Menù
Home
QT
Questotrentino
Mensile di informazione e approfondimento
Utente
Cerca

La trasgressione inesistente

Calendari nudi: non se ne può più!

Icalendari con le donne nude esistono da sempre. Fino a trent’anni fa clandestini, di provenienza estera, pullulavano comunque nelle officine, nelle cabine di camion, nelle caserme; proibiti ma sempre più tollerati. La novità degli ultimi dieci anni è che a comparire su quei fogli hanno cominciato ad essere volti noti, che mostravano corpi fin lì mai visti così scoperti. Segno che il costume era cambiato, che comparire nude e crude non era più considerato squalificante sul piano etico. Restava, nelle protagoniste, la pudibonda ipocrisia di giustificarsi con considerazioni "nobili": richiami all’arte fotografica, devoluzione dei guadagni a scopi benefici, esperienza esistenziale, e via inventando (specularmente, come chi comprava Playboy "per leggere gli articoli"). In realtà, da qualche anno in qua, avere un proprio calendario è uno status symbol, un riconoscimento del proprio successo professionale, un importante momento promozionale.

Per quanto riguarda gli acquirenti, nessuno evidentemente lo fa per interesse artistico: banalmente, si vuol vedere com’è fatto il culo della show girl di turno, normalmente discinta ma non così tanto. In sostanza, curiosità bavosa; sollecitata dai mass media che perfino nei Tg ci informano di ogni attricetta che abbia compiuto il gran passo. La cosa si è a tal punto dilatata che anche per le persone normali, i volti ignoti (o noti a livello cittadino, di paese, di quartiere, di gruppo di amici) apparire nude su un calendario non ha più nulla di clamoroso. La cosa è ritenuta simpatica, divertente, al massimo stravagante. Facciano pure, non ci interessa qui entrare nel merito. Ai mass media - nazionali e locali - vorremmo chiedere però una cortesia: prendano atto di questa ormai consolidata "normalità" e mettano da parte la grancassa.

Come quella che rimbomba, il 17 novembre, da due pagine dell’Alto Adige (illustrate da ben 18 foto), ove si racconta come 14 imprenditori meranesi (11 donne e 3 uomini) abbiano posato nudi per un calendario che il giorno stesso dell’uscita è definito "cult" e che viene presentato come "una provocazione che farà discutere per l’intero 2001". Dalla "sfida" di questo "calendario-shock" - si aggiunge - "l’incredulo (?) lettore capirà che in questa città qualcosa sta cambiando".

Per giustificare tanta enfasi, il giornale compie un’operazione classica: s’inventa dei nemici di cui, peraltro, non riporta traccia: "A Merano bisogna spogliarsi per dare uno schiaffo all’ipocrisia di chi è convinto che presentare un corpo umano svestito sia un gesto peccaminoso… Per far venire alla luce il volto ipocrita della città i commercianti hanno lanciato la loro protesta senza veli".

Il concetto viene ribadito dall’orefice Alfredo Grosso, ideatore dell’iniziativa, che ci mette di suo un significato social-commerciale: "Il nudo rappresenta la linea di demarcazione fra il conservatorismo e la voglia di cambiare… Un imprenditore che intende liberarsi dai pregiudizi dimostra di voler rinnovare il settore".

Ma la lotta sarà dura, e il cronista gli chiede: "Siete pronti ad affrontare le reazioni?" Virile la risposta: "Guai se non ci fossero reazioni, scopo del calendario è proprio quello di aprire un dibattito".

Di trasgressivo nell’operazione non ci vediamo proprio niente. E anche l’orefice dovrebbe accorgersene, visto che è lui stesso a dire che "se i mesi dell’anno fossero stati 20, non avrei avuto difficoltà a riempirli".

Viva il nudo, dunque, e abbasso i (fin qui silenziosi) bacchettoni, ma sia chiaro: non è "il solito calendario da camion o da carrozzeria, ma una piccola opera d’arte".

Diversa la storia delle ragazze dell’Hockey Mori, che per contribuire al magro bilancio della società, e soprattutto per pagarsi le trasferte (quando vanno lontano, gli tocca anche di dormire sul pullmino per risparmiare) hanno fatto anch’esse il loro calendario "quasi osé", messo in vendita a 10.000 lire, che ha fatto un gran rumore: "Prime pagine dei giornali locali - commenta L’Adige - servizi nei tiggì nazionali, esclusive per giornali sportivi nazionali, inviti alle più note trasmissioni televisive".

Quando l’annunciato calendario viene presentato, e si vede che di nudo non c’è praticamente nulla, le reazioni sono contraddittorie, ondeggianti fra la delusione e la riabilitazione delle scostumate: "Un calendario troppo casto. Delusione per le attese foto delle hockeiste senza veli… Tanto rumore per nulla…Le promesse nudità si riducono a pochi centimetri di pelle scoperta" - scrive l’Alto Adige; che si rifà della delusione prendendosela con la solita testa di turco: "La pruderie dei soliti moralisti non aveva alcuna ragion d’essere e l’unica giustificazione all’incredibile can can fatto in questi giorni attorno al calendario (dai giornali, n.d.r.) era quella di pubblicizzare un’iniziativa simpatica, di buon gusto e intelligente". Dal che sembra si possa evincere che il calendario degli imprenditori meranesi, assai più spinto, era - viceversa - volgare e di cattivo gusto. O forse no, perché l’arte redimeva il pelo, che in quel calendario qua e là compariva.

Anche L’Adige deve prendere atto del modesto erotismo delle atlete di Mori, ma, almeno nel titolo, non si rassegna: "Hockeiste senza veli in vendita".