Da Korogocho alla Val di Fassa
Padre Zanotelli sulle torri del Vajolet: in Kenya, come in Trentino, c’è da impegnarsi. Sui due versanti di una stessa lotta.
Alcuni giorni fa padre Alex Zanotelli, accompagnato da alcune guide alpine e tanti amici, ha scalato le cime del Vajolet, la torre Stabler.
Accanto alla straordinaria giornata e alla forte motivazione che spingeva i presenti ad un legame intimo con la montagna, chi si è ritrovato quel giorno in valle di Fassa, nella conca di Gardeccia, ha voluto costituire non solo la cordata classica dell’arrampicata, ma anche un legame fra chi nell’occidente lotta per la difesa nell’ambiente e chi nel terzo mondo tenta la difficile opera della costruzione della fiducia, della possibilità di riscossa.
Questo legame può apparire una forzatura.
Nel nostro Occidente, proprio nel cuore di Fassa, la valle che forse sta subendo la più pesante e diffusa distruzione paesaggistica presente sul territorio alpino, un gruppo di persone pensa di lanciare un messaggio di sobrietà, di rinuncia?
Anche nella valle simbolo dell’opulenza, del consumismo, dell’egoismo più esasperato maturano atti e simboli di straordinaria efficacia.
Gardeccia è un terrazzo protetto da superbe rocce che guarda su Fassa: dal fondovalle giungono forti e continui i rumori del traffico; appena di lato c’è una funivia che ha distrutto Ciampediè; di fronte, nell’altro versante, si apre la Val Jumela, la valle simbolo delle lotte ambientaliste del Trentino, la valle che riassume la vergogna della politica della Giunta provinciale di centro-sinistra. E’ sufficiente girarsi per aprirsi ad uno scenario d’incanto e se si sale ancora, o verso il rifugio Principe o verso le torri del Vajolet, si cancellano mille miserie e ci si riscopre capaci di sognare, ci si riscopre persone infinitamente piccole, ma ricche.
Durante la celebrazione della messa l’opulenza della Val di Fassa si è scontrata con scandalo con il messaggio che padre Zanotelli ha lasciato a tutti noi. Le immagini erano forti, pugni nello stomaco: la discarica di Korogocho, la miseria, la violenza diffusa, l’Aids. Dentro questo quadro tanto oscuro nascono comunque le catene della speranza, si costruiscono legami di solidarietà, si intrecciano speranze e utopie: dentro Korogocho, nonostante tutto, ancora si vive.
Da noi, in questa valle egoista, che scalcia, ricatta, urla pur di possedere ancora due filari di tralicci, che pretende ancora spazi per edificare, che dimentica il gusto dello studio, l’orgoglio della conoscenza, che cancella una storia eroica, fatta di sofferenza, ma ricca di orgoglio, anche da questa valle parte il messaggio della responsabilità.
Tutti siamo responsabili di quanto avviene a Korogocho, in quanto tutti stiamo sostenendo il traffico internazionale d’armi, le politiche che cancellano le identità personali dei poveri, la grande politica che sostiene i dittatori e che consolida l’Impero. Tutti sappiamo di vivere grazie alle ricchezze che rubiamo in quelle terre, dal legname ai minerali. Tocca a noi la responsabilità di invertire questo percorso suicida dell’umanità. Anche ragionando in termini egoistici. Se usassimo l’intelligenza, dovremmo sapere, come dice Zanotelli, che la polveriera umana del Terzo Mondo è destinata a esplodere, e se esplosione vi sarà, non avrà percorsi razionali. Dovremmo sapere che le risorse ambientali sono limitate e che la natura a volte si ribella.
Nel Trentino l’abbiamo dolorosamente provato più volte, ma in misura infinitamente piccola se il confronto lo allarghiamo a quanto succede nel mondo dei poveri. Ed allora non solo da Gardeccia, ma da ogni paese, dai quartieri delle città, nei luoghi di lavoro devono nascere le cordate che scuotano un mondo politico addormentato e auto-referenziale, ormai privo di identità e valori, incapace di progettualità alternative. Sulle torri del Vajolet ogni cordata aveva alla sua testa una guida alpina: una guida ha gridato ad Alex: "Fìdati!".
Quanta forza in quella parola! La rete di Liliput, nel Trentino e in tutta Italia, ha alla sua testa centinaia di guide alpine, è seguita da migliaia di persone che si fidano perché vivono la speranza. In Trentino, nutriamo la speranza di poter ancora meravigliarci, anno dopo anno, davanti alle torri del Vajolet o in Val Jumela o in Val Brenta o sulle rive dei laghi del Col Bricòn.
In Africa si nutre la speranza nella riscossa, nell’orgoglio di ritrovare la dignità di essere persone, nel piacere della solidarietà e del reciproco aiuto.
E’ questo il ponte che ha unito il Vajolet a Korogocho, è questo il messaggio che Zanotelli ci lascia mentre ritorna per un nuovo anno di vita in Africa.