Luci ed ombre del mito americano
Lo Smuin Ballet di San Francisco, con due lavori di ispirazione diversissima, sull'11 settembre e su Gershwin. Conclusione? Ci si aspettava di più.
Le aspettative del pubblico, che al Teatro Sociale attendeva con trepidazione l’irrompere sulla scena delle gioiose e schioppettanti coreografie dello Smuin Ballet di San Francisco, sono almeno in parte state disattese; la serata è cominciata infatti con un pezzo alquanto drammatico, Stabat Mater, ispirato alla tragedia dell’11 settembre. La musica di Dvorak, particolarmente amata da Michael Smuin, ha acquistato nuovi significati in relazione a quel tragico evento ed è stata trasformata in colonna sonora di una coreografia emblematica, carica di dolore ma anche di speranza.
Nei giorni seguenti all’attentato, Smuin rimase particolarmente colpito da una tra le tante immagini trasmesse ininterrottamente dalla televisione: quella di una donna che, durante i funerali di un pompiere, improvvisamente s’irrigidiva, cadendo all’indietro in modo innaturale. È proprio questo curioso movimento a fare da leit motiv dell’intera coreografia: le ballerine, in segno di perdita e di lutto, cadono una dopo l’altra ma vengono poi sospinte verso l’alto, in un turbinio di lanci carichi di sentimenti speranzosi.
Quella di accostare nella stessa serata Stabat Mater e il molto più disimpegnato Dancin’ with Gershwin appare una scelta singolare, dettata probabilmente dalla volontà di mettere in luce i tanti, a volte contraddittori, volti della storia americana.
Decisamente diverso è infatti lo spirito che anima Dancin’ with Gershwin, una sorta di patchwork musicale creato dall’accostamento di alcune tra le più belle canzoni del celebre compositore. La principale fonte d’ispirazione che Michael Smuin ha seguito nella creazione delle sue coreografie è senz’altro la musica, ma egli dichiara di essere fortemente debitore nei confronti del cinema muto, di cui ama l’efficacia espressiva nonostante l’assenza delle parole. E per Smuin la danza è proprio una forma di racconto, in cui si mescolano tecniche e generi diversi e che non disdegna l’utilizzo di effetti scenografici ammiccanti al mondo dello spettacolo.
Solo alcuni tra i tanti -forse troppi- pezzi proposti sono però riusciti a coinvolgere veramente il pubblico, mentre gli altri sono risultati monotoni e retorici; il tanto annunciato effetto d’intrattenimento non è quindi del tutto riuscito e la serata lascia aperto un inquietante dubbio sui reali propositi del coreografo americano che, nell’incontro pomeridiano con la stampa, si è lasciato sfuggire una battuta piuttosto infelice riguardo alla sua indiretta fonte d’ispirazione: il compenso finale!