di volta in volta lo Statuto come garanzia o obbligo (come sciaguratamente per l’articolo 19, trasformato da garanzia di scuola in lingua ad obbligo, con cui impedisce ai bambini italiani di imparare il tedesco con le metodologie didattiche moderne), e osserva che su questa questione lo Statuto afferma che la giunta comunale si forma "in base alla consistenza dei gruppi linguistici". A suo parere, se la composizione è un obbligo, come la SVP interpreta ogni affermazione statutaria, i 21 consiglieri di Benussi sono sufficienti ad ottenere la maggioranza, posto che la SVP ne ha 9 di suoi. A meno che, naturalmente, i contenuti del programma non siano conciliabili. Questa interpretazione non è mai avvenuta, perché si è sempre dato seguito a coalizioni, le quali tuttavia aggirano la questione della rappresentanza dei gruppi linguistici. E’ quello italiano che da tanti anni ormai sta al governo sempre con la minoranza dei propri rappresentanti. E non si può più esercitare il potere per motivi politici contro le prescrizioni statutarie. In un dibattito al Mittagsmagazin si è detto che la SVP non può più negare agli italiani il diritto di co-decidere e non può più trattarli come ospiti, perché, "ci piaccia o no, sono cittadini stabili".
Terzo. La città è confusa: sorpresa dal cambiamento, voluto dai più, ma che impaurisce per i saluti fascisti e l’arroganza che a fatica il sindaco eletto tiene a freno; addolorata dall’umiliazione del galantuomo Salghetti, tradito dai suoi, dai DS e dai verdi che hanno puntato a un sindaco debole con 7 voti di vantaggio e che invece per 7 voti ne hanno regalato uno di destra (scrive Tribus sulla TAZ: "Mi ha telefonato un esponente dei verdi tutto sconvolto e mi ha detto: se sapevo che sarebbe finita così sarei andato a votare"); alleggerita dall’uscita dal Comune degli assessori protervi, ma incredula nel vederli ancora impegnati a dividersi i posti nelle circoscrizioni e pronti a scatenare la polemica suicida fra di loro; in attesa della sostituzione dei pretoriani nei lussuosi posti di sottogoverno; spaventati (gli anziani sudtirolesi) dalla lettera elettorale dell’Obmann della SVP Pichler Rolle che prospettava un nuovo fascismo.
Molti cittadini non pensano a una catastrofe, ma sono preoccupati, perché non si sa che cosa vogliano fare davvero i vincitori, temono gli estremisti, e hanno la sensazione che ancora prevalgano le ragioni di partito e di sopravvivenza politica personale rispetto al bene comune, proprio ciò contro cui hanno votato.
Quarto. Il nuovo sindaco sorride molto, incontra tutti, cominciando da Rifondazione, smorza i toni e corregge la coordinatrice di Forza Italia che tende a trascendere, cerca di tenere a freno i saluti romani e le canzonacce fasciste di Unitalia, spera di controllare Berlusconi che viene a cantar vittoria (dopo che Biancofiore ha cercato in ogni modo di impedire la candidatura di Benussi, proposto da AN) e forse - spera qualcuno - a cercare una soluzione con la SVP. La sua maggioranza sembra per ora assecondarlo. La sua mancanza di esperienza può farne una facile preda per i trabocchetti dei politici consumati (in tutti i sensi), sia amici che nemici. Per ora fa il "sindaco cittadino".
Molto dipenderà dalla sua abilità politica. Qualcuno dice che la potente Compagnia delle Opere gli sta vicino. E’ il presidente della San Vincenzo. Ha dichiarato che non andrà a votare al referendum, come il vescovo. Se riuscirà a imporre un governo di ampia maggioranza, guadagnando con le proposte concrete di contenuti e persone un consenso che vada al di là del risultato elettorale, andrà avanti. Altrimenti saranno elezioni, invocate già a gran voce da Ds, Verdi, Margherita.
Quarto bis. Il risultato di eventuali elezioni dipende anche da che cosa farà Benussi nei suoi 30 giorni: se saprà dare un’immagine positiva, la sua coalizione crescerà. E naturalmente dipende da chi sarà il nuovo candidato sindaco del centro sinistra: Salghetti ha dichiarato finito il suo impegno politico diretto, e il resto è il deserto. Molti aspiranti, nessuno con chance di successo, soprattutto dopo lo sgambetto a Salghetti. Negli ambienti di lingua tedesca contrari alla riuscita di Benussi, si va cercando disperatamente un sindaco italiano di centro sinistra, moderato, non politico, si dice. I giornali sono tutti da una parte, ma non sono stati decisivi per i loro beniamini. Con i giornali che sono sempre più succursali delle segreterie dei partiti è difficile che qualche cittadino accetti di correre il rischio di linciaggio preventivo.
