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Un Trentino senza guida

Trento non è mai stata così bella, il Trentino così ricco. Ma il vuoto della politica...

E' lunedì 4 ottobre, San Francesco. I grandi giornali nazionali del Nord aprono, in prima pagina, con la notizia della straordinaria avanzata del nazionalista Heider nelle elezioni austriache, un risultato che può mettere a repentaglio politica ed equilibri della vicina repubblica. Sui nostri quotidiani al tema che suscita apprensione e sgomento in tutta Europa è concesso solo un sottolineato richiamo. Eppure dovremmo essere noi la terra ponte, di frontiera, il crocevia naturale, il sensore privilegiato di umori, correnti, idee che si muovono oltralpe. Saremo anche noi a patire, più di altri in Europa, se dalla politica di distensione che a Vienna s?impose nei lunghi anni di cancellierato di Bruno Kreisky, si passerà a governi comunque influenzati da uomini che usano - nel cuore del continente - linguaggi balcanici. E? aperta la disputa se Trento sarà superata da Bolzano o se il sorpasso è già avvenuto. I sintomi sono quelli di una perdita d?insieme di quella capacità di sentire, e perciò di operare, che è propria di una terra di frontiera, con le straordinarie possibilità di crescere, ma anche - in alternativa - di inevitabili declini isolazionisti. La SAT, sempre più benemerita nei suoi richiami a preservare i nostri beni ambientali comuni, ha dedicato il suo annuale congresso ad una drammatica rappresentazione degli effetti perversi che, sulla terra trentina, ha una gestione puramente mercantile della montagna e delle acque, dal grande ghiacciaio al modesto torrente. Per un giorno il consenso sembra unanime. Sembra che mercanti e speculatori siano scomparsi o emigrati su un altro pianeta. Eppure sono passati più di sei mesi da quando la commissione per la valutazione d?impatto ambientale ha espresso il parere negativo ai nuovi impianti fassani nella Val Giumela, ma le decisioni della giunta provinciale sono avvolte da un silenzio che non può essere interpretato positivamente. Si attende di smentire un motivato giudizio ambientale, contrapponendovi un beneficio economico. Ancora una volta un prendi tutto e consuma oggi, sideralmente lontano dalle scelte di una comunità che crede nel proprio futuro. Solo due settimane fa lo splendido documentario di Folco Quilici, con gran presenza di autorevole pubblico, poneva in evidenza il bello delle Alpi in pericolo. Sembra che i documentari durino novanta minuti, e le sensazioni che provocano, molto, molto meno. Per l?aeroporto di Mattarello il discorso è rovesciato. Qui è l?economia e gli operatori economici a sostenere che si tratta di un? opera senza futuro ed è la valutazione d?impatto ambientale che è presa ad alibi per non decidere. Si afferma che il piano della viabilità appena approvato contiene per due terzi opere indispensabili. Sul che si può concordare. Ma allora non è certo impertinente la domanda: e l?altro terzo? Non è una regalia eccessiva alle pressioni particolaristiche, che può lasciare sul Trentino sfregi irrecuperabili operati con il pubblico denaro?

Sinistra dove sei? C’è il “grido di dolore” lanciato da Roberto Pinter sulla sua solitudine nel rappresentare in giunta quegli interessi generali che la sinistra, libera da pressioni di clan e corporazioni, dovrebbe efficacemente esprimere, pena la perdita di significato della propria presenza ed azione. C’è un dibattito congressuale in corso nei democratici di sinistra, a tutt’oggi bloccato in una disputa di scatole cinesi, che lasciano indifferenti quasi tutti quelli che non sono coinvolti nella conta e nella contesa. C’è ancora anche un mondo non disperso o rassegnato che incalza e propone, che dai valori di solidarietà, responsabilità ed equità vorrebbe far discendere programmi e iniziative conseguenti, ma che trova nei partiti un vuoto paradossalmente sempre più impermeabile. Più o meno era così anche a Bisanzio intorno al 1453, nell’ attesa dell’ultimo assalto musulmano alle mura di Costantinopoli. Trento, in tante sue parti, non è mai stata così bella. Il Trentino, in tanti suoi mondi, non è mai stato così ricco; anche se la politica, da tanti anni, poche volte è stata così vuota, il paradosso può quindi proseguire: si continua a sperare.