John Cage al Mart
Un simposio internazionale sull'artista organizzato dal Mart: un evento fatuo e solo mondano, brutto inizio dell'attività del nuovo museo.
Lo scorso anno, per ricordare la portata rivoluzionaria di John Cage, il Conservatorio di Riva fu sede di un fortunato quanto interessante convegno sulla sua opera, di una serie di concerti e di una mostra. Storici della musica, musicisti, intellettuali vi erano convenuti, dando ottime nozioni a chi conosceva poco quest’artista. Il direttivo del Mart si attarda in questa celebrazione, ma non sfrutta le possibilità del nuovo polo museale.
Organizza un simposio internazionale dal titolo "John Cage. Il silenzio della musica". Scopriamo poco dopo che il titolo del simposio coincide col titolo del libro che viene presentato. Dopo l’interessante intervento di Daniel Charles, conoscitore dell’opera musicale di Cage (l’unico che vi accenna seriamente) e dopo gli interessanti interventi di Denis Curti, Antonio d’Avossa e Massimo Donà, ascoltiamo le noiose parole del sociologo Saverio Monno che esordisce con: "Tutta la vita di Cage si è basata sul caso" (c’era bisogno di scomodare la Sociologia per affermare un assunto simile?), poi ci parla della vita privata di Cage, di come ha incontrato per caso la macrobiotica, per caso Schoenberg, sempre per caso l’I-Ching, cose che la dicono lunga su quanto il prof ha capito del concetto di caso.
Sul finire della serata chiedo al filosofo Massimo Donà se ha gradito l’intervento del collega. Mi risponde che l’ha trovato divertente, e che vige la libertà d’interpretazione. Je suis d’accord, ma credo che ci meritiamo di meglio. La ciliegina sulla torta ce la mette la potente (una vera voce «potente»!), baronessa Lucrezia De Domizio Durini, curatrice della mostra e autrice della maggior parte del libro "John Cage. Il silenzio della Musica". Sbalordisce quando racconta l’emozione nel trascorrere una settimana nel loft di Cage post mortem, e nello scoprire che per casa girava ancora il gatto di Cage: "Pensate - dice - ha 22 anni e non è ancora morto", e come questo gatto si incontri col gatto di Merce Cunningham. Poi, quasi a mo’ di diktat, afferma che solo chi vive esperienze simili al fotografare il gatto di Cage e le tazze, la teiera, la pianticella, la polvere nel tavolo, ovvero l’aria della cultura, può scrivere libri! Ancora più imperdonabile è che non sia dia la possibilità allo straripante pubblico non dico di obiettare, ma di approfondire qualche aspetto, di rivolgere una domanda all’ammutolito Daniel Charles, rimasto un po’ annoiato dalla mondanità dell’evento.
Non era meglio, caro direttivo, invitare personalità un po’ più legate all’opera musicale che ci parlasse un po’ meglio dell’omaggio musicale di Pimenta, Music for J. Cage, che è seguito nella serata, invece che annoiarci con parole autocelebrative?