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QT n. 11, 1 giugno 2002 Servizi

Borgo: una vittoria per ko

Laura Froner ha stravinto. Ma ora non potrà limitarsi all’ordinaria amministrazione.

Giorgio Ragucci

Non è stata una vittoria ai punti, è volato un kappaò secco e doloroso: Laura Froner, sotto inaspettate spoglie di Wonder-Woman, ha steso al tappeto Danilo Cenci, colpevole di essere semplicemente un uomo normale.

Laura Froner, sindaco di Borgo Valsugana.

I conti sono noti: per i candidati sindaci 2.188 voti contro 1.661, in percentuale il 56.8% contro il 43.2, successo delle tre liste collegate che ha comportato la sicura maggioranza in consiglio di 12 seggi su 20; in particolare ha brillato la Civitas, con una percentuale di oltre il 21%, davvero un notevole risultato. Eppure, alla vigilia del giorno fatidico, nessuno ci credeva, si scommetteva che avrebbe vinto la normalità contro il "prodigio".

Durante l’ultima settimana, infatti, Borgo era avvolta da una cappa di silenzio pesante come il piombo, regnava una quiete intrisa di veleni, di chiacchiere inutili, persino di calunnie, di cose dette e non dette in pubblico, ma spese negli angoli del paese, nei bar, sottovoce, senza farsi sentire dagli altri da parte di chi, com’è triste abitudine, non ha il coraggio delle proprie opinioni e invece di camminare a testa alta, orgoglioso della propria idea, zoppica e pretende che pure gli altri assumano lo stesso passo. Certo, clamoroso è stato rinunciare al dibattito, un errore imperdonabile, perché si deve mostrare la faccia, qualunque essa sia per proporre quantomeno progetti alternativi, anche se, purtroppo, rientra nel costume paesano eludere lo sforzo dialettico, il confronto, la possibilità del cambiamento in nome dell’inerzia, del vogliamoci bene a tutti i costi, mantenendo una continuità della tradizione che francamente non regge più, una posizione insostenibile che significa ancora una volta la tendenza alla chiusura ed al|l dialogo.

E’ chiaro che non si può essere d’accordo, che è necessario mirare ad una politica più nobile, che superi la superficialità, il silenzio, gli interessi di comodo.

E’ noto a tutti che è stato così per anni ed anni, una comunità formata da Farinoti in giacca e cravatta contro Semoloti in canottiera, privati di quei privilegi di famiglia che lo scudo crociato assicurava alla parte "castellana" secondo una precisa gerarchia di cui facevano parte padroni ed umili servitori e che elevava i primi a rappresentanti della cosa pubblica al di sopra di ogni sospetto e critica. Una situazione lungamente ibernata che è durata pressappoco fino a tangentopoli, agli incidenti di percorso di qualche ras politico locale, cioè, fino agli anni ’90, quando alcune posizioni di sinistra, Verdi e PDS in prima linea, creavano l’eccezione alla regola, con un clima di confronto-scontro dentro e fuori le istituzioni, promotori attraverso mille pene e tribolazioni dei primi esperimenti di centro-sinistra dalle elezioni provinciali del ’94 in poi.

Due anni fa, tutto fu più facile, il cambiamento c’era nell’aria. La resistenza, comunque, è stata forte lo stesso. Nessuno voleva rinunciare allo status quo ormai millenario. In veste di ultimo paladino della vecchia guardia si ripresentò Mario Dandrea, cui non era stato consentito il "premio-partita Provincia" probabilmente perché serviva più a Borgo-Olle che non a Trento.

Laura Froner portava due buone liste vincenti, ma non sufficienti per governare e realizzare il proprio programma. Fu un periodo criticatissimo, deludente per coloro che auspicavano il nuovo, in certe fasi quasi umiliante: non si trattava di discutere sul nuovo assetto di una comunità, di grandi rivolgimenti culturali, si trattava semplicemente di consentire un nuovo corso che si era legalmente imposto democraticamente attraverso il consenso popolare.

Mi sembrava di rivivere un periodo già trascorso qualche anno prima, mi venivano in mente certe oasi di sfacciata illegalità in campo politico-amministrativo dell’apparato pubblico alle quale io, personalmente, avevo assistito e dalle quali mi ero ritirato, inorridito, addirittura cambiando valle.

