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Libera pillola in libero Stato

La “pillola del giorno dopo” è un mezzo abortivo o no?

La cosiddetta "pillola del giorno dopo", cioè il farmaco R.U. 486, è in uso da molti anni in quasi tutti gli Stati europei, di religione cattolica e protestante, dalla Francia alla Germania, dalla Gran Bretagna all’Austria, dall’Olanda alla Grecia e altri paesi.

In Italia è rimasta un oggetto misterioso fino a pochi mesi fa quando, con provvedimento del ministro Veronesi pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’11 ottobre 2000, ne è stata autorizzata la prescrizione e la vendita.

E’ nata subito una polemica vivacissima, che dura tuttora, in seguito alla netta opposizione della Chiesa cattolica. Secondo un documento della Accademia pontificia per la vita la pillola provocherebbe un "aborto chimico", e la sua autorizzazione costituirebbe una violazione della legge 22 maggio1978 nº 194 che regola l’interruzione della gravidanza. I medici e i farmacisti cattolici sarebbero quindi legittimati a sollevare obiezione di coscienza, rifiutandosi i primi di prescrivere e i secondi di vendere la pillola.

La questione non è semplice come parrebbe a prima vista. Se la pillola viene assunta nelle 72 ore successive a un rapporto sessuale non protetto impedisce che l’ovulo, eventualmente fecondato, si annidi nella parete uterina. In ginecologia si conviene che la gravidanza abbia inizio con l’annidamento. Non può dunque interrompersi una gravidanza che non c’è ancora. La pillola in questione non sarebbe quindi un mezzo abortivo, ma un mezzo anticoncezionale.

Si obbietta però da parte cattolica che la gestazione ha inizio quando il gamete maschile si incontra con quello femminile e lo feconda. In quel momento vi è già un essere in formazione, un progetto di persona con un corredo cromosonico specifico, e interromperne lo sviluppo equivale a un aborto.

Di parere opposto l’Organizzazione Mondiale della Sanità, che ha chiesto un parere a una commissione internazionale di ginecologi: si ha gravidanza solo dopo l’annidamento dell’ovulo fecondato all’interno dell’utero. La pillola, precludendo l’annidamento, impedisce l’inizio della gravidanza, e quindi non la interrompe.

Ho ricordato i termini della questione per chiarezza. Nella sostanza non ha molta importanza, sotto il profilo religioso, che la pillola in questione sia contraccettiva o abortiva, perché la Chiesa è contraria anche alla "pillola del giorno prima" o al preservativo, che chiaramente non sono mezzi abortivi. Sotto questo aspetto la posizione della Chiesa, la si condivida o meno, è coerente e fa testo per i credenti.

Per i non credenti la questione si pone diversamente. Se ci fosse un fondamento scientifico nella affermazione che la pillola del giorno dopo, interrompendo uno sviluppo vitale in atto (gravidanza o non gravidanza), deve considerarsi un aborto chimico, esso sarebbe meno traumatico di quello previsto dalla legge 78/194.

Perché dunque proibirla?

Nella analoga polemica svoltasi in Francia circa dieci anni fa, alle obiezioni della Chiesa cattolica francese l’allora ministro della sanità francese rispose: "Poiché in Francia l’aborto è legale, è bene che venga praticato nelle migliori condizioni e nel più breve tempo possibile". Il che è assicurato appunto dalla pillola del giorno dopo.

E’ però vero che, nel caso si tratti di aborto come sostiene la Chiesa, mancherebbero le garanzie previste dalla legge 78/194, che è anche a tutela della maternità. Non possiamo dimenticare che numerosi articoli prescrivono che la donna, che voglia abortire entro i 90 giorni, venga informata dei suoi diritti e della possibilità di rimuovere le cause che porterebbero alla interruzione della gravidanza, in modo che la donna possa anche ripensarci. Inoltre la legge 78/194 permette l’aborto solo in caso di serio pericolo per la salute fisica o psichica della madre in relazione a varie circostanze, fra cui anomalie o malformazioni del concepito. La ‘pillola del giorno dopo’ ignora queste norme e quindi, nel caso debba considerarsi abortiva, non sarebbe del tutto infondata l’obiezione di coscienza invocata dalla Chiesa.

Deve essere chiaro comunque che mentre la posizione della Chiesa è cogente per i cattolici, il provvedimento dello Stato italiano è meramente autorizzativo, non impone un obbligo ma semplicemente una facoltà: chi vuole usa la pillola, e chi non vuole si astiene. Lo Stato non obbliga, ma consente. Nella nostra Repubblica laica e democratica deve valere il principio che potrebbe riassumersi nello slogan "libera pillola in libero Stato" (Micromega 5/2000, pag. 61).

Nonostante le obiezioni di ordine religioso, che non sono da sottovalutare, io credo che sotto il profilo scientifico la pillola in questione debba considerarsi un fatto positivo.

Qualche perplessità ho invece sul piano etico e di costume. Non vi è dubbio infatti che l’uso della pillola abbassa la soglia di attenzione e di responsabilità. L’atto sessuale viene ulteriormente banalizzato, anche rispetto agli altri mezzi anticoncezionali, perché si compie senza pensare alle conseguenze. Poi si butta giù una pillola e la faccenda è chiusa.

Il prof. Romano Porleo del Comitato nazionale di bioetica ha detto in proposito una cosa che mi sembra giusta: "Nella nostra società tutto ci induce al consumo e al consumo di tutto: si consuma l’atto sessuale come il resto".

Questa ulteriore anestesia etica deve farci riflettere, e dovrebbe essere contrastata con un forte recupero educativo, anche sul terreno sessuale, nella famiglia e nella scuola.

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