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QT n. 15, 14 settembre 2002 Servizi

All’armi, siam fagiani!

I fagiani “pronta caccia”: polli da allevamento sbattuti nei boschi per essere fucilati l’indomani. Le conseguenze sanitarie ed ambientali: con l’incredibile “trasferimento” dei mustelidi che potrebbero uccidere loro i fagiani-polli.

Alla vicenda, che si ripete ogni anno, della liberazione di migliaia di fagiani "pronta-caccia", si è aggiunto quest’anno un capitolo (ossia una delibera per la cattura ed il "trasloco" dei mustelidi) che da solo la renderebbe paradossale; in effetti non ce ne sarebbe stato bisogno perché già di per sé questa storia del "pronta-caccia" paradossale lo è e mostra quanto poco siano cresciuti i cacciatori trentini, al di là delle pretese dei loro dirigenti e delle dichiarazioni rilasciate ad uso e consumo della propaganda a sostegno della solita ridicola tesi: i soli e veri ambientalisti siamo noi. L’episodio, che ha ulteriormente allargato il già enorme divario tra le posizioni degli ambientalisti e quelle dei cacciatori, mostra anche, vista la presa di posizione dell’assessore Pallaoro che ha votato in suo favore in Comitato Faunistico, in che direzione continuino a rivolgersi le attenzioni dei nostri politici e quanto poco credibili siano i loro inviti al dialogo e alla mediazione. Sulla vicenda il presidente Dellai non si è per ora espresso, ma ci attendiamo qualche sua esternazione sull’inevitabilità anche di questa pratica "in quanto è nel DNA di noi trentini".

Una volpe cacciatore naturale (e quindi da "controllare" o "trasferire") dei fagiani-pronta caccia.
Una faina, cacciatore naturale (e quindi da "controllare" o "trasferire") dei fagiani-pronta caccia.

Ma andiamo con ordine e ripartiamo dal "pronta-caccia". Il termine ha in sé del ridicolo, ma non è un’invenzione degli ambientalisti, essendo invece ufficialmente utilizzato dagli stessi cacciatori. Esso è riferito a degli animali (in questo caso fagiani) che vengono allevati per essere liberati e subito dopo "cacciati". L’esigenza nasce dal fatto che, per legge, i nostri cacciatori devono sparare nelle riserve legate alla loro residenza e non tutte le riserve sono uguali in termini di ricchezza di fauna, anzi alcune sono poverissime. Qui si potrebbe aprire il discorso sul preteso raggiungimento (almeno per gli ungulati) degli indici di saturazione della fauna selvatica su tutto il nostro territorio e dei conseguenti elevatissimi indici di abbattimento concessi ai cacciatori, ma questo ci allontanerebbe dal nostro discorso. Per venire incontro alle esigenze dei cacciatori più sfortunati, quelli cioè delle riserve povere si è inventata la pratica del rilascio "pronta-caccia".

Più che di fagiani bisognerebbe parlare di polli, perché di questo si tratta: animali nati e cresciuti in cattività, in condizioni tali di iper-affollamento che per evitare che si ammalino essi vengono letteralmente imbottiti di antibiotici, come polli da allevamento appunto, solo che nel loro caso il trattamento non viene sospeso in anticipo rispetto al loro consumo, e pazienza per le conseguenze di chi se li mangia, uomini o altri animali che siano.

Il dottor de Guelmi, un veterinario che siede in Comitato Faunistico in rappresentanza di una delle associazioni ambientaliste, li ha definiti "bombe biologiche", denunciando, oltre al rischio antibiotici, anche quello del contagio della fauna con cui vengono in contatto, in quanto essi, animali vaccinati contro varie malattie, si trasformano di fatto in portatori sani potenzialmente infettanti.

Malgrado la gravità dei rischi denunciati (rischio per la salute pubblica !), malgrado sia ampiamente provato che questa pratica non porta alcun beneficio in termini di re-introduzione (gli animali sono totalmente inadatti alla vita selvatica: sanno a malapena volare, non sanno nutrirsi, per loro il bosco è come per noi il deserto e dopo pochi giorni, anche quelli sfuggiti per caso ai fucili, sono tutti morti), malgrado il Piano Faunistico Provinciale (a cura del prof. F. Perco e peraltro non ancora approvato) parli in questi termini: "E’ chiaro che non si tratta di caccia, ma di sparo, con le conseguenze diseducanti e di abbassamento d’immagine"; e ancora: "...la peggiore delle attività abbinate alla prassi venatoria... che non si basa su alcuna motivazione biologica", malgrado tutto ciò, anche quest’anno si è deciso di procedere al rilascio di quasi 20.000 fagiani-polli "pronta-caccia".

