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Il mercato si è mangiato lo Stato

Habemus papam! Il secondo governo Berlusconi si è insediato a palazzo Chigi. Prevedere ciò che farà è possibile ma aleatorio, attendere i fatti è dunque una buona regola.

Ma un fatto è già presente ora, ingombrante come un incubo: il conflitto fra interessi privati e pubblici che si concentra nella persona del nuovo capo del governo.

Sul problema vi è chi sostiene una tesi estrema che porta a considerarlo come già superato: poiché - si dice - esso era già noto prima delle elezioni, gli elettori, votando Berlusconi malgrado il conflitto di interessi che nella sua persona si sarebbe verificato, avrebbero deciso di considerarlo irrilevante. Una tale tesi conferisce al voto popolare la magica facoltà di risolvere il problema semplicemente cancellandolo. Se non che il voto popolare non può sciogliere un problema che al contrario nasce per l’appunto dall’esito della consultazione.

Ma, si dice,- e questa è la seconda tesi- nel caso di Berlusconi non esiste una legge che vieti il cumulo in una sola persona di un così elevato potere politico con un così grande potere economico. Il centro sinistra ha avuto cinque anni di tempo per fare una legge che disciplinasse il conflitto di interessi, ma non l’ha fatto.

E ciò è vero, ma solo in parte.

Vi è stata sicuramente una propensione ad accantonare la questione in omaggio ad un rispettoso riguardo verso il capo dell’opposizione nella comprensibile ricerca di una intesa bipolare per riformare la Costituzione.Il tentativo, esperito nella Bicamerale, ha portato ad esiti piuttosto scadenti, ed anche questi sono stati poi protervamente vanificati da un esplicito ripudio della destra. Evidentemente il galateo parlamentare non è valso a nulla.Come peraltro non è valso a nulla, per ammansire questa destra, nemmeno l’opposta scabrosità di Dellai nel nostro Consiglio provinciale. Vi è qualcosa di selvaggio, di primitivo in questo nuovo ceto politico che rende inefficace qualsiasi terapia.

Ma l’arrendevolezza del centro sinistra non spiega tutto e non esaurisce la questione. Infatti il conflitto di interessi è una situazione ben nota e già regolata dalle nostre leggi. Con l’avvento di Berlusconi ha assunto una dimensione enorme e conseguentemente , temo, insolubile.

Pensate che la nostra legge regionale sui Comuni fa obbligo ai consiglieri comunali di assentarsi dalle riunioni in cui si deliberi su questioni che riguardino interessi loro propri, del loro coniuge, di loro parenti fino al quarto grado, di loro affini.

Talché in tutti i comuni, tranne Trento e Rovereto, quando si delibera sul piano regolatore la Provincia deve nominare un commissario ad acta perché i consiglieri risultano tutti o quasi in conflitto di interessi.

C’è anche una legge dello Stato, che risale al 1948, che vieta l’elezione a deputato di coloro che siano titolari di concessioni amministrative di notevole entità economica. Ebbene Mediaset, che è di Berlusconi, è titolare di ben tre concessioni amministrative, le tre reti televisive. Non vi pare che siano di rilevante entità economica? Ed allora come si spiega che Berlusconi può diventare deputato? Gli è che egli è solo il padrone di Mediaset. Il rappresentante legale è Confalonieri. Quest’ultimo è ineleggibile per conflitto di interessi, il suo padrone può fare il capo del governo.

Sicché i nostri consiglieri comunali non possono deliberare i piani regolatori dei loro comuni e Confalonieri non può fare il deputato, perché vi osta il conflitto di interessi. Berlusconi invece può decidere di rinnovare la concessione alle sue reti televisive, può influire sulla concorrente RAI attraverso i presidenti delle Camere eletti dalle sue maggioranze, dettare norme che riguardano le sue banche, le sue società di assicurazioni, le sue imprese editoriali. La commistione di interessi insomma è severamente vietata quando è minima, consentita quando è macroscopica.

Come uscire dall’intrico? Le soluzioni vere sono solo due: o Berlusconi vende tutto, ma veramente, non ai suoi familiari; o esce dalla politica. Ogni altra soluzione è fittizia, un imbroglio. Le prime due sono irrealistiche e quindi non si verificheranno nei primi cento giorni e nemmeno dopo.

Può darsi che si escogiti qualche fantasioso marchingegno tipo blind trust o cose simili, che andrebbero bene per gestire patrimoni mobiliari differenziati, ma non per imprese come quelle del Cavaliere. Temo che dovremo attenderci niente altro che la pura e semplice privatizzazione dell’intera Repubblica.

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