Legittima difesa o licenza di uccidere?
Una proposta di legge degna del Far West.
E’ noto che in uno Stato di diritto, specie se democratico, il monopolio della forza, della sicurezza dei cittadini e dei loro beni, della prevenzione di atti criminali, della giustizia e della eventuale punizione di chi viola la legge, appartiene esclusivamente allo Stato. In altre parole è vietato farsi giustizia da sé. Salvo che in casi eccezionali, quando lo Stato non ha, per esempio, il tempo materiale di intervenire subito per la difesa di un bene tutelato. Nel nostro codice penale l’articolo 52 regola uno di questi casi sotto il titolo di legittima difesa: "Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio o altrui contro il pericolo attuale di una offesa ingiusta, sempre che le difesa sia proporzionale all’offesa".
Principio fermissimo della giurisprudenza è che la valutazione della proporzione tra aggressione e difesa spetta al giudice, e così quello della necessità e del pericolo attuale. Se, per fare un esempio, un contadino spara ad un uomo che gli sta rubando qualche grappolo d’uva nei campi di sua proprietà, il giudice non riconoscerà gli estremi della legittima difesa. Se invece durante una rapina l’aggressore spara per impadronirsi di gioielli o di denaro, verrà considerata dal giudice proporzionata la difesa dell’ aggredito se a sua volta spara e uccide il rapinatore. Molto più complicato da decidere il caso in cui il rapinatore ha l’arma spianata ma non ha ancora sparato, pur avendo un atteggiamento minaccioso. Ma non è questo il punto: per un giudice sarà sempre difficile decidere, ma in ogni caso la decisione spetta a lui.
Nell’aprile 2004 la Commissione Giustizia del Senato ha approvato una modifica gravissima dell’attuale articolo 52 trasformando la proporzionalità in una presunzione assoluta (togliendo al giudice il relativo giudizio) qualora il fatto si svolga in uno dei luoghi indicati dall’articolo 614: abitazione, luogo di privata dimora, appartenenze di esse, quando il criminale non desiste o vi è minaccia di aggressione.
Esemplificando: se un ladro si trova nella casa altrui, nel box dell’auto, in giardino, nell’ufficio o nel negozio e non abbandona il bottino (non desiste) ma fa intuire una minaccia di aggressione, lo si può uccidere anche se è disarmato e solo, con la sicurezza di essere giustificati (in base alla nuova norma), non potendo più il giudice fare il giudizio di proporzionalità né quello di attualità del pericolo.
Quando ho letto la nuova proposta di legge avanzata dai "garantisti" della maggioranza berlusconiana, mi è venuta in mente la famosa legge di Lynch, cioè l’esecuzione sommaria, non preceduta da regolare processo, compiuta da privati cittadini nei confronti di chi sia o sia ritenuto colpevole di certi reati (furto di cavalli). Sembra che il termine derivi dal nome del capitano William Lynch (1742-1820) che viveva e operava in quei lontani tempi in Virginia. Forse si vuol tornare a quei tempi? E in quella che viene definita la patria del diritto?
Non vi è dubbio, scrive Paolo Pisa nel numero di luglio del mensile ‘Diritto penale e giustizia’ che "il legislatore si appresta a dare un chiaro segnale nella direzione dell’autotutela esasperata, di una giustizia ‘fai da te’ che sottintende l’invito ad armarsi e a difendersi a tutti i costi. Scampoli da Far West".
Eppure l’onorevole Berlusconi e il suo ministro degli Interni vanno ripetendo che la criminalità è in diminuzione e che le città sono più sicure, specie dopo la costituzione dei poliziotti di quartiere. A proposito, chi li ha visti? A parte i poliziotti fantasma, se il Parlamento alla ripresa autunnale approverà la proposta della Commissione Giustizia del Senato l’Italia si allontanerà di un altro passo dal diritto europeo e dai principi della Dichiarazione dei diritti dell’uomo.