Naturalmente, insistendo per far passare una scelta di così dubbio gusto, i rappresentanti dei cacciatori hanno dovuto trovare almeno delle motivazioni e così non ci si è vergognati di scomodare gli "aspetti sociali" (?) delle fagianate (attenzione, sto utilizzando un termine non di mia invenzione, ma utilizzato dagli stessi cacciatori). E’ difficile seguirli in simili elucubrazioni; sarebbe stato più onesto limitarsi a dire che bisogna pur dare un contentino a chi non sa più a cosa a sparare ,e di che cacciatori staremmo mai parlando se non possono sparare?

Resta il fatto che prima di passare al voto, l’assessore ha voluto ribadire la validità delle motivazioni, aggiungendo in sovrannumero anche le motivazioni "politiche" (?). Di male in peggio. Qualcuno ha anche fatto notare che le proteste degli ambientalisti erano assolutamente fuori luogo perché i dirigenti dell’associazione cacciatori sono ben consci degli aspetti negativi di questa pratica e si stanno prodigando per la sua progressiva eliminazione. Infatti il numero dei fagiani immessi nel 2001 (circa18.000 animali) è inferiore a quello dell’anno precedente e quindi basta saper attendere.

Non ho con me i dati precisi, ma ricordo che 3/4 anni fa i fagiani liberati erano stati intorno ai 21.000 e questo porterebbe ad una ventina d’anni l’attesa per vedere la fine del fenomeno. Insomma, perché tanta fretta, signori ambientalisti, imparate ad attendere, la cultura della caccia sta crescendo. Per fortuna non il numero dei cacciatori, mi viene da aggiungere, ed è proprio questo forse l’aspetto che indispettisce maggiormente i loro rappresentanti.

Come detto in apertura, all’abituale vicenda del "pronta-caccia", quest’anno si è aggiunto un nuovo capitolo. I fagiani-polli sono poco adatti, lo abbiamo visto, alla vita selvatica, al punto che, tra il momento della liberazione e la loro fine per mano di eroici cacciatori, il che avviene uno o due giorni dopo al massimo, possono finire predati in altro modo, dai predatori naturali come volpi e mustelidi, con gran beffa dello sforzo dei cacciatori stessi.

Ecco allora la grande pensata: la richiesta di catturare i piccoli mustelidi (faine, ecc.) con gabbie per traslocarli in zone dove non danno fastidio. Richiesta regolarmente concessa dal solito Comitato Faunistico, sempre più agli occhi di molti "Comitato Caccia", che ha pure autorizzato la stessa procedura nei confronti dei corvidi (perfino i polli saprebbero difendersi meglio di questi fagiani!) ed una serie di deroghe per rendere più efficace il "controllo" della volpe.

Quest’ultimo è un goffo eufemismo per non dire uccisione: la volpe non merita neppure lo sforzo del trasloco, essa è comunque da sempre cacciata perché considerata nociva (per gli interessi dei cacciatori, naturalmente).

Poco importa che alcuni tecnici naturalisti, presenti in comitato su designazione della Provincia proprio perché esperti, abbiano evidenziato che gli studi effettuati dal Museo Tridentino di Scienze Naturali sugli escrementi delle volpi dimostrano che i fagiani non rientrano in alcun modo tra le specie cacciate da questo sfortunato predatore.

Non mi soffermo sui corvidi, ma voglio evidenziare che i mustelidi, oltre a rappresentare delle specie non cacciabili e protette in numerosi paesi, incluso il nostro, sono per loro natura sensibilissimi allo stress da cattura ed al contatto con l’uomo. Insomma andrebbero lasciati in pace, altro che spostarli di qua e di là per non dare fastidio ai cacciatori e ai loro polli.

Tutt’altro che pellegrino, poi, è il timore di qualche ambientalista, convinto che pochi mustelidi riusciranno a sopravvivere alla cattura, per cause naturali e meno naturali, non essendo previsti controlli.

Ma così vanno le cose in questo mondo della caccia trentina, che secondo Dellai rappresenta il meglio e che tutti ci invidiano (è possibile, ma questo dimostrerebbe solo quanto disastrosa sia la situazione altrui), e dove, secondo Rigoni Stern, la cui età però giustifica qualche vuoto di memoria, è solo grazie ai cacciatori che c’è ancora fauna selvatica. Pazienza, gli ambientalisti devono esser duri di comprendonio.

A commento conclusivo di questa vicenda, che forse si commenta da sola, citerò un passo di un documento del 1999, a cura dell’Associazione Cacciatori della Provincia di Trento, dal titolo: "Pianificazione dei galliformi -Fagiano, Starna, Quaglia".

Per l’estensore del documento, "oggettive esigenze sociali a valenza venatoria non possono essere stravolte in favore di un perbenismo ecologico o faunistico che rischia di essere semplicemente violento sull’ambiente e sui cacciatori". E così l’inversione dei ruoli è completa: i violenti siamo noi ambientalisti ed il nostro protestare e combattere è solo perbenismo.

Non sarà facile intendersi.