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Nascere in Trentino

Massimo Cecconi

Sulla vicenda dei punti nascita degli ospedali trentini periferici si è discretamente parlato, ma l’informazione non è circolata abbastanza e non sempre in modo uniforme.

Dopo l’annuncio di inizio estate sui quotidiani locali che la Provincia decretava la soppressione dei Punti Nascita di Riva, Tione e Borgo, molti, chi con tempismo chi con ritardo, si sono sollevati. E molti lo hanno fatto in nome del proprio orticello, mancando per lo meno di spirito di solidarietà.

Pur avendo l’interesse a difendere il reparto Maternità dell’Ospedale Civile S. Lorenzo di Borgo Valsugana, con una lettera inviata all’assessore provinciale Magnani lo scorso 23 ottobre, il sottoscritto difendeva indiscriminatamente tutti i nostri Punti Nascita (pur essendo quello di Borgo il terzo come livello di sicurezza, se si esclude quello del Santa Chiara che ospita anche tutti i casi più gravi), in un sistema tecnico-organizzativo che ha dimostrato sul campo di portare ai più alti valori di sicurezza di tutta Italia e fra i più alti del mondo quelli relativi alle sale parto trentine. Un sistema da imitare, dunque, non da smantellare!

Purtroppo più di due anni fa vi fu un caso di asfissia neonatale al reparto Maternità di Borgo Valsugana, così come già avvenuto del resto in altri reparti Maternità trentini negli anni precedenti. Ma in quell’occasione si arrivò a scrivere sui giornali: "Si nasce a rischio nelle vallate" e poi: "Mamme, perché rischiare?" e, rincarando la dose, "Chiudere i centri piccoli e poco attrezzati", col discutibile messaggio che solo a Trento c’è sicurezza!

Risultato? Come riportato da Il Trentino lo scorso 12 novembre, i punti nascita periferici sono stati "massacrati" soprattutto dagli addetti ai lavori, che hanno contrapposto l’efficienza dell’ospedale Santa Chiara ai rischi per la madre e per il bambino nei punti nascita degli ospedali di Cles, Cavalese, Tione e Borgo, incapaci di garantire un’assistenza di qualità in caso di emergenza. Ovvero, in quell’occasione, persone ignoranti hanno fatto circolare quelle voci diffamanti, smentite dagli stessi dati statistici (su cui qui non posso dilungarmi ma che possono ritrovarsi sulla rivista specializzata "Il Neonato trentino" vol.1-2-3-4).

Ma la gente legge e, ingiustificatamente, si spaventa e migra nei punti nascita del capoluogo credendo di trovarvi maggior sicurezza che nell’ospedale di valle.

Come non bastasse, di questi stessi giorni è la notizia del millesimo bebé nato al S.Camillo di Trento che, in modo evidente e, a mio modesto avviso, poco elegante, si fa una vera e propria autocampagna promozionale parlando di sicurezza, serenità e comfort senza minimamente accennare al fatto che queste qualità si ritrovano ugualmente in tutti gli altri punti nascita trentini, valligiani compresi, o cercare di interpretare oggettivamente una tale aumento dei parti. Del resto un proverbio dice: "Chi si loda, s’imbroda". Insomma, sembra che negli ultimi tre anni si sia cercato di stravolgere con maggior impeto un sistema già di per sé perfetto (sebbene in alcuni ospedali minori gli operatori siano costretti a turni, sacrifici e responsabilità oltre i limiti per mantenere tali eccellenti livelli), rischiando di ribaltare gli ottimi risultati, a livello di sicurezza, nel delicato evento della nascita.

Cosa c’è sotto questa tendenza accentratrice? L’assessore Magnani, dopo il crescere del malcontento nelle valli colpite dall’iniziale decisione provinciale di cominciare a chiudere alcuni dei punti nascita periferici, ha fatto dietro-front, dando sicuramente prova di saggezza e di disponibilità che, spero, nulla abbiano a che vedere con la campagna elettorale ormai in corso. Questo è un serio tema che riguarda le coscienze, non si tratta di costruire o meno un’autostrada. Quindi manteniamo e, piuttosto, potenziamo un sistema tecnico-organizzativo che è già praticamente arrivato alla perfezione.

Ma come potenziare? Nella mia lettera all’assessore Magnani ho cercato di dare delle possibili e semplici soluzioni. Non torniamo ai tempi del feudalesimo in cui vi sono i nobili ed il popolino, i privilegiati e gli svantaggiati. Ovvero, nella nostra provincia non vi devono essere né lupi né agnelli. In particolar modo sapendo che tutti gli operatori di questo settore hanno contribuito a raggiungere dei risultati che tutta Italia e gran parte del mondo non possono che invidiarci.