Quinto. Dopo il primo turno, solo la SVP, che comunque manteneva solidissime maggioranze, ammetteva di avere perso. In provincia la SVP ha perso 37 consiglieri, a favore dell’Union che è andata da 37 a 53, dei Freiheitlichen (da 5 a 11), dei verdi (da 16 a 26, ma sconfitti a Bolzano), e soprattutto delle liste civiche, vero fenomeno i cui consiglieri sono cresciuti da 122 a 190, mentre i ladins sono diminuiti da 11 a 7. Fine dell’esperienza dei ladini organizzati politicamente come gruppo etnico. I partiti di centro sinistra hanno ridotto la loro presenza sul territorio soprattutto periferico (da 115 a 83), mentre quelli di centro destra sono più o meno stabili (da 60 a 59), ma sempre meno dei primi. Alcuni sindaci sono stati mandati a casa da crolli epocali. Un quarto sono nuovi. Alcuni sono stati costretti per la prima volta a un ballottaggio, come a Bressanone l’Arbeitnehmer Pürgstaller, che ha vinto al secondo turno contro una coalizione ecosociale che ha saputo raccogliere la fronda borghese e la richiesta di innovazione della conservatrice città vescovile, ma il cui capo, Hans Heiss, ritornerà al suo seggio di consigliere provinciale, dopo di che l’opposizione non avrà più un capo. Pürgstaller farà una coalizione con i vecchi democristiani locali: fine della speranza di cambiamento, almeno per la popolazione italiana e interetnica. A Brunico il sindaco Tschurtschentaler perde voti e invece di governare insieme al più votato degli italiani, nonché da tutti rispettato Franco Nones, fa l’accordo col Polo. A Merano la SVP guadagna il sindaco, un regalo dei verdi che non hanno voluto fare l’accordo per un sindaco di centro sinistra, che, come ha accusato a più riprese Arnold Tribus dagli spalti della TAZ, sarebbe stato facile obiettivo se non prevaleva l’egoismo partitico. Infine, le liste civiche sorgono su temi concreti, il traffico o questioni di carattere ambientale, o per reagire al fenomeno dei sindaci prepotenti (i Dorfkaiser, gli imperatori di paese, come sono chiamati). Se si riuniscono in rete, come è accaduto negli ultimi anni in Bassa Atesina e nell’Oltradige, si tratta di scambi di opinioni o di sostegno reciproco. Ma non pare emergere un’alternativa che renda stabile un processo di democratizzazione della società che continua a essere prigioniera dei vincoli della dominanza del partito unico.
Sesto. Ma per la prima volta, anche per il futuro della SVP, ciò che conta è Bolzano, il capoluogo, il luogo della contraddizione, della modernizzazione a correnti alterne, della mancanza di qualità ambientale. Bolzano, il luogo della convivenza, delle potenzialità sempre in attesa di essere sviluppate, della multiculturalità voluta e dovuta. Qui si misurava la differenza fra una politica di centro sinistra e le altre possibili. E lunedì 23 Bolzano si è svegliata "nera".
All’immagine struggente del sindaco Salghetti che lascia il Municipio che ha retto per 12 anni, due anni da commissario e dieci da sindaco, con due sacchetti di carta contenenti tutti i suoi effetti personali, si contrappongono i festeggiamenti degli esponenti di Unitalia, che davanti allo stesso palazzo pubblico, poco dopo, cantano canzoni fasciste e salutano romanamente. Il nuovo sindaco, senza esperienza politica, sembra consapevole che la sua vittoria è il prodotto di una reazione alla prepotenza, all’incapacità di ascoltare, alla cementificazione e all’inquinamento piuttosto che merito della sua coalizione. Dalla città si levato un grido di sofferenza, di protesta per la trascuratezza, di insofferenza. La risposta è stata: non ci sono problemi, Bolzano è al top di tutto nelle statistiche.
I partiti e i mass media, che hanno appoggiato i partiti maggiori di centro sinistra, hanno cancellato il dibattito sui problemi concreti, hanno fatto del loro meglio per ridicolizzare chi si sforzava di indirizzare le scelte dei cittadini sulla base delle questioni reali, e di proporre persone nuove, e hanno spinto a un voto di protesta. Ora distorcono i dati per presentare il risultato come un avvenimento etnico. Per fortuna i migliori fra i commentatori nazionali si sono guardati dal seguire questa linea. Come Stella sul Corriere, che ne ha dato una lettura pacata. E anche nella stampa di lingua tedesca c’è chi dice: prendiamo atto che il popolo ha scelto un nuovo sindaco e diamogli la possibilità di governare.
E ora? La domanda è di un amico su un balcone aperto verso il Rosengarten in una sera di piena estate alla fine di maggio. Questa città sarà capace di esprimere rappresentanti in grado di parlare a nome di concittadine e concittadini di culture diverse, che apprezzano il luogo in cui vivono, ne accettano le differenze, e non pretendono miracoli, ma di essere rispettati?
I giocatori d’azzardo gridano al lupo, dopo aver umiliato il galantuomo Salghetti. Il sindaco Benussi ci prova. Bolzano è in mezzo al guado. E nei momenti difficili si sente forte la mancanza di luoghi di confronto cui possano partecipare i cittadini. Manca la RAI, che segue intensamente ma solo in lingua tedesca e che non è più condizionata dalla par condicio come in campagna elettorale. Il popolo può solo aspettare, non partecipare. E’ il Sudtirolo. Fra qualche settimana sapremo se e come si vogliono affrontare nodi per troppo tempo lasciati irrisolti.