Lettera da Gaza n°3
Nella giornata del 17 ottobre un atto criminale si è consumato per mano dell’esercito israeliano nel campo profughi di Rafah, a sud della Striscia di Gaza, nel "Block O", la zona del campo che si trova sul confine con l’Egitto.
La disciplina temporanea stabilita nel 1993, durante i trattati di Oslo, affida il controllo di tutti i confini dei Territori Palestinesi alle forze di sicurezza israeliane, compreso il confine a sud con l’Egitto. Con l’inizio della seconda Intifada, "ragioni di sicurezza" hanno permesso all’IDF di compiere diverse incursioni con carri armati e bulldozer in tutta quest’area, creando una ulteriore terra di nessuno lungo il confine; ciò ha causato la demolizione di centinaia di case e il danneggiamento di diverse infrastrutture (rete idrica e fognaria), peggiorando le già precarie condizioni della popolazione palestinese, per lo più profughi del ’48, e facendo di quest’area una zona di attrito tra forze israeliane e combattenti palestinesi. Ogni notte al "Block O" si consumano numerosi scontri a fuoco, spesso provocati dal tentativo di gruppi armati palestinesi di attaccare gli avamposti militari, il che offre il pretesto all’IDF di rispondere colpendo la popolazione civile. Spesso è la stessa IDF ad aprire il fuoco sulle case, durante la notte, per intimorire la popolazione.
Verso mezzogiorno del 17 ottobre un tank israeliano è penetrato nel campo profughi di Rafah ed ha sparato diversi colpi di grosso calibro contro la gente che sostava lungo la strada. Gli obici hanno colpito uccidendo 6 persone e ferendone più di 70. Un’ora e mezza prima dell’attacco nella zona erano iniziati scontri a fuoco, ma questo rientra nella tragica quotidiana normalità della gente del "Block O". Infatti, nonostante gli spari, la gente ha continuato a sostare all’esterno delle case e nessuno poteva immaginare che il tank sopraggiunto risalisse lungo la strada e sparasse contro i civili, anche dove non c’erano scontri a fuoco. L’IDF si è difeso dichiarando di aver solo risposto al fuoco e che le vittime erano in gran parte armate.
Fatma aveva 70 anni e viveva nel campo per rifugiati di Rafah. Era una rifugiata del ’48. Samira, 30 anni, era sua nipote, venuta dall’Egitto, dove viveva, per rendere visita ai suoi parenti. Fatma e Samira erano come d’abitudine sull’uscio di casa quando il tank ha sparato. Testimoni ci hanno raccontato che la forte esplosione provocata dal carro armato ha ridotto in frantumi i vetri delle finestre e scoperchiato le case. "In una frazione di secondo tutto è diventato morto" - ci hanno detto. Le schegge del proiettile del carro armato, che hanno colpito la casa, hanno ucciso le due donne. Fatma ha perso un occhio e una gamba e la ferita che le ha lacerato il ventre l’ha fatta morire in pochi minuti. Uno dei suoi sette figli era in strada assieme ad altre persone. Ferito lievemente, ha soccorso Samira, ancora viva dopo l’esplosione, ma non ha potuto spostare il corpo perché intanto il tank ha continuato a sparare. Samira è morta due ore dopo per dissanguamento, in quanto le ambulanze sono state oggetto del tiro israeliano e non hanno potuto avvicinarsi per soccorrere la donna se non dopo alcune ore, quando per la giovane non c’era più niente da fare. Il marito di Samira non ha potuto vedere il corpo di sua moglie, perché, in quanto egiziano, non gli è stato consentito di entrare nella Striscia di Gaza.
Mohammed, 12 anni, era per strada e non ha fatto in tempo a ripararsi nella bottega dove si stava recando per comprare dei dolci: è stato raggiunto dalle stesse schegge che hanno ucciso le due donne ed è morto.
Said aveva 45 anni e vendeva caramelle. Era nel suo negozio attiguo alla sua casa quando un obice lo ha centrato. "E’ una scena che non dimenticherò mai: vedere la metà del corpo di un uomo volare e ricadere in terra" - ci dice un testimone dell’accaduto, ferito anch’egli dagli stessi colpi che hanno smembrato il corpo di Said, ucciso altre due persone e ferite delle altre che in quel momento erano nel negozio. Dalla casa di Said, dove si trovava sua moglie e i più piccoli dei suoi 14 figli, alcuni parenti hanno tentato di recuperare i brandelli di Said con del filo di ferro; sia per evitare che i figli vedessero la fine del padre, sia per potergli dare una degna sepoltura. Durante il macabro e disperato tentativo di recupero i soldati israeliani hanno continuato a tirare, mirando proprio sui fili di ferro.
Ajman era meccanico e aveva 27 anni. Era nel negozio di Said per fare acquisti per la sua prossima festa di nozze. Le schegge degli obici lo hanno ucciso straziandone il corpo.
Shamia, di 8 anni, abitava nella casa di fronte al negozio di Said. A causa della prima esplosione il tetto della casa è stato scoperchiato e i suoi genitori si sono affrettati a mettere al sicuro i loro sette bambini. Sono riusciti a portare via i figli che erano svegli, mentre la piccola Shamia dormiva. Quando la madre è tornata indietro per prenderla, una seconda raffica di schegge ha investito la casa colpendo Shamia in pieno volto e uccidendola.
Fatma, 70 anni, casalinga. Samira, 30 anni, casalinga. Said, 45 anni, commerciante. Ajman, 27 anni, meccanico. Mohammed, 12 anni, bambino. Shamia, 8 anni, dormiva.