Durante tale periodo, Laura Froner venne accusata di eccessivo strabismo verso sinistra, sempre da coloro che vedono ovunque fantasmi anziché persone, ed infine, dopo le dimissioni dei consiglieri di minoranza, fu costretta ad interrompere il proprio mandato. Ma fu proprio da questa prova che il sindaco era destinato ad acquisire, a poco a poco, quei poteri "paranormali", grazie ai quali è stata in grado d’inventare persino la cosiddetta "terza gamba", una lista di Centro che doveva mettere in pace la coscienza collettiva, in particolare, quella moderata.

Qualcuno non c’è stato ed ha abbandonato, altri avrebbero avuto voglia di imitarlo, ma poi sono rimasti. Malgrado l’operazione d’integrazione, il risultato elettorale non era scontato, perché in questa lista c’era qualcuno che prestava il fianco all’ironia di facili trasformismi. Il personaggio è simpatico ed assomiglia tanto al fumetto di Tiramolla. Cenci, comunque, ne usciva sconfitto.

Qui s’impongono due brevi considerazioni. La prima è che, con lui sindaco, era prevedibile un ritorno al passato, cioè ad una formula politica ormai esaurita, o forse meglio, se me lo permette l’ex sindaco Mario Dandrea, "trapassata", non tanto in forza del suo mandato, ma quanto di chi l’avrebbe ispirato. La seconda riguarda la scelta della sua candidatura, la cui strategia era stata dettata dal calcolo delle possibilità future, quella di non rischiare troppo al momento presente; in altre parole, alla strategia del tipo "vai avanti tu, che poi vengo io", anche in considerazione del fatto che la presente legislatura risulta monca, anomala, in quanto interrotta dal periodo del commissario.

Alla luce di questi fatti, gli attuali vincitori hanno di fronte una responsabilità molto forte, anzitutto quella di mettere in campo una formazione di giunta compatta all’altezza delle varie competenze. Onestamente, mi sembra che si possa far meglio di prima, perché nella precedente qualcosa non ha funzionato. Il messaggio credo sia molto chiaro e spero arrivi a destinazione. In secondo luogo, se vogliamo che la politica si riconcili con la gente, che sia valore e non solo delega da attribuire frettolosamente solo in periodo elettorale, mi sembra cosa buona che questa giunta assuma una visione più ampia dei problemi e più determinata rispetto al passato, perché non basta l’ordinaria amministrazione; Borgo deve farsi anche portavoce ed interprete di bisogni sovracomunali, interpretando il suo ruolo indiscusso di capoluogo della Valsugana, salvaguardando l’importanza del territorio e della qualità della vita e conservando un patrimonio naturalistico che tanti ci invidiano. Per far questo s’impone l’impegno di affrontare una volta per tutte il progetto della ferrovia-metropolitana di superficie, un’idea già scritta da tanti anni e da almeno 15 oggetto di infinite discussioni, comitati e consulte, un fascicolo nutrito di carte che impoverisce giorno dopo giorno in qualche cassetto del Palazzo e che recentemente urla vendetta più che mai; poi la decisione sulla Valdastico, la più serena e concreta possibile alla luce dei problemi di transito ormai a livello europeo, ma, senz’altro, non in alternativa col progetto ferrovia; il problema Acciaierie sotto il duplice aspetto sia occupazionale che di salvaguardia dell’ambiente; la promozione della Val di Sella; la condizione giovanile (vedasi progetto "Spazio-giovani" da rivalutarsi secondo criteri di maggiore professionalità e di crescita culturale); maggiore sensibilità nei confronti degli anziani sia sul territorio che all’interno dei servizi del presidio ospedaliero.

E’ già un fatto positivo aver iniziato bene due anni fa. Davvero una bella cosa in questi due anni è stata la disponibilità, anche in termini di presenza fisica, in ordine alla realizzazione d’iniziative e di progetti promossi da associazioni, prendendovi parte attiva: una novità rispetto al passato, quando il rispetto rigido dei ruoli, così spesso conclamato come valore, finiva con l’impoverire lo slancio delle nuove idee fino a farle inaridire e poi morire. Come dice il proverbio: chi ben incomincia è a metà dell’opera.