Pino Daniele, califfo napoletano
Gli ultimi album sono così così, ma Pino Daniele quando suona dal vivo non delude mai. Quella sua vocina calda, sottile e mai stonata, grazie anche alle magie del microfono, regge bene per tutto il concerto; se a questo poi si aggiunge una sapiente tecnica chitarristica e quattro splendide musiciste il gioco è fatto. E Pino in mezzo alle donne sembra starci davvero bene nelle due ore abbondanti del concerto.
Grande spazio ovviamente per i brani dell’ultimo album, "Medina", dove alle sonorità partenopee si mischiano quelle arabe e africane. "Tempo di cambiare", "Lettera dal cuore", "Sara", "Via Medina", sono tutte canzoni figlie del grande bacino mediterraneo e francamente la loro resa "live" riesce a ricreare solo in parte il clima solare del disco. Piano, contrabbasso e batteria penalizzano l’esecuzione di questi brani multietnici , mentre la scelta di questi strumenti si dimostra azzeccatissima per il resto del concerto.
Il cantautore sembra ormai aver accantonato l’ anima blues e le storiche "Je so’ pazzo", " ‘Na tazzullella ‘e cafè", in favore di atmosfere jazzate e fusion (la sua collaborazione con Pat Metheny ha lasciato tracce evidenti). La pianista Rachel Z e le sue compagne si dimostrano, senza strafare, all’altezza. Gli impasti vocali tra Daniele e la bella vocalist Mia Cooper, voce da brividi e rosa rossa tra i capelli , sono raffinati e suggestivi, così come gli intrecci melodici di chitarra e piano.
Il pubblico, in un Auditorium al completo, sembra gradire queste riletture di classici come "Napule è", "Quanno chiove", "Senza peccato-Yes i know my way", e canta volentieri con il proprio beniamino.
Il cantautore ci regala anche un paio di canzoni da teatro, "Anima"( dal CD "Non calpestare i fiori nel deserto", 1995) e "Chi tene ‘o mare" ( da "Pino Daniele", 1979), mai eseguite in pubblico. Solo un bis, chitarra e voce, "Resta...resta cu’ me", mentre nella scaletta ne era previsto un altro . Forse era stanco, e allora tutti a casa, felici e contenti.
Nota finale: spesso ci si lamenta che all’Auditorium "non si sente bene": in realtà la resa sonora dipende in gran parte dall’impianto acustico di chi suona, che in questo caso era davvero ottimo.