Dieci ore a Roma
La "Festa di Protesta" di Nanni Moretti vista da un giovane universitario.
La piazza è la stessa, e anche il giorno, sabato. La sveglia del cellulare ha lo stesso fastidioso motivetto e si attiva alla stessa ora, le sei. Il tragitto è lo stesso, Bologna-Roma e ritorno, cambiano però i compagni di viaggio e il mezzo di trasporto; questa volta i DS non sono né promotori né organizzatori e al posto del loro treno (costo 5 euro, cestino da viaggio incluso) c’è un pullman (costo 25 euro tutto escluso) affittato da un’associazione bolognese, "Scuola e Costituzione".
Le somiglianze tra questo maxi-girotondo e la grande manifestazione dell’Ulivo del 2 marzo scorso sono molte, ma vi sono anche alcune importanti differenze. Con l’Ulivo mi ero appassionato, e appassionato era stato il mio intervento (Le emozioni di Roma) su questa rivista: "un po’ troppo entusiasta" mi aveva bacchettato il direttore. Probabilmente aveva ragione, per diversi motivi. Gli ottimi propositi enunciati da Fassino e compagni mi sembrarono incoraggianti risposte alle spinte decise di piazza Navona e del Palavobis, il centro-sinistra sembrava indirizzato verso un’opposizione decisa e intransigente sostenuto e incoraggiato con forza dall’elettorato. E invece in questi mesi non si è assistito ad un cambiamento netto: continuano le lezioncine di D’Alema che ci ricorda che "con le marce non si governa", la Bossi-Fini è passata senza eccessivo clamore, la CGIL già isolata dagli altri sindacati è spesso poco sostenuta dai DS, Di Pietro sbuffa per i torti subiti, a seconda, da una delle sue due identità (politico ed ex magistrato) e così via.
Il viaggio trascorre fra la lettura dei quotidiani, le formazioni del Fantacalcio e gli appunti sugli slogan da gridare. Qualche amico già in piazza ci intima di muoverci ("Qui c’è già un casino di gente"); speriamo di fare in tempo, penso tra me e me, non vorrei essere uno di quelli accolti da un boato quando gli organizzatori, come succede, annunciano: "Siamo 1 milione di persone, e ci sono ancora pullman in coda in autostrada!". Finalmente dopo uno spostamento in metropolitana all’interno della quale sembravamo più asparagi che persone, arrivo in piazza. Gli altoparlanti trasmettono già la voce di Moretti tremolante per l’emozione. Quello di Moretti è un discorso davvero bello, bello e inusuale, perché alle classiche stoccate politiche contro l’opposizione, affianca la spensieratezza e la trasparenza di alcune "semplici verità", che raramente i politici dicono per la paura di passare per demagogici e rozzi. Ed è con questa specie di innocenza che si domanda il perché degli sforzi di Fini per affrancarsi dalla storia recente, per poi restare con cinismo all’ombra del Cavaliere in favore di pezzi di potere; che rimprovera i continui capricci dei dirigenti del centrosinistra; che stufo si domanda cos’abbia Berlusconi da ridere sempre, visto che "non c’è niente da ridere".
Sul palco gli interventi si susseguono rapidamente, Don Ciotti, Rita Borsellino… intervallati da stacchi musicali; tra uno e l’altro mi scopro anche fan di Luca Barbarossa, fino ad allora considerato solo il centravanti della Nazionale Cantanti.
Gino Strada, ricordando che "per tanta gente è 11 settembre tutti i giorni", lancia un altro motivo di unità e di protesta: il fermo rifiuto all’ormai prossima guerra guerreggiata in Iraq, a sostegno della quale è già in atto una guerra mediatica che dovrà prepararci ad accettarla come inevitabile, necessaria anzi difensiva.
C’è davvero tantissima gente, la sensazione è che ci sia stata una mobilitazione ancora maggiore del 3 marzo scorso; Paolo Flores D’Arcais battezza questa "festa di protesta" come "la prima nel suo genere in Europa". E’ in effetti impressionate una moltitudine di queste dimensioni per una manifestazione autoconvocata, per un’iniziativa che non è stata organizzata da un organo politico istituzionalizzato, per la quale non c’è stata l’adunata da parte di un partito che - come a volte sa fare - si ripresenta col fascino di una vecchia amante, con un mazzo di fiori, e riesce a mobilitare un esercito di fedelissimi attivisti fatti ripetutamente cornuti.
Furio Colombo, lanciato in un ispirato discorso, ricorda la manifestazione della Lega in contemporanea a Venezia. Questo è un aspetto curioso. Anche durante la grande manifestazione dell’Ulivo di marzo gli attivisti della Lega si ritrovavano, ad Assago, dove si svolgeva il loro quarto congresso. In quell’occasione Bossi lanciava un appello del tutto simile al messaggio portato avanti da questo girotondo. Il Senatur, come Moretti, chiamava i suoi alla "resistenza civile"; era però differente il soggetto contro il quale resistere: "L’Europa, il nuovo fascismo". La stessa Europa sul cui vigile controllo, sui conti, procedure, ecc, confidano milioni di elettori dell’opposizione e non.
Verso le 19, quando già pregustavo il saluto del vecchio, saggio Foa e l’esibizione finale di De Gregori e Mannoia, il bandierone fucsia del mio pullman inizia a richiamarci per la partenza. "Ma è il gran finale, - mi lamento col capogruppo - sarebbe un peccato andare via ora!"
"C’è gente anziana, non possiamo arrivare alle 3 di notte" - ribatte secco lui.