I cento giorni di Caterina Dominici
Quando il destino è crudele e gli uomini sono ingrati.
"Sfoggiava una giacca di seta indiana sopra una dolcevita di cachemire. Calzava scarpe rosse con i tacchi accoppiate alla borsa. Regalo del marito".
Il ritratto, apparso qualche tempo fa sull’Adige, si riferisce a Caterina Dominici, entrata in Consiglio regionale nel settembre scorso al posto del defunto Sergio Casagranda. Ed è una delle infinite punte di spillo, non sempre così bonarie, che la prof. Dominici ha ricevuto sulla stampa locale.
Meritate? Certo ingiustamente aggravate dal fatto ch’è una donna (quando mai si ironizza sull’abbigliamento di un consigliere maschio?), che è un tipo spontaneo (con i relativi rischi) e con qualche smania di protagonismo.
Dette le attenuanti, bisogna però riconoscere che gli sfottò la Caterina se li cerca.
I suoi vagabondaggi ideologici, anzitutto. Nelle sue note biografiche ufficiali questo aspetto è opportunamente omesso, e la memoria non ci soccorre più di tanto: ricordiamo la sindachessa "rossa" di Romallo degli anni ‘80, per ritrovarci oggi una slalomista che, candidata in una lista autonomista alle ultime elezioni regionali, nel gennaio del 2001 si iscrive a Forza Italia, poi entra in Consiglio provinciale come rappresentante di Autonomia Integrale (ma quando lavora come consigliera regionale fa parte dell’Unione Autonomista Popolare, insieme con Paola Conci), e infine, nelle settimane scorse, crea ("come al solito, all’insegna della dedizione al popolo") una nuova formazione, Autonomia Popolare, suscitando le ire di Domenico Fedel, leader di Autonomia Integrale, che la aggredisce "a male parole".
Poco tempo prima, Forza Italia, a cui risultava ancora iscritta, l’aveva espulsa dal partito: "Non abbiamo bisogno di gente come Dominici" - aveva crudamente commentato il coordinatore di Forza Italia.
Arrivata fortunosamente alla carica di assessora regionale alla Cooperazione, non si pretende che in quella veste, e in così breve volgere di tempo, abbia potuto attuare chissà quali progetti. Ma sta di fatto che accanto all’ordinaria amministrazione appena citata dai giornali (49 milioni erogati "per un’analisi delle aspettative dei clienti di una Cassa rurale", 66 "per la realizzazione di un supporto informatico delle Casse rurali", 15 per due "viaggi di studio", ecc.) la sua sola iniziativa di un qualche rilievo sia stata la richiesta di un posto per il marito, il noto poeta inglese David Wilkinson: "Perché non assumete mio marito? - citiamo dall’Adige del 6 dicembre - Lui non solo sa dieci lingue, ma della Russia conosce anche gli aspetti giuridici, avendo fra l’altro ottenuto una delle quattro lauree a Mosca. Caro Grandi, con lui al fianco tutto si risolveva bene".
Il caso Zaffi-Grandi, appunto: uno psicodramma che ben presto rischia di coinvolgere la nostra: "Dominici nella bufera" - titola l’Alto Adige del 28 dicembre, notando che la Dominici, appena una ventina di giorni dopo l’insediamento ad assessora, si trova nel bel mezzo di una crisi dagli esiti incerti. Lei vorrebbe resistere, opporsi al crudele destino che si va profilando: "L’ingresso in giunta noi lo abbiamo guadagnato in 5 mesi di trattative…Ricordo a tutti la mia coerenza" - protesta; e naturalmente "è l’unica componente della giunta contraria alle dimissioni in blocco".
Finché, sui giornali dell11 marzo, la definitiva, ferale notizia: "Nella nuova giunta non c’è posto per Caterina Dominici".
"Se mi fanno fuori, faccio l’ira d’Iddio" - è la sua prima reazione, e minaccia di ritirare l’appoggio a Dellai in Provincia.
Il cronista cerca di blandirla: "A volte, professoressa, non tutti i mali vengono per nuocere. Magari Dellai la recupera in giunta provinciale come assessore alla scuola". Il tentativo ha successo, e la Dominici sogna: "Eh sì, quell’assessorato è pur sempre libero. Io mi ero candidata a suo tempo. Andrebbe benissimo".
Tornando alle cose serie, il giornalista le pone la domanda fondamentale: "E’ proprio impensabile una Dominici semplice consigliere?" "Impensabile… - è la risposta - Sarebbe anche pensabile, ma non se dipende da fatti altrui, come in questo caso".
Impensabile, in una situazione del genere, è che il cronista rinunci a fare del colore, descrivendo una Caterina Dominici che "si aggira per il corridoio del Consiglio regionale come un’anima in pena. Sbuffa, scuote il capo, si morde la lingua: si vede che fa una fatica boia a trattenersi", mentre alla sua minaccia di ritirare l’appoggio alla giunta di Lorenzo Dellai, il forzista Cominotti "ha persino fatto finta di restituirle la tessera di Forza Italia".
Ultime parole famose: "Non è vero che voglio il potere per il potere… Evidentemente vogliono far fuori me e il mio movimento".