Un computer per amico
I new media (internet, videogiochi, Cd Rom...) sono sempre più importanti nell'educazione dei ragazzi. Ma la scuola se ne occupa poco e i professori, spesso, ne sanno meno degli studenti.
Altro che Tex Willer e Topolino! Altro che nascondino, mosca cieca o Goldrake. Gli adolescenti del nuovo millennio, tra internet e cd-rom, assomiglieranno più a programmatori di computer in miniatura che a piccole pesti dalle ginocchia sbucciate. Una prospettiva un po' desolante forse, almeno per gli inguaribili nemici della tecnologia, ma a quanto pare inevitabile.
Ma se questo è sicuramente ciò che attende i nostri figli o nipoti, si tratta in realtà di un futuro dai contorni ancora molto indefiniti, almeno a giudicare dalle abitudini ludiche dei bimbi di oggi (il nascondino rimane tra i passatempi più gettonati), e dai fiumi di cartoni animati che occupano i palinsesti televisivi pomeridiani.
Alla comprensione del modo in cui le nuove tecnologie informatiche incidono ed incideranno sulla vita degli adolescenti, è stato dedicato il seminario "New media e condizione minorile", organizzato dal Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell'Università di Trento.
L'incontro, sviluppatesi in una prima parte di presentazione delle tematiche ed in una successiva tavola rotonda di approfondimento, ha costituito lo spunto per una serie di interessanti riflessioni. Il ruolo dell'istituzione scolastica (medie e superiori) come veicolo di approccio tra le giovani generazioni e la dilagante cultura informatica, ne è uscito fortemente ridimensionato e pericolosamente vacillante. Le possibilità per gli adolescenti di accesso ai new-media (internet, PC, cd-rom...) all'interno degli istituti pubblici sono insufficienti sotto ogni punto di vista. A cominciare da quello organizzativo.
Troppo pochi i PC disponibili, molti dei quali devono spesso essere condivisi da più di uno studente, e praticamente inesistente, almeno in Italia, il collegamento alla rete di internet. Questo almeno nei licei.
Le scuole professionali sembrano più attrezzate in tal senso, e anche per quanto riguarda la frequenza nell'uso del computer sono messe meglio, con un 23,5% di non uso del PC, contro un 49.8% del liceo.
Ma le inefficienze di carattere organizzativo non si fermano qui. In molti casi, infatti, non è che manchino i computer : quelli ci sarebbero anche, e nuovi. E' che le sale sono aperte solo poche ore al giorno, perché le macchine "costano e vanno conservate con cura".
Ma che senso ha possedere milionate di computer, se poi non si usano? Quale il senso di un collegamento ad internet navigabile solo per due ore al giorno (drammatica realtà della stessa facoltà di giurisprudenza fino all'anno scorso)?
Non c'è da stupirsi allora se gli adolescenti si comprino il computer per i fatti propri, se lo colleghino a internet o utilizzino quello di amici. E' certo anche questo uno dei motivi che spiega la presenza così elevata di PC nelle case private, soprattutto nelle camere dei giovani. "Si riproduce - dice Renato Porro, moderatore dell'incontro - la condizione evidenziata da tutti gli studi degli anni '80 circa la natura del rapporto tra i media e l'infanzia: il bambino solo davanti alla TV ieri e al computer oggi."
Ma allora chi insegna ai bambini ad utilizzare queste macchine infernali?
Chi li traghetta verso la nuova cultura multimediale? Qui entra in gioco il secondo problema venuto a galla nel corso del seminario, un problema ben più serio e radicato della semplice carenza di personal computer.
Dall'analisi comparata delle diverse realtà europee è infatti emersa una situazione di comune impreparazione dei docenti, in relazione all'insegnamento delle nuove (e sempre mutevoli) tecniche di utilizzo dei new-media. La cosa è preoccupante per il fatto che sembra si tratti non tanto di mancanza di aggiornamento (possibile, in un settore in continua evoluzione), ma di totale carenza delle basi, a volte minime, necessarie per un insegnamento produttivo.
Ci troviamo nella situazione paradossale per cui gli studenti (si parla di giovani dai 9 ai 17 anni) ne sanno addirittura più dei professori, con buona pace delle riforme del sistema scolastico. Non esistendo corsi istituzionalizzati di informatica di base, per lo meno nelle scuole medie ed elementari (a parte qualche sporadica eccezione), non sono stati messi in atto, a livello di amministrazione scolastica, nemmeno programmi di qualificazione professionale per i docenti, in grado di fornire loro una preparazione adeguata da trasmettere poi agli studenti. Si rimedia allora approfittando del professore amante della tecnologia che ha la disgrazia - ahilui - di saper navigare in internet ed utilizzare un cd- rom. Lo si prende in prestito, lo si ricicla e lo si spaccia infine come professore di informatica, senza che un diploma o un attestato di qualche genere ne qualifichi la professionalità.
La grossa questione, come ha sottolineato anche la sottosegretaria alla Pubblica Istruzione, Carla Rocchi, è dunque l'eliminazione di quel gap fra le generazioni che rischia di creare un autentico ribaltamento dei ruoli nel normale rapporto tra insegnante e studente. "Fare questo - dice Carla Rocchi - significa da un lato rendere più aggiornata la preparazione dei docenti italiani, portandola al passo coi tempi e con le nuove istanze di rinnovamento culturale. Dall'altro significa garantire al ragazzo una conoscenza informatica fin dai primi anni delle scuole, presentandogli il computer o internet come degli strumenti da usare comunemente, verso i quali maturare un approccio solido e costante."
Ecco che allora il computer non sarà più il giochino di cui ci si stanca in fretta, il soprammobile inutilizzato che sostituisce (nel non-uso) le vecchie enciclopedie. Il computer diventa nei fatti uno strumento di cultura di approfondimento e di ricerca. Ma anche un momento di svago e di divertimento, cosa che per altro già è, a giudicare dal numero di Gameboy e videogiochi presenti nelle camere dei bambini.
Il percorso dunque pare segnato. La vita del buon vecchio nascondino non sarà ancora molto lunga.