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QT n. 18, 24 ottobre 1998 Servizi

Un Parco soffocato: e magari lottizzato

I nemici del Parco dello Stelvio riprendono la guerriglia. Le ultime imprese di Franca Penasa, presidente del Comitato di gestione trentino del Parco.

La storia del Parco Nazionale dello Stelvio è, fin dalla sua istituzione, tormentata e poco edificante: in questi ultimi decenni abbiamo assistito ad un immobilismo conservativo e di prospettiva assoluto, per arrivare però, sul finire degli anni '80, grazie all'impegno della giunta provinciale ed in particolare dell'allora assessore all'ambiente Walter Micheli, a prospettive di rilancio: con l'accordo di Lucca del 1992 sembrava che tanti ritardi potessero essere superati.

Ed invece è rimasta incrollabile l'assenza amministrativa e di interesse della giunta regionale lombarda, mentre la SVP ha provato e prova ancor oggi, in tutti i modi, a ridimensionare i confini del Parco, ad aprire il territorio all'attività venatoria, a spaccare l'unità gestionale di questa importante area protetta.

Da qualche anno, poi, l'impegno disgregante trova alleati forti anche in Trentino, ed una protagonista in tal senso è la sindaca di Rabbi Franca Penasa, pattina e candidata alle elezioni regionali.

L'ultima sua mossa ha dell'incredibile. Dopo aver saputo dell'accordo intervenuto fra il ministero dell'Ambiente, la regione Lombardia e la Provincia di Bolzano sulla nomina del direttore (nomina giunta dopo un concorso tormentato e discusso anche in sede parlamentare), e su quella del futuro presidente Arturo Osio, la presidente del Comitato di gestione trentino del Parco si è impegnata anima e corpo per contrastare la presidenza Osio, accusando costui, con termini piuttosto forti, di essere un fondamentalista e di non possedere competenze specifiche in materia ambientale.

Per chi come il sottoscritto ha avuto modo di conoscere Osio da anni e di averlo visto lavorare in tante associazioni ambientaliste, l'appellativo "fondamentalista" risulta semplicemente ridicolo: una persona con tanto buon senso e dotata di tanta disponibilità al dialogo è difficile trovarla. Fondamentalista risulta invece il comportamento della sindaca di Rabbi, incapace di accettare una mediazione politica di alto profilo, di superare la logica della lottizzazione delle cariche pubbliche, capace invece di bloccare l'avvio di un serio funzionamento di uno dei parchi più importanti per la collettività internazionale e di impedire riflessioni serene sui significati veri di una realtà a parco e su come farlo diventare produttore di ricchezza e di sviluppo per la collettività che al suo interno vive.

La presidente, nel pubblicizzare la sua scomunica di Osio e nel proporre la candidatura del dott. Donato Nardin, si fa portavoce del Comitato di gestione trentino senza averlo nemmeno consultato e senza aver discusso il tema in assemblea. Davanti alla severa replica del Wwf, la Penasa ritratta il tutto, parla di malinteso e dice di aver parlato perché incaricata dal presidente della giunta provinciale Carlo Andreotti.

Così facendo, la Penasa abdica ufficialmente al suo ruolo autonomo di sindaca e di presidente del Comitato di gestione del Parco trentino per sposare la comoda sedia del portavoce, umiliando le sue tanto declamate dichiarazioni sui valori dell'autonomia che un parco deve avere, per sposare in modo ufficiale la vecchia logica democristiana della lottizzazione. I risultati di tanto approssimativo agire sono sotto gli occhi di tutti: il Parco rimane ancora fermo, bloccato dai veti interessati della SVP, dalla Regione Lombardia e dalla Provincia di Trento, che coltivano la sua morte.

Quanto siamo lontani dal vigore ideale e pragmatico espresso dai primi "parchigiani" trentini ricordati nell'importante, recente volume edito da Temi, "Il fervore dei pochi " di Franco Pedrotti; dalle idealità che hanno animato Nino Betta, Renzo e Paolo Videsott, Fausto Stefenelli, Ezio Mosna e lo stesso Pedrotti, quando nei primi anni del dopoguerra individuavano nell'autonomia regionale lo sbocco istituzionale che avrebbe dato vita ai principi più autentici della conservazione dell'ambiente e del paesaggio, quando auspicavano che dall'autonomia il Parco dello Stelvio avrebbe potuto attingere linfa vitale, che con l'autonomia si sarebbe istituito il grande Parco "internazionale" dell'Adamello Brenta per la difesa dell'orso alpino, per la tutela della dignità dell'uomo di montagna, della cultura, della scienza!

Oggi invece, anche da queste pagine, leggiamo come l'autonomia venga umiliata da chi milita in un partito che si definisce autonomista, da chi parla di autodeterminazione e di autogoverno, e questi concetti li relega nei cassetti della chiusura, del gretto localismo, dell'incapacità di lettura della complessità esterna, fornendo ai nemici dell'autonomia motivi di scherno, di derisione, e quindi indebolendo sempre più le motivazioni che spingono il legislatore nazionale a mantenere in vita questo impianto istituzionale