Israele e Palestina, replica a Steinhaus
Mi vedo costretto a rispondere al signor Federico Steinhaus se non altro in omaggio a quella parte di verità scomoda che egli nega definendola falsificazione (Israeliani e palestinesi: non falsifichiamo la realtà), barzelletta o affermando che io non so di cosa parlo, e soprattutto come atto di solidarietà verso il popolo palestinese così gravemente martoriato e offeso non solo dai carri armati di Sharon, ma anche dal tono sprezzante del mio interlocutore. Un tono talmente arrogante e saccente che la dice lunga sulla reale disponibilità al dialogo da parte della maggioranza degli ebrei ed è in palese contrasto con le sue stesse enunciazioni secondo le quali si deve "evitare di dare per scontato che è vero solo quello che afferma una parte". Quando egli accusa Arafat di aver fatto la "scelta della violenza" a Camp David, si dimentica di illustrare quali erano le generose proposte fatte da Barak in quella sede. Firmando l’accordo di Oslo nel 1993 i palestinesi accettarono di ridurre il proprio futuro stato al 22% del territorio della Palestina pre 1948, riconoscendo la sovranità israeliana sul restante 78%. Da quella data però i governi israeliani, in particolare quello laburista guidato da Barak, hanno continuato ad incentivare l’insediamento di coloni, tanto che le unità abitative di questi sono aumentate del 52% con l’insediamento di oltre 80.000 coloni, perseguendo in tal modo la politica del fatto compiuto. Ancora una volta emerge il carattere coloniale di Israele che il sig. Steinhaus involontariamente conferma ricordando come la sua popolazione provenga da ben "110 nazionalità".
Mentre incentivava l’immigrazione in Palestina di ebrei residenti da secoli in altri paesi, a Camp David Barak negava il diritto al ritomo dei palestinesi cacciati dai propri villaggi nel 1948-49. Egli offriva generosamente ad Arafat una Cisgiordania divisa in tre cantoni, con il 10% del territorio in mano ai coloni e un altro 10%, lungo il confine giordano, sotto il controllo militare e civile di Israele per un tempo indeterminato.
Queste proposte, tese a ridurre lo Stato palestinese nascente ad un insieme di bantustan, oltre ad essere umilianti, gli avrebbero impedito ogni possibilità di sviluppo economico ed ogni effettiva indipendenza. Tutto ciò, oltre ad illuminare sulle reali divergenze tra destra e sinistra in Israele, rende più che giustificato il rifiuto dell’Anp di accettare un simile accordo.
Per quanto riguarda le guerre fatte dagli arabi per annientare Israele, che ha sempre "dovuto combattere per sopravvivere", il signor Steinhaus dimentica di dire che questo Stato è sorto in Palestina per volontà delle potenze europee prima e degli Stati Uniti dopo, allo scopo di controllare attraverso di esso un’area strategicamente importante dal punto di vista delle risorse energetiche quale appunto il Medio Oriente. I sensi di colpa degli europei nei confronti degli ebrei, vittime delle persecuzioni nazi-fasciste, hanno permesso ai dirigenti del nuovo Stato di adottare nei confronti della popolazione palestinese metodi analoghi alle persecuzioni subite.
Egli dimentica inoltre che l’"alto livello della tecnologia più sofisticata" che egli vanta per Israele, ha sempre significato anche superiorità di questo stato in campo militare, e se ciò non bastasse ricordo che esso ha sempre goduto e tuttora gode dell’appoggio politico, finanziario e militare della superpotenza americana. Non continuiamo per favore a tirare in ballo i nazisti e i fascisti quando qualcuno parla di ebrei e di Israele come Stato etnico, perché sono proprio gli ebrei, anche se di varie nazionalità, ad essere incitati a trasferirsi in Palestina. I dirigenti israeliani non hanno mai accettato limitazioni in tal senso e in passato non hanno esitato ad eliminare fisicamente chi ostacolava i loro piani, come ad esempio il mediatore delle Nazioni Unite Folke Bernadotte nel 1948.
Che la base ideologica di tutto ciò sia il sionismo, fino a qualche anno fa ritenuto da parte dell’ONU una forma di razzismo e che i dirigenti israeliani abbiano attuato una vera e propria pulizia etnica nei confronti della popolazione palestinese nel 1948-49, non può essere cancellato da alcuna affermazione contenuta nella Dichiarazione di Indipendenza di Israele. L’espulsione di centinaia di migliaia di palestinesi dai loro villaggi e dalla loro terra al momento della nascita di Israele e in seguito con l’occupazione della Cisgiordarùa nel 1967, ha reso possibili i massacri e le persecuzioni nei confronti dei palestinesi da parte dei governi di alcuni paesi arabi, come appunto quello avvenuto in Giordania nel 1970.
E che ne pensa il signor Steinhaus dell’operazione "Pace in Galilea" del 1982, dei massacri di Sabra e Chatila da parte dei falangisti libanesi sotto la regia dell’allora ministro della difesa Ariel Sharon? Massacri in merito ai quali l’Alta Corte israeliana si è recentemente rifiutata di declassificare i documenti, ancora secretati, della commissione d’inchiesta israeliana che indagò su quei tragici fatti, rinviando di cinque anni ogni decisione e cosi dimostrando quanto sia scomoda per Israele quella verità. Scomoda come quella relativa ai recenti tragici fatti di Jenin per i quali, a dispetto di quanto il mio interlocutore afferma, il governo israeliano ha respinto ogni ipotesi di commissione intemazionale d’inchiesta sull’accaduto.
Spero soltanto che non tutti facciano come il signor Steinhaus che rimuove le verità scomode, quelle che rendono la coscienza inquieta, definendole "falsificazioni della realtà storica" o peggio ancora "barzellette". I tragici fatti di Palestina e il difficile momento storico che stiamo vivendo impongono ad ogni coscienza democratica un atteggiamento ben più serio, vigile e critico.