Pacher alle prese con la speculazione
Il nuovo Piano regolatore e le ingombranti eredità lasciate da Lorenzo Dellai.
E'sempre l’urbanistica il vero banco di prova per un’amministrazione comunale. Sono quelle le decisioni vere che i Municipi prendono, quelle che incidono sul futuro delle città, sulla vita degli abitanti. E più la città è grande, più girano i soldi, più le decisioni si fanno complesse, e le spinte affaristico-speculative rischiano di condizionare il futuro.
Così è per l’attuale giunta Pacher alle prese con il prossimo Piano regolatore; e che contemporaneamente deve fare i conti con l’ingombrante eredità delle amministrazioni precedenti, i loro affarismi, a iniziare da quelli del Grande Fratello ora assiso a Piazza Dante.
E’ stato per uscire da questa imbarazzante situazione, che la giunta Pacher ha affidato il nuovo Piano Regolatore a una terna di consulenti sopra ogni sospetto, i cui nomi hanno subito fatto imbestialire il partito degli affari. Ora si inizia a entrare nel vivo, e i nodi vengono al pettine.
In questi giorni ci sono state novità su due delle situazioni più controverse: l’area Michelin e l’area Tosolini.
Sull’area Michelin grava, come noto, il blitz di Dellai del fine luglio ’98. Allora sindaco, in vista della campagna elettorale d’autunno rafforzò il suo appeal presso i poteri forti facendogli fare un affarone: il Comune, con la giustificazione che gli mancavano i soldi (49 miliardi), lasciò la prelazione sull’importantissima area Michelin a favore di Iniziative Urbane, una Spa costituita ad hoc in cui sono confluite le maggiori realtà economiche locali. Questo produrrà vistose perdite di pubblici denari (gli edifici pubblici che vi verranno realizzati dovranno essere comperati da Iniziative Urbane, che si intascherà i conseguenti profitti e rendite). E a questo tutti sembrano rassegnati.
Ma c’è un secondo aspetto, anche più grave: Iniziative Urbane intende progettare la zona, con l’evidente scopo di guadagnarvi sopra (è una Spa, questo è il suo compito); la fascia lungo il fiume, che doveva essere riqualificata diventando il nuovo biglietto da visita della città, rischia concretamente di diventare una seconda Trento-Nord.
"La regia dell’operazione è in mani pubbliche" - si sono affannati a proclamare vari personaggi. Storie: Iniziative Urbane, forte della convenzione stipulata col Comune nel ’98, ha iniziato ad andare avanti per la sua strada; indicendo un concorso di idee per riprogettare l’area, esplicitamente ponendo nel bando di concorso, tra i vincoli che i progetti dovranno rispettare, quello della "redditività dell’area" (per cui, di farne un parco, neanche parlarne). Anzi, Iniziative deborda pesantemente: il suddetto concorso d’idee infatti è riferito alla risistemazione urbanistica di tutta la striscia di città dal ponte di San Lorenzo a via Monte Baldo; per cui tutta una fetta di città - anche le aree non di proprietà di Iniziative Urbane - dovrebbe essere finalizzata ad assicurare "redditività" a questa Spa.
A Palazzo Thun hanno iniziato a rendersi conto che sarebbe toccato a loro pagare (politicamente) la campagna elettorale di Dellai del ’98. Di qui il tentativo di rendere effettiva la conclamata "regia pubblica". Attraverso due strade: inserendo nella commissione giudicatrice del concorso di Iniziative Urbane rappresentanti del Comune (i consulenti del Prg arch. Bocchi e ing. Zanon, e la dirigente dell’Urbanistica comunale arch. Codolo). E sincronizzando i tempi del Prg con quelli del concorso di Iniziative Urbane, in maniera che non sia più la Spa a dire come si svilupperà la città, bensì il Comune a indicare a cosa sarà vocata l’area Michelin.
"Molto bene il concorso di Iniziative - dicono a Palazzo Thun - ne sortiranno idee che poi noi potremo utilizzare."
Potranno utilizzare o dovranno? Il problema è tutto qui. Per quanto riguarda le aree esterne alla Michelin, l’amministrazione non è certo vincolata alle ipotesi di Iniziative urbane, e quindi il problema è solo di volontà politica di effettuare un’urbanistica autonoma. E quella sembra esserci. Ma per l’area Michelin ci sono i condizionamenti: sia quelli - giuridici - conseguenti alla convenzione stipulata da Dellai; sia quelli - politici - che possono mettere in campo i soggetti forti che stanno dietro Iniziative Urbane.
La partita per rendere vivibile l’affaccio della città sul fiume, non sarà, insomma, per niente semplice.
