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Nulla dies sine linea

I lavori degli ultimi dieci anni di Valerio Adami. Alla Galleria dello Scudo e alla Swinger Art Gallery di Verona. Fino al 28 febbraio.

In taluni artisti (spesso i migliori) la costruzione dell’immagine procede di pari passo con la scrittura fino a raggiungere non rari momenti di poesia. Un anno fa la Galleria dello Scudo di Verona ci propose le splendide opere degli anni cruciali (1955-63) di Toti Scjaloia attraverso le riflessioni critiche dello stesso, tratte dal suo "Giornale di pittura".

Valerio Adami in una fotografia del 1995.

In questi giorni, fino al 28 febbraio, tanto per non smentire la proverbiale e maniacale cura degli apparati critici che accompagnano le esposizioni di fine anno, le stesse sale, con l’aggiunta di quelle della Swinger Art Gallery di via Mazzini, ospitano i lavori degli ultimi dieci anni di Valerio Adami. Nel catalogo della mostra intervengono Paolo Fabbri, Antonio Tabucchi e l’immancabile Amelia Valtolina che nell’analisi delle opere cita a pie’ sospinto, e giustamente per questa occasione, il denso libro di Adami "Sinopie", in marzo pubblicato per i tipi della SE nella serie prestigiosa dei Saggi e documenti del Novecento e che ho trovato puntualmente pochi mesi dopo tra le novità della sala di lettura di via Roma a Trento.

Se sinopia è l’equivalente di ciò che resta di un affresco perduto per sempre (l’equivalente dell’anima di un dipinto), in Adami è ciò che sta nel mezzo tra il disegno e il dipinto: è il parlato, la "distesa dei nodi" (avrebbe scritto Coomaraswami), l’"intreccio". La pittura di Adami, la monumentalità dei suoi quadri, i colori dei suoi sogni rappresentano in sintesi la visione classica del moderno.

La rappresentazione della realtà nell’esistenza moderna -scrive il pittore - "prevede una proposizione più complessa, i cui elementi perdano una precisa unità temporale e spaziale. Il tempo elo spazio si dilatano in una nuova azione psichica, bisogna inventare una nuova struttura". Di queste nuove strutture si sono occupati scrittori e poeti come Italo Calvino e Octavio Paz, musicisti come Berio, filosofi come Derrida e Lyotard, musei e gallerie tra le più importanti al mondo.

"Agens per intellectus producit per formas" - scriveva San Bonaventura. La perfezione delle campiture di colore piatte rimanda ad un’arte antica, quella delle vetrate delle cattedrali gotiche, come anche la linea dei suoi bellissimi disegni al piombo che sosterrà quei piani di luce. Il tramite è il lapis, strumento alchemico di trasformazione del reale.

Adami si definisce un "cartografo": nei suoi quadri convivono elementi trattenuti nella rete del reale (ricordi di viaggio, foto d’epoca...) frammisti ad elementi onirici, associativi. Inoltre le sue strane carte riscrivono e leggono sotto nuova luce fatti dolenti della storia del secolo; al di là della retorica la volontà di potenza è sempre la stessa, come nell’opera "1919-1938", nell’acre tarsia della scena erotica in primo piano che poggia ironicamente e saldamente sui fondamenti del pensiero occidentale nato in Grecia. Superfici levigate che non acquietano, composte architetture dove l’ambiguità emerge in tutta la sua chiarezza, un po’ come gli intenti di Novalis: "Sto per dire che in ogni poesia deve rifulgere il caos attraverso il regolare velo dell’ordine". Ebbene, gli interni di Adami, alla stregua della sua mente, sono il vero luogo del viaggio, dello spaesamento, della rêverie del poeta; fuori si vede soltanto l’icona, il regolare velo dell’ordine.

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