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“Non ne so niente, ma la penso così...”

Il professore e la studentessa: un bizzarro dibattito.

Due brutte abitudini dei mass media: 1. La caccia affannosa alle opinioni: spesso a proposito di vicende di cui non si conoscono bene i contorni, oppure scegliendo interlocutori che dell’argomento non sanno nulla. Ne risultano, evidentemente, parole in libertà: è purtroppo rarissimo che l’intervistato, consapevole dell’inutilità del proprio contributo, mandi cortesemente a quel paese il giornalista. 2. L’enfatizzazione di storie tutte da verificare o di cui si sa ancora troppo poco per capire se siano degne o meno di tanto clamore. E questo è un effetto perverso della concorrenza fra giornali: intanto si spara il titolo di richiamo, e se poi era una bufala, si confida nella benevolenza o nell’amnesia dei lettori.

Queste sono le considerazioni che ci sentiamo di fare in merito a come i due giornali locali hanno trattato la vicenda del docente universitario accusato di molestie sessuali da una sua studentessa, circostanza da lui decisamente negata.

Sia i giornalisti che i loro interlocutori si rendono conto di quanto sia prematuro aprire il dibattito (e che dibattito! Sull’Adige del 20 ottobre addirittura due pagine intere!) in assenza di notizie più precise di quelle a disposizione, e non mancano di premetterlo: "Per giudicare, ovviamente, occorrerebbe conoscere tutta la storia, gli antefatti, i dialoghi tra i due, le promesse e le aspettative" - dice un cronista. "Non posso esprimere giudizi non conoscendo nel dettaglio la vicenda" - ribadisce il concetto il preside di Lettere. "Non posso giudicare il fatto in questione, non conosco né i protagonisti né i fatti" - fa eco una professoressa. "Naturalmente è presto per capire come è andata e occorre attendere che l’autorità giudiziaria si pronunci" - ripete il preside di Giurisprudenza. "Mi sembra necessario prendere con le molle la vicenda" - dice ancora uno studente...

Tutto ciò non impedisce che poi ognuno di costoro dica la sua, chi restando sulle generali, chi dando per veritiera una delle due versioni, in genere quella della studentessa, giudicata però quanto meno imprudente per aver accettato rapporti extra-scolastici con un suo professore. La contradditorietà di questo comportamento tocca i suoi vertici nell’intervista a un docente di giurisprudenza, assistente del professore inquisito, il quale dopo aver anche lui premesso che "finché la magistratura non farà chiarezza su questa vicenda, è impossibile dare dei giudizi", esprime comunque la sua solidarietà al collega.

Del resto, anche quando la discussione rimane sulle generali, ossia su quali siano e debbano essere i rapporti fra studenti e docenti, si rimane terra-terra. Sull’Adige del 21, ecco ad esempio una considerazione di dubbio gusto che è poi anche una interpretazione dei fatti: "Quella di arpeggiare sulle corde del fascino per raggiungere un obiettivo, è una specialità tutta femminile. una distorsione dell’arte della seduzione che spesso paga, ma che può riservare spiacevoli conseguenze". Al che, prevedibilmente, una lettrice protesta, addirittura ribaltando la frittata: "Nella facoltà di Lettere a Trento sono più che quotidiani i casi in cui impreparati studenti ricevono brillanti voti dalle docenti per il solo fatto di essere maschi, i quali non devono nemmeno ricorrere alla ‘distorsione dell’arte della seduzione’".

Comunque sia andata, come evitare situazioni del genere? Una ricercatrice universitaria propone di introdurre un problematico "codice di disciplina che indichi quali atteggiamenti si devono evitare", e il preside di Ingegneria plaude alla proposta, mentre quello di Lettere commenta: "Non mi pare una grande idea" e una professoressa, invece, raddoppia la dose: "Ci deve essere un codice per docenti e uno per studenti".

In questa storia, poco edificante per i suoi protagonisti come per i suoi commentatori, si è per lo meno evitato - almeno finora - di rendere pubblici i nomi dei due coinvolti, anche se, un giorno dopo l’altro, si sono aggiunti nuovi elementi per giungere alla loro identificazione. Il "focoso docente" di Giurisprudenza, "tra i più stimati dell’Università", si è poi saputo che era "anziano" e più precisamente "sessantenne", mentre la ragazza è una "Venere bionda" con gli occhi azzurri, ed è di Verona, dove abita a Borgo Milano.

Dopo tutta sta caciara, il cronista osserva pensoso che "la facoltà di Giurisprudenza... si è trasformata in un ginepraio di chiacchiere e maligne supposizioni su una storia che comunque vada a finire, lascia l’amaro in bocca".

Davvero strano.

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