In questi giorni si è riaffacciata l’eterna questione del "buco" Tosolini. Con L’Adige che si è assunto l’insolito ruolo di sponsor di una trattativa tra il Comune e lo speculatore. Ripercorriamo attraverso una cronologia i termini della questione.
1981: viene rilasciata all’Istituto Sordomuti, allora proprietario dell’area, una concessione edilizia per un grosso complesso ad uffici + 150 posti macchina interrati.
1983: tutto il compendio (la destinazione urbanistica è a zona terziaria) viene acquistato dall’Immobiliare Romagnosi e poi dalla Costruzioni Tridentine, società di Tosolini.
1986: Tosolini chiede il rinnovo della concessione (per il centro direzionale) e gli viene dato. Dopodiché ne chiede una sospensione dei termini di scadenza, perché non può dar corso ai lavori in quanto rimane da demolire un edificio ancora occupato da una sede staccata dell’Istituto Tecnico per Geometri. Sospensione concessa.
1987: Tosolini può eseguire la demolizione dell’edificio liberato dai Geometri; ma non va molto avanti con i lavori, per propria scelta si limita a fare il noto "buco".
1989: il Comune (sindaco Goio) chiede a Tosolini di fermarsi (in realtà i lavori sono già fermi) per valutare l’ipotesi di costruire non più un Centro direzionale, ma un Centro Anziani (pagato ovviamente dall’ente pubblico).
1991: il Comune, dopo 585 giorni di tira e molla (e polemiche), recede dalla sua richiesta; e proroga la concessione del centro direzionale di 585 giorni, in maniera che Tosolini abbia agio di procedere nella sua iniziativa; ma Tosolini non si muove, i lavori rimangono fermi.
aprile ’91: Tosolini fa presente di aver avviato nuove trattative con l’ente pubblico, questa volta con la Pat (sponsor Malossini) per costruire sull’area la Facoltà di Lettere, e chiede una sospensione dei termini della propria concessione, sino al perfezionamento delle trattative.
1993: Dopo che si sono susseguite nuove domande di sospensione, talune accolte, altre respinte, a Tosolini - che nel frattempo non ha mai proseguito i lavori - scadono i termini della concessione edilizia. Il Comune si rifiuta di prorogarla.
1994: Tosolini cita il Comune presso il Tar sostenendo l’illegittimità del rifiuto del Comune di ulteriori proroghe. (Effettivamente Tosolini si trova in un vicolo cieco: di una concessione decaduta, se rimane immutata la destinazione urbanistica, si può chiedere il rinnovo; ma all’ex-Sordomuti, essendo cambiata la destinazione urbanistica, da privatistica a servizi pubblici, ora non si può far più niente.) Il Comune invece sostiene che le proroghe gliele ha riconosciute quando effettivamente c’era una trattativa, ma che l’imprenditore è rimasto comunque sempre fermo, e che è stato il suo immobilismo, non le trattative, a far scadere i termini della concessione. Il Tar da ragione al Comune.
La vicenda insomma è stata contraddistinta dai continui tentativi dello speculatore di vendere il futuro edificio a un Ente pubblico, e dal suo rifiuto di andare avanti con il progetto imprenditoriale (il centro direzionale: vendere uffici a privati è evidentemente meno lucroso che non vendere in blocco a un Ente pubblico). Il Tar ha riconosciuto la correttezza del Comune, e a questo punto non si capisce perchè si debba "trattare" con lo speculatore.
Nel frattempo Tosolini è ricorso, contro la sentenza del Tar, al Consiglio di Stato. E in questi anni, innumerevoli volte i politici - e gli organi di stampa - si sono messi a caldeggiare la trattativa, cioè l’acquisto da Tosolini. Con le argomentazioni più disparate: che c’è l’emergenza anziani, che c’è l’emergenza Lettere, che il "buco" è uno sfregio insostenibile (allora qualsiasi imprenditore, se vuole arricchirsi con l’ente pubblico, basta che faccia un buco in un terreno), che se non ci si accorda si perde al Consiglio di Stato e si devono sborsare miliardi, che se anche si vince (questa è l’ultima de L’Adige) si dovranno - chissà perché - sborsare un sacco di quattrini...
A Palazzo Thun sembra emergere una linea che offra a Tosolini una via d’uscita imprenditoriale. Riconsiderare nel nuovo Prg la destinazione della zona, che ora, con i mutamenti avvenuti, potrebbe diventare residenziale/uffici. Quindi ancora un sacrosanto niet all’ipotesi di vendita all’Ente pubblico, ma la possibilità di realizzare - con volumetrie si spera contenute - un normale progetto imprenditoriale. A cui peraltro il nostro si è sempre mostrato allergico; ma questi sono affari suoi.